“Il susseguirsi, a cinque anni di distanza, di due riforme ordinamentali ha sottoposto il sistema universitario ad un senso estenuante di mutevolezza e precarietà, ma il valore della stabilità non può tradursi in completo immobilismo”. È quanto sostiene l’ex Preside della Facoltà d’Ingegneria Piero Salatino in un documento riservato, discusso per ora solo fra i membri del Collegio dei Presidenti dei Corsi di Laurea e in Commissione Paritetica. Un’analisi che segue le proposte del prof. Luigi Verolino apparse sullo scorso numero di Ateneapoli, che abbraccia i temi nevralgici della qualità e della sostenibilità. Si tratta di una proposta per dar vita ad un disegno generale che possa trarre spunti utili anche dal confronto con altre sedi nazionali, come il Politecnico di Torino che lo scorso anno ha esteso ai primi tre semestri (quasi il vecchio biennio) la formazione di base. “Un’idea che a me piace molto di limitare gli insegnamenti del primo anno a sei, un po’ come abbiamo fatto ad Ingegneria Chimica, dove non ci è sembrato improprio tenere al di sotto della soglia dei sessanta i crediti previsti al primo anno”, spiega ancora il docente. “Non ci sono le condizioni materiali per attuare degli interventi a partire dal prossimo anno accademico, ma l’impegno resta per il futuro”, prosegue il prof. Salatino, che nel testo individua alcune criticità che affliggono la sede fridericiana, a cominciare dalla percentuale di studenti attivi – ovvero allievi in corso che abbiano sostenuto almeno cinque crediti nell’anno di riferimento – inferiore (in qualche caso anche molto inferiore) a quelli dei grandi Atenei del Nord (Bologna, Padova, Politecnici di Milano e Torino) e di poco migliori di quelli dell’Università di Roma La Sapienza. Un fattore che condiziona i tempi di conseguimento della laurea, molto superiori a quelli nominali.
L’evanescenza
dell’apprendimento
dell’apprendimento
Una sofferenza studentesca testimoniata anche dalla correlazione fra l’esito ai test di valutazione e l’impatto al primo anno. I dati relativi all’anno accademico 2009/2010 mostrano come anche gli studenti meglio posizionati in graduatoria acquisiscano in media poco più di 40 crediti, invece dei 60 previsti, ed il 50% dei ragazzi posizionati nel primo decile ai test risulta inattivo durante il primo anno di corso. “Anche gli studenti con maggiori potenzialità, con l’attuale strutturazione dei corsi, fanno fatica a stare al passo con gli studi. Altro fenomeno non rilevato statisticamente, ma percepito sia dai docenti che, con frustrazione, dagli studenti, è l’evanescenza dell’apprendimento, in mancanza di adeguati tempi di maturazione e consolidamento”. Fra le Scuole d’Ingegneria considerate, quella della Federico II mostra il più elevato rapporto fra studenti e docenti equivalenti ed è difficile che, nel breve termine, sia possibile incrementarne l’organico. Come dare allora delle risposte efficaci? “Ferma restante l’attuale architettura dei Corsi di Studio, bisogna adottare misure di razionalizzazione dei curricula e miglioramento delle condizioni generali di studio, riducendo gli esami nei primi periodi didattici, in particolare al primo semestre, compattando l’orario di lezione, assegnando a ciascuna coorte un’aula di riferimento, programmando in maniera coordinata e largamente anticipata le sessioni”. Inevitabile l’apertura verso altre sedi regionali. Dal canto suo, l’Ateneo statale più antico al mondo sostiene da solo il 62% della domanda Triennale ed il 71% di quella Magistrale, con il 55% delle forze docenti. “Un sistema integrato consentirebbe una maggiore flessibilità e qualità dell’offerta e limiterebbe la necessità di ricorrere al numero programmato, impedendo che questa misura diventi l’unica praticabile per garantire la sostenibilità”. A prescindere dai diversi orientamenti, la questione non può più essere elusa, soprattutto alla luce delle indicazioni ministeriali dell’ultimo biennio su fusioni e federazioni fra Atenei e ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario. “È difficile ipotizzare che una grande Facoltà come la nostra possa evitare il problema posto dalla razionalizzazione del sistema universitario regionale, che sarà sempre più accentuato dalla perdurante carenza di risorse e dall’inasprimento dei requisiti di accreditamento dei Corsi di Studio e delle sedi, per mantenere alto il livello della formazione di base della scuola napoletana, la cui solidità è universalmente riconosciuta, e salvaguardare la qualificazione dei titoli di studio più avanzati, come la Laurea Magistrale ed il Dottorato di Ricerca”. Nonostante il generale apprezzamento, restano ancora dei nodi da sciogliere all’interno del Collegio dei Presidenti dei Corsi di Laurea. “In alcuni settori, come quello dell’Informazione, esistono già forti correlazioni ed il primo anno è già in comune, mentre in altri ambiti restano ancora dei vincoli di propedeuticità che complicheranno l’introduzione di piccole correzioni e lo spostamento di alcuni esami”.
Simona Pasquale
Simona Pasquale