Gli studenti del primo anno di Medicina seguono le lezioni tutte le mattine nell’Aula grande dell’edificio 6. In tanti sono seduti sulle scale e tutti prendono appunti sulle ginocchia perché le sedie sono prive di tavolette reclinabili. Il sistema di amplificazione non sempre funziona e i ragazzi tendono ad evitare di sedersi nelle ultime file per sentire e vedere meglio. Più della metà delle matricole non è alla prima esperienza universitaria perché ha già frequentato un anno di studi altrove. “Vengo da Biotecnologie, qui gli esami sono più complicati, le spiegazioni più dettagliate”, afferma uno studente. “Io ho frequentato il primo anno a Professioni Sanitarie. Lì l’orario era più ballerino. Qui seguiamo tutti i giorni ma per ora di pranzo abbiamo finito”, racconta una studentessa. I ragazzi apprezzano che i corsi siano concentrati di mattina in modo da avere i pomeriggi liberi per rivedere a casa quanto spiegato in giornata. Anche il fatto che le lezioni si susseguano l’una di fila all’altra e nella medesima aula semplifica la vita delle matricole. “L’organizzazione è ottima. Gli orari delle lezioni erano on-line già un mese prima che iniziassero i corsi. L’unica pecca sono gli spazi”, afferma uno studente.
All’ingresso dell’edificio 6 vi sono due moderni box studio ma il corridoio e l’aula grande risentono dell’incuria del tempo. “La struttura è fatiscente, fa tristezza ma almeno non ci piove dentro – è il parere di uno studente – Non è tanto che viene tenuta male quanto che è ‘usata’ male. I muri, per esempio, sono pieni di pedate e questa è opera dei ragazzi”.
Coloro che provengono da altre Facoltà sono preoccupati perché non sanno ancora quanti esami verranno convalidati: “L’anno scorso abbiamo dato esami con un alto numero di crediti, ci siamo impegnati e comunque dovremo integrarli. A dicembre ci diranno in che modo. Quindi, fino ad allora, dobbiamo seguire tutti i corsi”. “A Medicina danno per scontato che il programma degli esami sia sempre più approfondito di quello delle altre Facoltà ma non è sempre così – fa notare una studentessa che l’anno scorso ha frequentato il corso di Biotecnologie – Delle amiche mi hanno detto che alla SUN mi avrebbero convalidato tutti gli esami del I anno e avrei dovuto dare solo Anatomia. Ma io ho scelto comunque la Federico II per il prestigio dell’Ateneo”.
Tutti concordano sul fatto che è essenziale seguire le lezioni: “A Chimica prendono le firme. A Fisica solo qualche volta, ‘a tradimento’. Ma studiando da soli a casa non ce la potremmo mai fare”. Comprendono quanto sia importante costruirsi delle solide basi teoriche ma sono impazienti di rendersi conto delle applicazioni pratiche delle varie discipline. “La cosa più interessante finora è stata un seminario clinico sui radioesotopi e i radioattivi impiegati in medicina. E’ difficile immaginare un lato pratico delle materie che stiamo studiando – afferma una studentessa che sogna di specializzarsi in Pediatria oncologica: “Prenderò due specializzazioni. Se tutto va bene, finisco di studiare tra 14 anni. Il mio non è un desiderio nato da poco. E’ quello che ho sempre voluto fare”.
Le materie del primo semestre sono le stesse sulle quali i ragazzi hanno dovuto applicarsi per superare il test d’accesso. Gli argomenti di Chimica e Propedeutica Biochimica, per adesso, non creano alcun problema anche se qualcuno risente del passaggio dai banchi del liceo a quelli universitari. “Il ritmo delle spiegazioni è molto sostenuto. Niente a che vedere con quello del liceo – sostiene uno studente – Interrompiamo spesso i professori per chiarire dei passaggi prima che si passi oltre. Per me che ho fatto il classico, in Fisica si danno troppe cose per scontate”. Dei professori gli studenti riconoscono la grande preparazione e fanno notare la chiarezza dell’esposizione. Qualche perplessità solo sul corso di Statistica e Informatica Medica: “Capiremo man mano lo scopo del corso. Il professore Umberto Giani ha una sua filosofia che per adesso non è ancora chiara. Per adesso sta mettendo in evidenza l’importanza della Statistica nella medicina. Vuole partire dai casi clinici specifici per arrivare alla formulazione di statistiche generali”, racconta uno studente che ha già seguito un anno a Biotecnologie, spiegando che nel corso di Statistica gli studenti sono chiamati a partecipare in maniera attiva alla lezione: “Il professore cerca di farci approcciare in modo diverso alla disciplina. All’inizio è difficile seguire un diverso modo di procedere. Cerca di indurci a ragionare in maniera critica come dovremo fare in futuro per affrontare i problemi che si presenteranno nella professione”. La Statistica è l’unica materia veramente nuova per i neo-diplomati, ma anche nel corso di Fisica può essere considerevole la mole di argomenti che non si sono trattati al liceo. Sul timore che suscita la Fisica tra le matricole, il prof. Gennaro Miele dice: “Che sia una materia complicata è una leggenda metropolitana. Per coloro che vengono dallo scientifico è una vecchia conoscenza. Conoscono la matematica di più di quanto ammettono ma non l’hanno mai applicata. Ora è il momento di farlo. Chi viene dal classico trova maggiori difficoltà ma è abituato ad approfondire”. Solo parte degli argomenti d’esame è incluso nel programma della scuola superiore. “Non è possibile che i diplomati abbiano conoscenze matematiche che risalgono al ‘700 – prosegue il professore – Oltre alla trigonometria, dovrebbero avere nozioni del calcolo differenziale. Io cerco di semplificarlo sfrondandolo dal rigore matematico e dimostrando che è utilissimo per comprendere le leggi che via via descriveremo”. L’intento del professore è insegnare ad usare le formule per capire i fenomeni fisici. Non è, però, sempre agevole farlo in un’aula strapiena quando l’impianto di amplificazione funziona a singhiozzi: “Quando il microfono è fuori uso dobbiamo urlare. Il numero degli studenti è esagerato per un singolo docente. I ragazzi hanno sempre bisogno di porre domande e il tempo non è sufficiente per tutti. La fisica andrebbe fatta anche sui banchi di laboratorio. Ma con questi numeri sarebbe impossibile”.
Manuela Pitterà
All’ingresso dell’edificio 6 vi sono due moderni box studio ma il corridoio e l’aula grande risentono dell’incuria del tempo. “La struttura è fatiscente, fa tristezza ma almeno non ci piove dentro – è il parere di uno studente – Non è tanto che viene tenuta male quanto che è ‘usata’ male. I muri, per esempio, sono pieni di pedate e questa è opera dei ragazzi”.
Coloro che provengono da altre Facoltà sono preoccupati perché non sanno ancora quanti esami verranno convalidati: “L’anno scorso abbiamo dato esami con un alto numero di crediti, ci siamo impegnati e comunque dovremo integrarli. A dicembre ci diranno in che modo. Quindi, fino ad allora, dobbiamo seguire tutti i corsi”. “A Medicina danno per scontato che il programma degli esami sia sempre più approfondito di quello delle altre Facoltà ma non è sempre così – fa notare una studentessa che l’anno scorso ha frequentato il corso di Biotecnologie – Delle amiche mi hanno detto che alla SUN mi avrebbero convalidato tutti gli esami del I anno e avrei dovuto dare solo Anatomia. Ma io ho scelto comunque la Federico II per il prestigio dell’Ateneo”.
Tutti concordano sul fatto che è essenziale seguire le lezioni: “A Chimica prendono le firme. A Fisica solo qualche volta, ‘a tradimento’. Ma studiando da soli a casa non ce la potremmo mai fare”. Comprendono quanto sia importante costruirsi delle solide basi teoriche ma sono impazienti di rendersi conto delle applicazioni pratiche delle varie discipline. “La cosa più interessante finora è stata un seminario clinico sui radioesotopi e i radioattivi impiegati in medicina. E’ difficile immaginare un lato pratico delle materie che stiamo studiando – afferma una studentessa che sogna di specializzarsi in Pediatria oncologica: “Prenderò due specializzazioni. Se tutto va bene, finisco di studiare tra 14 anni. Il mio non è un desiderio nato da poco. E’ quello che ho sempre voluto fare”.
Le materie del primo semestre sono le stesse sulle quali i ragazzi hanno dovuto applicarsi per superare il test d’accesso. Gli argomenti di Chimica e Propedeutica Biochimica, per adesso, non creano alcun problema anche se qualcuno risente del passaggio dai banchi del liceo a quelli universitari. “Il ritmo delle spiegazioni è molto sostenuto. Niente a che vedere con quello del liceo – sostiene uno studente – Interrompiamo spesso i professori per chiarire dei passaggi prima che si passi oltre. Per me che ho fatto il classico, in Fisica si danno troppe cose per scontate”. Dei professori gli studenti riconoscono la grande preparazione e fanno notare la chiarezza dell’esposizione. Qualche perplessità solo sul corso di Statistica e Informatica Medica: “Capiremo man mano lo scopo del corso. Il professore Umberto Giani ha una sua filosofia che per adesso non è ancora chiara. Per adesso sta mettendo in evidenza l’importanza della Statistica nella medicina. Vuole partire dai casi clinici specifici per arrivare alla formulazione di statistiche generali”, racconta uno studente che ha già seguito un anno a Biotecnologie, spiegando che nel corso di Statistica gli studenti sono chiamati a partecipare in maniera attiva alla lezione: “Il professore cerca di farci approcciare in modo diverso alla disciplina. All’inizio è difficile seguire un diverso modo di procedere. Cerca di indurci a ragionare in maniera critica come dovremo fare in futuro per affrontare i problemi che si presenteranno nella professione”. La Statistica è l’unica materia veramente nuova per i neo-diplomati, ma anche nel corso di Fisica può essere considerevole la mole di argomenti che non si sono trattati al liceo. Sul timore che suscita la Fisica tra le matricole, il prof. Gennaro Miele dice: “Che sia una materia complicata è una leggenda metropolitana. Per coloro che vengono dallo scientifico è una vecchia conoscenza. Conoscono la matematica di più di quanto ammettono ma non l’hanno mai applicata. Ora è il momento di farlo. Chi viene dal classico trova maggiori difficoltà ma è abituato ad approfondire”. Solo parte degli argomenti d’esame è incluso nel programma della scuola superiore. “Non è possibile che i diplomati abbiano conoscenze matematiche che risalgono al ‘700 – prosegue il professore – Oltre alla trigonometria, dovrebbero avere nozioni del calcolo differenziale. Io cerco di semplificarlo sfrondandolo dal rigore matematico e dimostrando che è utilissimo per comprendere le leggi che via via descriveremo”. L’intento del professore è insegnare ad usare le formule per capire i fenomeni fisici. Non è, però, sempre agevole farlo in un’aula strapiena quando l’impianto di amplificazione funziona a singhiozzi: “Quando il microfono è fuori uso dobbiamo urlare. Il numero degli studenti è esagerato per un singolo docente. I ragazzi hanno sempre bisogno di porre domande e il tempo non è sufficiente per tutti. La fisica andrebbe fatta anche sui banchi di laboratorio. Ma con questi numeri sarebbe impossibile”.
Manuela Pitterà