Crescita fisica e psicologica. Allenamenti tre volte a settimana, i giorni dispari dalle 18 alle 19, qualche volta in tuta, altre volte in jeans, tacchi e borsa, come se si andasse a lavoro o a fare la spesa. Perché, in caso di aggressione, il tempo per mettersi le scarpe comode non c’è. Il corso di Difesa personale è tra le novità del nuovo anno sportivo al Centro Universitario Sportivo (Cus) di Napoli. Al momento conta soltanto due iscritti, “ma conto di veder crescere presto il numero di adesioni”. A spiegare le caratteristiche del corso è Salvatore Vollero, poliziotto e maestro di Arti marziali.
Maestro Vollero, qual è la differenza tra un corso di difesa personale e uno di arti marziali?
“L’arte marziale è legata a uno stile, a una cultura, a un modo particolare di mettersi in guardia. Se devo combattere su un ring, riscaldo i muscoli, indosso un abbigliamento comodo, mi concentro su ciò che va fatto. Nella difesa personale non c’è nulla di tutto questo. Avviene tutto all’improvviso, quindi è necessario acquisire poche tecniche ma molto semplici e con un range di errore molto ampio”.
Un esempio?
“Si insegna a cadere, perché, se so cadere, posso gestire una spinta improvvisa. Se si cade rovinosamente, invece, riprendersi è più difficile”.
Da dove comincia il lavoro in palestra?
“All’inizio cerco di far capire il percorso che andremo a compiere, partendo dall’abbigliamento. Alcuni allenamenti si svolgono indossando i vestiti di tutti i giorni, perché è con quelli che, in caso di aggressione, si andranno ad applicare le tecniche imparate. Ovviamente sono affiancati ad allenamenti in tuta, perché la difesa personale richiede lo sviluppo della forma fisica, necessaria per accrescere sicurezza e autostima”.
Poi?
“Ci sono due tipi di allenamento. Quello di impatto immediato, con percussioni con gomito, palmo o ginocchio, e quello legato alle leve. È un approccio diverso. Per le leve l’allenamento è più intenso e si concentra su movimenti che devono essere abbastanza precisi. Acquisiti gli automatismi, si passa ad affinare le tecniche per migliorare i colpi”.
A quali risultati si punta?
“Il corso aiuta ad accrescere la sicurezza, l’autostima e la capacità di comprendere la comunicazione non verbale di un eventuale aggressore. Inoltre, consente di migliorare la postura, abituando a camminare con un equilibrio maggiore. Agli allievi dico sempre: ‘non vi do la capacità di ammazzare una persona, ma quella di gestire gli stress da confronto e di uscirne senza danni’. La difesa personale può essere anche cambiare strada se vedo delle persone sospette”.
C’è un allievo che ha sventato un’aggressione adottando le sue tecniche?
“Un collega poliziotto è riuscito a disarmare una persona che lo ha aggredito con un coltello. Mi ha ringraziato dicendomi che in quell’occasione gli sono venuto io in mente. Ha messo a fuoco il momento ed è riuscito a disarmare e arrestare l’aggressore. Per me è stato come vincere un campionato del mondo”.
Maestro Vollero, qual è la differenza tra un corso di difesa personale e uno di arti marziali?
“L’arte marziale è legata a uno stile, a una cultura, a un modo particolare di mettersi in guardia. Se devo combattere su un ring, riscaldo i muscoli, indosso un abbigliamento comodo, mi concentro su ciò che va fatto. Nella difesa personale non c’è nulla di tutto questo. Avviene tutto all’improvviso, quindi è necessario acquisire poche tecniche ma molto semplici e con un range di errore molto ampio”.
Un esempio?
“Si insegna a cadere, perché, se so cadere, posso gestire una spinta improvvisa. Se si cade rovinosamente, invece, riprendersi è più difficile”.
Da dove comincia il lavoro in palestra?
“All’inizio cerco di far capire il percorso che andremo a compiere, partendo dall’abbigliamento. Alcuni allenamenti si svolgono indossando i vestiti di tutti i giorni, perché è con quelli che, in caso di aggressione, si andranno ad applicare le tecniche imparate. Ovviamente sono affiancati ad allenamenti in tuta, perché la difesa personale richiede lo sviluppo della forma fisica, necessaria per accrescere sicurezza e autostima”.
Poi?
“Ci sono due tipi di allenamento. Quello di impatto immediato, con percussioni con gomito, palmo o ginocchio, e quello legato alle leve. È un approccio diverso. Per le leve l’allenamento è più intenso e si concentra su movimenti che devono essere abbastanza precisi. Acquisiti gli automatismi, si passa ad affinare le tecniche per migliorare i colpi”.
A quali risultati si punta?
“Il corso aiuta ad accrescere la sicurezza, l’autostima e la capacità di comprendere la comunicazione non verbale di un eventuale aggressore. Inoltre, consente di migliorare la postura, abituando a camminare con un equilibrio maggiore. Agli allievi dico sempre: ‘non vi do la capacità di ammazzare una persona, ma quella di gestire gli stress da confronto e di uscirne senza danni’. La difesa personale può essere anche cambiare strada se vedo delle persone sospette”.
C’è un allievo che ha sventato un’aggressione adottando le sue tecniche?
“Un collega poliziotto è riuscito a disarmare una persona che lo ha aggredito con un coltello. Mi ha ringraziato dicendomi che in quell’occasione gli sono venuto io in mente. Ha messo a fuoco il momento ed è riuscito a disarmare e arrestare l’aggressore. Per me è stato come vincere un campionato del mondo”.







