C’è tanto Suor Orsola alla mostra dei capolavori del secolo d’oro angioino

“Abbiamo allestito questa mostra pensando a Napoli come il luogo dove tutta l’Europa deve venire. La città deve tornare ad essere un grande volano di attività. Da questo punto di vista, l’università è una immensa risorsa, però deve assumere un respiro europeo. Noi del Suor Orsola ci muoviamo in questa direzione”, afferma il prof. Pierluigi Leone de Castris, curatore della mostra “Ori, argenti, gemme e smalti della Napoli angioina”. Al Museo del Tesoro di San Gennaro, in via Duomo, sono esposti (fino al 31 dicembre), per la prima e probabilmente ultima volta, capolavori del “secolo d’oro” angioino che va dal 1266 al 1381. Ad aiutare in questa impresa il docente, che al Suor Orsola insegna Storia dell’arte in vari Corsi di Laurea, sono stati quattro suoi studenti, che hanno avuto così l’occasione di imparare facendo: “quando entreranno nel mondo del lavoro già sapranno cos’è una scheda di catalogo, come si impagina, come si organizza una mostra e qual è il rapporto con gli enti che danno i soldi, perché lo abbiamo fatto insieme. Abbiamo bisogno di giovani che rimpiazzino una generazione che sta andando in pensione. L’importante è che non lo facciano da sprovveduti, ma con competenze acquisite”. Elena Manocchio, laureata e specializzanda in Storia dell’arte al Suor Orsola, racconta: “si è trattato di un lavoro complesso. C’è stata una fase scientifica e una organizzativa. Ho vissuto un’esperienza formativa al massimo perché mi ha dato il senso del lavoro che voglio fare, cioè curare e valorizzare i beni culturali. Secondo me dovrebbe farla ogni studente”. Sottolinea la diversità tra lo studio ed il lavoro sul campo Augusto Cocozza, laureato in Conservazione e in procinto di iscriversi alla Scuola di Specializzazione in Beni storico artistici: “L’emozione di toccare con mano pezzi che risalgono a 800 anni fa mi ha dato la possibilità di conoscere un mondo nuovo che potevo solo immaginare. Gli approfondimenti con ricerche in archivi e biblioteche, ma anche i contatti diretti con i funzionari delle soprintendenze d’Italia e di Parigi – per la mostra sono arrivati oggetti dal Louvre – mi hanno dato la possibilità di conoscere il meccanismo del prestito e tutto l’iter burocratico che sta dietro ad una mostra. Tutte cose che, ovviamente, all’università non si fanno”. Nemmeno al Suor Orsola, che, come evidenzia Marianna Gobbino, ex tesista del prof. de Castris: “è l’Ateneo migliore da un punto di vista formativo se c’è amore per i Beni culturali”. Lì si è specializzato in Beni storico artistici Giuseppe D’Avanzo, altro membro del team che ha lavorato alla mostra, che non ha nascosto la propria soddisfazione per i risultati raggiunti: “è incredibile vedere la mostra completa. Sono sorti infiniti problemi e sono saltati pure i ruoli. Siamo stati anche operai, perché, quando il tempo stringe, si lavora tutti all’unisono”. Per aprire all’Europa le porte di Napoli.
Ci.Ba.
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