Yasmin Tailakh, 23 anni, è una ragazza italiana di origine palestinese, nata e cresciuta nella periferia a nord di Napoli. Studia arabo e inglese da tre anni ed è iscritta al Corso di Laurea in Lingue, Lettere e Culture Comparate. Racconta qui con estrema sincerità la sua esperienza personale scissa tra due mondi culturali, dalle particolarissime radici sino alla scelta universitaria. Il suo, un nome esotico all’apparenza, in realtà cela una storia familiare affascinante, che incrocia uno dei momenti storici più significativi del secolo scorso. Come lei sono tanti i ragazzi, molti di origine araba, che rispecchiano l’incontro tra identità ibride e si iscrivono a L’Orientale. Un Ateneo che custodisce per tradizione un tesoro di conoscenze multiculturali, in parte racchiuse nell’intimo dei suoi giovani protagonisti, gli studenti, che continuano a portare alta una bandiera dai molteplici colori.
Quali sono le tue origini? Ti va di raccontare la tua storia familiare?
“Sono una ragazza italo-palestinese. La metà di me palestinese è di mio padre, originario di Hebron, città della Cisgiordania. Mia madre, invece, è napoletana. Tutto è cominciato quando mio padre giunse in Italia negli anni Ottanta, come moltissimi palestinesi nati nei campi profughi. La sua famiglia, infatti, si trasferì in blocco in Giordania, nel campo di Baqaa, in seguito allo scoppio delle ostilità in terra palestinese. Molti giovani palestinesi lasciarono in quegli anni le terre di nascita o di adozione, in cerca di un futuro migliore e di un titolo di studio da conseguire in Europa. Per i palestinesi avere un figlio laureato era paragonabile a una sorta di ‘riscatto’ sociale. E mio padre scelse a vent’anni di lasciare tutto alla volta dell’Italia. Fu indirizzato nello studio di Ingegneria Nautica, prima a…
Quali sono le tue origini? Ti va di raccontare la tua storia familiare?
“Sono una ragazza italo-palestinese. La metà di me palestinese è di mio padre, originario di Hebron, città della Cisgiordania. Mia madre, invece, è napoletana. Tutto è cominciato quando mio padre giunse in Italia negli anni Ottanta, come moltissimi palestinesi nati nei campi profughi. La sua famiglia, infatti, si trasferì in blocco in Giordania, nel campo di Baqaa, in seguito allo scoppio delle ostilità in terra palestinese. Molti giovani palestinesi lasciarono in quegli anni le terre di nascita o di adozione, in cerca di un futuro migliore e di un titolo di studio da conseguire in Europa. Per i palestinesi avere un figlio laureato era paragonabile a una sorta di ‘riscatto’ sociale. E mio padre scelse a vent’anni di lasciare tutto alla volta dell’Italia. Fu indirizzato nello studio di Ingegneria Nautica, prima a…
L'articolo continua sul nuovo numero di Ateneapoli in edicola dal 24 febbraio (n.3/2017)
o in versione digitale all'indirizzo: https://www.ateneapoli.it/archivio-giornale/ateneapoli
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