“Carlo Ciliberto, mio marito”

È il racconto di un amore arrivato tardi, inatteso. E forse per questo più dirompente. È la storia, condita di tenerezze ma anche di qualche incomprensione, come è naturale in ogni rapporto, di quindici anni di vita insieme. “Carlo Ciliberto, mio marito” della giornalista e scrittrice Dora Celeste Amato, edito da Rogiosi, ricorda l’uomo Ciliberto, l’illustre matematico Preside della Facoltà di Scienze e Rettore dell’Università degli Studi di Napoli Federico II per oltre un ventennio, scomparso dieci anni fa. Traguardi raggiunti “scanditi non tanto o non solo dalla caparbietà di farcela ma dal dovere di farcela”. Nato da una famiglia operaia, Ciliberto riesce, attraversando vari tipi di scuole, a laurearsi a soli 21 anni con il massimo dei voti. Negli anni percorre tutti i gradini della carriera accademica fino a giungere al rettorato. “Questo tentativo di raccontare l’Uomo e non la Carica, è il frutto di un discorso interrotto tra me e mio marito: è la certezza che lui avrebbe voluto, ancora e sempre, donare ai giovani del XXI secolo, più che una speranza o una storia, sporadica, di chi ce l’ha fatta, una convinzione che ce la si può fare”, scrive Dora Celeste Amato nella premessa al libro. Poi i ricordi: l’incontro con Ciliberto ad un convegno, un invito a cena galeotto, i  timori per la differenza di età, lui aveva 65 anni – vedovo da tanto tempo- lei molti di meno, la repentina richiesta di matrimonio e le nozze nel 1991. Gli impegni istituzionali, i viaggi, la ricandidatura al rettorato, le figure note nell’Ateneo (in primis, la signorina Luciana, efficientissima segretaria del Rettore): la cornice della storia di Dora e Carlo. 
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