Migliorini: doppio titolo, dottorati internazionali e Corsi di Laurea in lingua straniera

L’agenda di lavoro ideale del prossimo Rettore, secondo il prof. Luigi Mascilli Migliorini, è rappresentata dalla sintesi dei programmi presentati dai due candidati “che insieme mettono a fuoco i temi caldi dell’Università in generale e dell’Orientale in particolare”. Non si può fare a meno di parlare di troppa burocrazia e di corretta internazionalizzazione: “Negli ultimi anni tutti gli Atenei sono stati investiti da un processo di burocratizzazione che grava in maniera eccessiva sul corpo docente, in particolare in un Ateneo come il nostro, con sempre minore unità di personale, e dove già sono tanti gli incarichi istituzionali da ricoprire divisi tra poche persone. Mi auguro che il nuovo Rettore sappia cogliere lo scontento diffuso, non solo da noi, ma in tutti gli Atenei, in particolare del sud, e possa farsene portavoce negli organi nazionali. Va reinterpretato il rapporto tra università e Miur, perché le decisioni non vengano esclusivamente calate dall’alto senza nessuna possibilità di dialogo”. Internazionalizzazione: vanno trovate le “giuste formule – spiega il docente di Storia Moderna – Bisogna andare oltre le convenzioni tra singoli Atenei e tutti quelli che sono gli strumenti tradizionali. Bisogna mettere in cima alla nostra mission l’internazionalizzazione e da lì far discendere tutto. Penso a nuovi strumenti che ci vengono offerti anche dall’Europa: il doppio titolo, che dovrebbe diventare come un obbligo per noi, dottorati internazionali, ormai ne abbiamo solo tre e questi dovrebbero essere pensati in collaborazione con centri di ricerca europei, e la nascita di Corsi di Laurea in lingua straniera, non singoli insegnamenti”. E quando parla di lingue straniere il prof. Migliorini non pensa solo all’inglese, ma anche al cinese o allo spagnolo, sollevando così la spinosa questione della monopolizzazione linguistica da parte della ‘lingua dell’impero’: “Se vogliamo pensare ad un’Europa e un mondo dove ci sia pluralità democratica, dobbiamo pensare anche ad una pluralità linguistica. Se l’inglese diventa lingua di veicolazione internazionale pienamente diffusa, ci troveremo di fronte ad un appiattimento culturale e linguistico. E in questo scenario la stessa esistenza dell’Orientale sarebbe compromessa, resterebbe un centro d’eccellenza, ma cadrebbe la sua funzione di mettere in contatto mondi e culture”. L’Orientale “deve farsi portavoce del plurilinguismo e pluriculturalismo. Questo tema, poco affrontato nei programmi elettorali, andrebbe approfondito all’interno di un dibattito collettivo”. 
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