La storia di un giovane e brillante specializzando in Cardiologia

Medicina come missione, approfondimento personale, importanza della pratica: la vita di uno specializzando in Medicina è dura, la strada da percorrere lunga e piena di difficoltà, ma la possibilità di salvare delle vite con le proprie mani è impagabile. È quanto emerge dal racconto di Marco Di Maio, specializzando in Cardiologia della Vanvitelli (Scuola diretta dalla prof.ssa Maria Giovanna Russo). “Quando ero piccolo mia madre mi faceva vedere le videocassette della serie Esplorando il Corpo Umano. La medicina è sempre stata una mia passione, anche se al liceo non ero molto sicuro di voler intraprendere una strada lunga che ti permette di concretizzare il tutto dopo molti anni. Ma poi ho preso la mia decisione”. Laureato con lode nel luglio 2013 al campus di Salerno, è ora al quinto anno della Specializzazione in Cardiologia presso l’Ospedale Monaldi. “Diventare un medico non è semplice. C’è uno sbarramento per l’ingresso a Medicina, poi un altro sbarramento, dopo sei anni di studio, per entrare alla Specializzazione. In genere, meno della metà dei candidati riesce a superare il concorso e senza una Specializzazione non puoi lavorare in un ospedale pubblico. Ero un po’ indeciso sulla scelta di Cardiologia perché è un ambiente dove la competizione è alta, ma è un campo che mi ha sempre appassionato, soprattutto l’emodinamica. Quando l’ho cominciato, il percorso prevedeva cinque anni, poi ridotti a quattro. Ci è stata data la possibilità di scegliere se proseguire comunque con i cinque anni o ridurre a quattro e io ho deciso di mantenere i cinque anni. L’ho fatto per idealismo, per avere una formazione migliore”. 
“Ho pubblicato
più di 25 lavori”
Quali sono le attività in cui è impegnato uno specializzando in Cardiologia? “Sono molto soddisfatto del mio percorso al Monaldi che può vantare delle eccellenze in vari settori della cardiologia. Durante la Specializzazione si pratica attività clinica, gli specializzandi sono seguiti da cardiologi senior. Si ruota nei vari reparti e si fa anche medicina d’urgenza e pronto soccorso. Poi ci sono dei corsi da seguire e a fine anno un esame che include una serie di materie”. E la ricerca? “A queste attività si affianca anche la ricerca per lo più clinica o di laboratorio. L’analisi dei dati sui pazienti che arrivano ci può permettere di arricchire le conoscenze scientifiche che ci sono già. Ho anche pubblicato più di venticinque lavori”. Nell’arco del percorso, inoltre, c’è l’opportunità di frequentare un periodo, dai dodici ai diciotto mesi, al di fuori dell’università in una sede italiana o estera. Questa esperienza viene affrontata generalmente durante gli ultimi due anni quando lo specializzando è abbastanza maturo per potersi ulteriormente perfezionare. “Dovevo decidere in quale ospedale fare la mia esperienza. Stavo valutando diversi fattori tra cui l’importanza del centro, la possibilità di fare pratica e ricerca. Sono stato in Inghilterra e anche a Malta a visitare alcune sedi alle quali ero interessato. La mia professoressa, poi, mi ha proposto il Loreto Mare. È stata un’esperienza incredibilmente formativa. Lì ho fatto una pratica reale d’urgenza e ho trovato un’equipe preparatissima che mi ha accolto molto bene. Mi sono state date enormi possibilità. Questa equipe ora è all’Ospedale del Mare dove attualmente opero anche io”. L’eccellenza, dunque, non è soltanto all’estero. “I media, spesso, raccontano le cose negative di Napoli. Invece, noi napoletani all’estero siamo molto stimati e nel nostro territorio, in campo medico, abbiamo delle vere eccellenze. Io cercavo un’eccellenza e quando ho cominciato a lavorare presso il Loreto Mare mi sono accorto che non bisogna per forza andare fuori dal nostro paese per trovare il meglio”. Bella la struttura dell’Ospedale del Mare e ottima l’equipe di Cardiologia diretta dal dott. Bernardino Tuccillo: “Ora mi occupo prevalentemente di cardiologia interventistica che è l’ambito in cui vorrei sotto-specializzarmi. Questo ospedale è il punto di riferimento in caso di infarti per una fascia di popolazione molto vasta, da Ponticelli a Sorrento. Tra un anno o due sarà uno degli ospedali con il maggior numero di interventi di cardiologia interventistica”. Un’opportunità, dunque, in termini di formazione reale con la possibilità di eseguire interventi reali sui pazienti, facendo un’adeguata preparazione e sotto la supervisione di chirurghi senior. 
Per la teoria  “non siamo 
secondi a nessuno” 
Ma come si diventa un buon medico? “Lo studente di Medicina è un ragazzo che decide di sacrificarsi, anche da un punto di vista sociale, e mettere da parte una serie di cose. Naturalmente bisogna dare la priorità allo studio, ma anche la clinica è fondamentale. La principale pecca della Medicina in Italia è proprio la pratica. Teoricamente siamo bravissimi, non siamo secondi a nessuno. Ma all’estero si fa più pratica. La clinica è fondamentale per dare un senso a quello che si studia. Dobbiamo imparare a contestualizzare le conoscenze teoriche nell’atto pratico. Vorrei dare un consiglio a chi intraprende questa strada: non aspettate che le cose vi arrivino per osmosi, proponetevi degli obiettivi a lungo termine. Io ho fatto anche dei corsi di formazione, oltre l’università, per approfondire le mie conoscenze. Una formazione completa la si deve cercare in tutti i modi”. Attualmente Marco è fondatore e coordinatore di un centro di formazione per la società scientifica internazionale American Heart Association, con sede a Casoria, che si occupa di formazione in ambito di emergenza cardiovascolare. “In Italia la cultura nell’ambito di emergenza è scarsa. Non solo i medici, ma tutte le persone dovrebbero avere una formazione in questo campo. I corsi di questo centro, fondato con il mio socio che è paramedico militare, sono rivolti a figure sanitarie e non. Faccio anche il formatore e mi muovo in Italia e all’estero come istruttore o volontario per aiutare nell’apertura di nuovi centri e formare nuovi istruttori. La missione del medico è salvare vite. Con le tue sole mani potrai anche salvarne tante ma, formando altri professionisti in grado di lavorare al meglio, il numero di persone che contribuisci ad aiutare aumenta a dismisura”.
Carol Simeoli
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