Protestano gli studenti delle residenze

“Nelle prossime ore verranno a togliere i fornelli che utilizziamo per preparare la colazione al mattino e per cucinare la sera, quando la mensa è chiusa. Non sono a norma della legislazione in materia di sicurezza, come stabilito dai Vigili del Fuoco oltre un mese fa. Nel frattempo l’Edisu non ha preso provvedimento alcuno per sanare le irregolarità. Hanno stipulato una convenzione esterna con un ristorante della zona, per garantirci la cena. Resterebbe il problema del pranzo nel fine settimana, quando la mensa chiude anche a pranzo. E poi, ci domandiamo, invece di spendere soldi a favore di strutture esterne non sarebbe stato meglio utilizzarli per mettere a norma gli impianti? La convenzione comporta un esborso prolungato nel tempo; l’adeguamento alla normativa sulla sicurezza garantirebbe l’utilizzazione degli impianti per anni”. Considerazioni sensate, quelle che fanno l’8 giugno alcuni degli studenti i quali alloggiano nella residenza De Amicis, a pochi metri dal Policlinico. “Manca la volontà politica, -aggiungono-. Prova ne sia che a pagina 39 della Carta dei Servizi distribuita dall’Edisu si legge, testualmente, a proposito della De Amicis: non è stata preventivata la spesa necessaria per i lavori di adeguamento a causa della particolare natura architettonica dell’edificio e dei vari vincoli imposti dalla normativa sulla prevenzione degli incendi”. Problemi analoghi per gli studenti i quali abitano nella struttura di Portici. Anche per loro è imminente lo smantellamento dei punti cucina e, sembrava in un primo momento, anche dei frigoriferi. Una ipotesi, quest’ultima, che peraltro pare scongiurata. “E’ assurdo, -incalza una studentessa della De Amicis-. I frigoriferi li utilizziamo anche per conservare i prodotti medicinali. Tra di noi c’è chi è asmatico ed ha bisogno di conservare l’adrenalina in freddo, per fronteggiare eventuali crisi. Idem per qualche studente diabetico -ce ne sono- che mette in frigo l’insulina”. Al di là di questi casi, che pure esistono ed andrebbero tenuti in conto, il disagio sarà forte per tutti i borsisti che alloggiano nelle residenze. “Per capire il nostro stato d’animo basti pensare che alla De Amicis consumiamo il pasto di mezzogiorno presso la mensa del Policlinico, che in realtà tale non è. Manca la cucina, infatti, ed i pasti arrivano dalla struttura di Fuorigrotta in uno stato schifoso. Li preparano la mattina e restano per tutto il tempo nelle stufe riscaldate, in contenitori di alluminio.  Risultato? In residenza i farmaci più consumati sono il Malox ed il Plasil, che è un antiemetico. La gastrite ce l’abbiamo tutti; qualcuno si è preso pure l’ulcera. Senza contare che spesso i pasti che arrivano da Fuorigrotta sono numericamente insufficienti e dopo tre quarti d’ora di attesa per prendere il biglietto, in mezzo ai tavoli occupati da colleghi che mangiano, si rischia anche di rimanere a bocca asciutta. Loro dicono che valutano il numero di pasti da chiedere alla mensa di Ingegneria in base all’affluenza del giorno precedente. E’ un sistema illogico, perché per esempio il lunedì – affluenza mediamente elevata –  ci si basa sull’utenza del venerdì, quando a mensa mangiano in pochi”. Il paradosso è che la De Amicis una mensa ce l’avrebbe, esattamente al pianterreno, dove è ubicata insieme ad una palestra, alla sala TV ed all’infermeria. “Sarebbe la migliore della Campania, -sottolineano gli studenti- ma non si usa. E’ ancora tutto impacchettato, cucina compresa. Se l’aprissero renderebbero un servizio a noi ed al personale che dicono in esubero, ma potrebbe essere utilmente impiegato per farci mangiare”. La Carta dei Servizi ha previsto una spesa di un miliardo per rendere di nuovo agibili i piani bassi dell’edificio, a quanto pare danneggiati da infiltrazioni di acqua ormai abbastanza remote. Perché non cominciare subito? Quesiti che gli studenti girano al direttore Francesco Pasquino ed al Commissario Straordinario Adolfo Maiello. I quali, per il momento, sembrano intenzionati ad installare nelle residenze macchinette per la distribuzione automatica delle bevande: tè, caffè, cappuccino, cioccolata calda. “Un palliativo, -sottolinea una studentessa-. Sfido chiunque a fare colazione per settimane intere con le bevande delle macchinette, che certo non sono il massimo, né dal punto di vista nutrizionale, né da quello del gusto. E poi un pacco di caffè costa meno di tremila lire e dura un bel po’; con la stessa spesa a malapena consumiamo tre cappuccini alla macchinetta”.
L’Ente, da parte sua, sembra intenzionato a fronteggiare l’ennesima emergenza attraverso il convenzionamento esterno. Il professor Maiello attende un intervento della Regione e si fa promotore di una conferenza dei servizi. L’esperienza di anni di rinvii che caratterizzano i servizi dell’Ente e le difficoltà che accompagnano il varo della nuova giunta, peraltro, non inducono all’ottimismo.
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