Il volto è pulito, la parlata rapida ed energica. La mattina del 26 novembre, il Dipartimento di Economia della SUN ha accolto la testimonianza di Susanna Moccia, Export Manager per La Fabbrica della Pasta di Gragnano (azienda di famiglia che gestisce insieme ai suoi tre fratelli) e da qualche mese Presidente del Gruppo Giovani Imprenditori dell’Unione degli Industriali della Provincia di Napoli. Responsabilità di alto livello, ancor più se si considera che la dott.ssa Moccia ha 33 anni e una laurea conseguita solo nel 2005. “Vi devo fare i complimenti per la struttura. Io mi sono laureata alla Parthenope e ricordo che lì seguivamo i corsi in un cinema”. E a riportarla tra le mura universitarie è stato il corso di Economia e gestione delle imprese tenuto dal prof. Mario Sorrentino, il quale ha brevemente introdotto l’ospite per lasciare al più presto spazio alla suggestiva storia di questi artigiani della pasta.
“Oltre al sangue e all’acqua nelle nostre vene scorre anche la semola”. Così ironicamente dice Moccia parlando della sua famiglia, che a Gragnano lavora la pasta da tre generazioni: “La mia famiglia, partendo da mio zio, ha sempre lavorato in questo campo. A un certo punto, dopo la morte di nostro padre, abbiamo venduto il pastificio industriale che gestiva lui. Ma non siamo riusciti per molto a stare lontani dall’attività: nel 2007 abbiamo ripreso questa attività come artigiani e abbiamo voluto dedicarla a lui”. Perché Gragnano? Pare che determinante sia la posizione geografica. “A Gragnano esiste una strada semicircolare chiamata, traducendo in italiano, lama del vento. Qui si incontrano le correnti calde provenienti da Castellammare e quelle fredde provenienti da Lettere”. Questo particolare connubio permetteva una temperatura particolarmente stabile a Gragnano, ideale per essiccare la pasta in pieno sole. Una tradizione, quella di esporre la pasta ad essiccare nelle strade del paese, testimoniata anche dalle molte foto che si susseguono sullo schermo del proiettore. Una tradizione che pure nascondeva delle insidie: “Gli scugnizzi a volte arrivavano e staccavano dalle canne pezzi della pasta non ancora essiccata, che in effetti è molto fragile. Quando venivano scoperti prendevano schiaffi, e da qui il nome del pacchero, il formato di pasta”. Altre foto proiettate da Moccia raffigurano i suoi zii intenti ad utilizzare…
“Oltre al sangue e all’acqua nelle nostre vene scorre anche la semola”. Così ironicamente dice Moccia parlando della sua famiglia, che a Gragnano lavora la pasta da tre generazioni: “La mia famiglia, partendo da mio zio, ha sempre lavorato in questo campo. A un certo punto, dopo la morte di nostro padre, abbiamo venduto il pastificio industriale che gestiva lui. Ma non siamo riusciti per molto a stare lontani dall’attività: nel 2007 abbiamo ripreso questa attività come artigiani e abbiamo voluto dedicarla a lui”. Perché Gragnano? Pare che determinante sia la posizione geografica. “A Gragnano esiste una strada semicircolare chiamata, traducendo in italiano, lama del vento. Qui si incontrano le correnti calde provenienti da Castellammare e quelle fredde provenienti da Lettere”. Questo particolare connubio permetteva una temperatura particolarmente stabile a Gragnano, ideale per essiccare la pasta in pieno sole. Una tradizione, quella di esporre la pasta ad essiccare nelle strade del paese, testimoniata anche dalle molte foto che si susseguono sullo schermo del proiettore. Una tradizione che pure nascondeva delle insidie: “Gli scugnizzi a volte arrivavano e staccavano dalle canne pezzi della pasta non ancora essiccata, che in effetti è molto fragile. Quando venivano scoperti prendevano schiaffi, e da qui il nome del pacchero, il formato di pasta”. Altre foto proiettate da Moccia raffigurano i suoi zii intenti ad utilizzare…
Articolo pubblicato sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola (n. 20/2014)
o in versione digitale all'indirizzo: https://www.ateneapoli.it/archivio-giornale/ateneapoli
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