Cinquemila studenti, 400 Università e club provenienti da tutto il mondo: il New York Model United Nation (NMUN), la simulazione tra delegati che si tiene nella Grande Mela da più di cinquant’anni, ha conquistato il cuore dei partecipanti. 51 studenti hanno vissuto una settimana – dal 28 marzo al 6 aprile – indossando le vesti di veri delegati ONU, affrontando temi ed esprimendo pareri, nelle grandi aule decisionali del Palazzo di Vetro. Fra i partecipanti, alcuni iscritti a Giurisprudenza della Federico II. “Sono all’ultimo anno – commenta Maria De Angelis, studentessa in procinto di discutere la tesi – e non volevo farmi scappare quest’esperienza. Era la mia prima volta a New York e le aspettative non sono state per nulla deluse”. La studentessa, delegata del Paese Argentina, si è ritrovata a rivestire un ruolo importante nel Consiglio di Sicurezza. “Sono stata fortunata perché la mia era una delegazione piccola ed ho potuto esprimermi al meglio. Avendo fatto l’Erasmus a Barcellona, ho anche parlato lo spagnolo, oltre all’inglese. Di certo la terminologia da usare era diversa, ma non me la sono cavata così male”. In Commissione, il confronto è avvenuto con studenti di madrelingua inglese: “Quando ci siamo seduti di fronte ad Università come Harvard ed Yale, abbiamo capito che la nostra preparazione è altrettanto valida e competitiva. Purtroppo, lo stress di dover parlare e scrivere in una lingua diversa si fa sentire, i risultati, come i premi, vanno sempre a chi ha un approccio migliore con la lingua. In questo senso siamo penalizzati rispetto agli altri”. Tuttavia: “Ripeterei il viaggio altre mille volte. Ho conosciuto tante persone diverse, ho imparato l’arte della negoziazione, ho stretto amicizie impensabili. Sono interessata al settore commerciale in ambito internazionale. Quindi – conclude la studentessa – la simulazione arricchirà il mio curriculum”. Difficoltà maggiori per Stefano Baldi, studente al IV anno. La conoscenza dell’inglese, ad un livello base, ha penalizzato la sua esperienza. “Quando ero lì – racconta lo studente – mi sono reso conto che il mio inglese non sarebbe bastato per competere con le realtà presenti. Il Legal English richiesto, non solo parlato, ma anche scritto, era davvero pesante. Scrivere le memorie storiche è stato il lavoro più duro, praticamente la notte restavo sveglio per imparare ciò di cui avrei dovuto discorrere”. Nonostante tutto: “Questo viaggio mi ha insegnato che devo migliorare non solo l’approccio con le lingue straniere, ma anche il mio modo di affrontare le cose. Sono interessato al mondo della diplomazia e ho verificato che il livello da raggiungere è davvero alto”. Grande soddisfazione per ‘Giovani Campani nel Mondo’, l’associazione che ogni anno accompagna gli studenti nelle varie fasi dell’esperienza. “Siamo al terzo anno di partecipazione – spiega Costantino Diana, membro dell’associazione ed ex rappresentante in seno al parlamentino studentesco di Giurisprudenza – ed ogni volta c’è sempre qualcosa da imparare. In questa edizione, accanto alle lezioni d’inglese, abbiamo avviato anche altri due corsi preparatori: uno di Comunicazione e un altro di Lavoro di Squadra. Cerchiamo di migliorare il nostro percorso offrendo gli strumenti per farsi valere nel mercato internazionale”.







