Un impegno concreto per l’Africa, testimoniato dall’attuazione di un importante progetto come il CLUVA, Climate change and urban vulnerability in Africa. Un’iniziativa, quella che si occupa della vulnerabilità da cambiamenti climatici in Africa, sulla quale la Federico II ha investito già da anni e che l’Ateneo porta avanti in un’ottica di cooperazione fondata sullo scambio concreto di idee, conoscenze e tecniche, piuttosto che su vaghezze e congetture che rischiano di rimanere promesse isolate, come troppo spesso accade quando si parla di cooperazione. “Invece un progetto come questo – ha spiegato il Rettore Massimo Marrelli – permette uno scambio reale: noi possiamo imparare da voi e voi da noi. La comunità accademica è unica, non esiste quella italiana piuttosto che quella camerunense o etiope. La comunità accademica siamo tutti noi, e la cosa più importante è la disponibilità e la voglia di imparare vicendevolmente gli uni dagli altri”. A ricevere questo messaggio – lanciato dai microfoni della sala del Consiglio del Rettorato – sono stati quaranta studenti africani che dal dicembre del 2010 partecipano al CLUVA, riunitisi il 27 ottobre per inaugurare ufficialmente la sessione di lavori che li ha portati per tre settimane nella città partenopea.
A presentare i ragazzi, oltre al Rettore Marrelli, c’era anche il prof. Paolo Gasparini, docente di Fisica Terrestre e coordinatore scientifico di Amra (Centro regionale di competenza per l’analisi e il monitoraggio del rischio ambientale), l’ente leader del progetto CLUVA. Proprio Gasparini ha sottolineato l’importanza di un progetto che vede la partecipazione dei più importanti centri di ricerca del settore, non solo universitari, europei ed africani: “L’idea è quella di confrontarci con studenti e ricercatori provenienti da diversi paesi dell’Africa su come i cambiamenti climatici abbiano effetti differenti sulla vita e sull’evoluzione urbana di città che a loro volta sono molto differenti tra loro. Basti pensare che tra questi ragazzi ci sono cittadini del Burkina Faso, del Senegal, della Tanzania o dell’Etiopia”.
Nell’ambito del progetto – che ha una durata triennale e che coinvolge città e centri di ricerca di paesi europei e africani, dalla Germania al Camerun, dall’Inghilterra al Sud Africa – Napoli è stata scelta per una serie di lezioni riguardanti i rischi insiti nei cambiamenti climatici (il ciclo di incontri si è svolto dal 24 ottobre all’11 novembre). A tenere queste lezioni, tecnici e professori provenienti da diverse Facoltà e Dipartimenti della Federico II, ma anche da centri come il CEMCC, il Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici. Ai docenti è andato il ringraziamento del Rettore Marrelli, ma ancora di più ai ragazzi, che sono i veri protagonisti del CLUVA: “Nessuno me ne vorrà se dico che il ruolo dei ragazzi è ancora più importante, almeno in questa circostanza, rispetto a quello dei docenti. Attraverso i loro studi, il racconto delle loro esperienze e dei loro problemi, possiamo capire molte cose, tanto più che anche qui in Italia abbiamo i nostri guai, e ancora oggi vengono commessi molti errori in questo campo”. Il riferimento del Rettore è a quanto accaduto in Toscana e Liguria, e ai morti causati dall’alluvione che ha investito il centro e il nord del paese: “L’ennesimo evento che ha messo in luce le grandi difficoltà con cui, come vedete, anche tanti paesi europei convivono, nell’ambito della gestione dei fenomeni naturali”. Sulla stessa linea anche il prof. Gaetano Manfredi, Prorettore dell’Ateneo: “I problemi conseguenti ai cambiamenti climatici sono di tutto il pianeta, e il nostro obiettivo è quello di mitigare il rischio. Solo attraverso lo scambio di conoscenze, la comparazione dei problemi e dei differenti modi in cui si può intervenire, può esserci una crescita per tutti, per paesi come l’Italia e realtà variegate come quelle africane”.
Urbain, uno studente del Burkina Faso, per la precisione dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Ouagadougou, parla a nome dei partecipanti ai corsi, e lo fa soffermandosi sul contesto in cui un’iniziativa del genere sta avendo luogo: “La città di Napoli è bellissima”, racconta sorridendo, in un inglese di ottimo livello. “Certo, stiamo lavorando molto e non abbiamo avuto tantissimo tempo per visitarla. Però, per quello che abbiamo visto, siamo contenti di lavorare in una situazione del genere”. Quando al termine dell’incontro scambiamo qualche parola, Urbain sembra perdere la timidezza che era forse causata dal microfono e dalla platea: “La cosa che mi piace di più è il tempo, c’è un bel sole. E si mangia splendidamente. Scherzi a parte, stiamo notando tutti che il livello delle lezioni è davvero alto, e se da un lato dobbiamo essere sempre concentrati per tenere il passo, dall’altro stiamo imparando molto. Insomma, meglio di così non poteva andare: si tratta dell’ennesima esperienza importante nell’ambito di questo progetto”. Dopo l’incontro, i ragazzi approfittano di un po’ di tempo libero per un caffè, oltre che per riprendere fiato, anche perché già dopo qualche ora torneranno a lavoro, con una lunga lezione alla Facoltà di Ingegneria in via Nuova Agnano.
L’impegno della Federico II nei confronti delle realtà del sud del mondo non si esaurisce nel progetto Cluva. Proprio qualche giorno prima dell’incontro, ad esempio, l’Ateneo aveva firmato un accordo di cooperazione con la North West University che prevede una collaborazione tra la Facoltà di Agraria dell’Ateneo federiciano e quella dell’Università Sudafricana. L’obiettivo: uno sviluppo culturale e tecnologico, per quanto riguarda il settore agro alimentare locale, a partire dalle enormi risorse tanto agricole quanto industriali del paese. Stesso discorso per Gulunap, un progetto attraverso il quale già nel 2004 la Federico II ha contribuito a realizzare – insieme alla Gulu University of Uganda, con la collaborazione del Comune e della Provincia di Napoli – la Facoltà di Medicina di Gulu, seconda città del paese. Una Facoltà che ha visto, proprio tra il 2010 e il 2011, più di cento giovani ugandesi laurearsi in Medicina. L’Ateneo ha così recentemente deciso di rinnovare gli accordi per portare avanti il progetto, con l’obiettivo di realizzare anche le Facoltà di Agraria e di Scienze.
Riccardo Rosa
A presentare i ragazzi, oltre al Rettore Marrelli, c’era anche il prof. Paolo Gasparini, docente di Fisica Terrestre e coordinatore scientifico di Amra (Centro regionale di competenza per l’analisi e il monitoraggio del rischio ambientale), l’ente leader del progetto CLUVA. Proprio Gasparini ha sottolineato l’importanza di un progetto che vede la partecipazione dei più importanti centri di ricerca del settore, non solo universitari, europei ed africani: “L’idea è quella di confrontarci con studenti e ricercatori provenienti da diversi paesi dell’Africa su come i cambiamenti climatici abbiano effetti differenti sulla vita e sull’evoluzione urbana di città che a loro volta sono molto differenti tra loro. Basti pensare che tra questi ragazzi ci sono cittadini del Burkina Faso, del Senegal, della Tanzania o dell’Etiopia”.
Nell’ambito del progetto – che ha una durata triennale e che coinvolge città e centri di ricerca di paesi europei e africani, dalla Germania al Camerun, dall’Inghilterra al Sud Africa – Napoli è stata scelta per una serie di lezioni riguardanti i rischi insiti nei cambiamenti climatici (il ciclo di incontri si è svolto dal 24 ottobre all’11 novembre). A tenere queste lezioni, tecnici e professori provenienti da diverse Facoltà e Dipartimenti della Federico II, ma anche da centri come il CEMCC, il Centro euro-mediterraneo per i cambiamenti climatici. Ai docenti è andato il ringraziamento del Rettore Marrelli, ma ancora di più ai ragazzi, che sono i veri protagonisti del CLUVA: “Nessuno me ne vorrà se dico che il ruolo dei ragazzi è ancora più importante, almeno in questa circostanza, rispetto a quello dei docenti. Attraverso i loro studi, il racconto delle loro esperienze e dei loro problemi, possiamo capire molte cose, tanto più che anche qui in Italia abbiamo i nostri guai, e ancora oggi vengono commessi molti errori in questo campo”. Il riferimento del Rettore è a quanto accaduto in Toscana e Liguria, e ai morti causati dall’alluvione che ha investito il centro e il nord del paese: “L’ennesimo evento che ha messo in luce le grandi difficoltà con cui, come vedete, anche tanti paesi europei convivono, nell’ambito della gestione dei fenomeni naturali”. Sulla stessa linea anche il prof. Gaetano Manfredi, Prorettore dell’Ateneo: “I problemi conseguenti ai cambiamenti climatici sono di tutto il pianeta, e il nostro obiettivo è quello di mitigare il rischio. Solo attraverso lo scambio di conoscenze, la comparazione dei problemi e dei differenti modi in cui si può intervenire, può esserci una crescita per tutti, per paesi come l’Italia e realtà variegate come quelle africane”.
Urbain, uno studente del Burkina Faso, per la precisione dal Dipartimento di Matematica dell’Università di Ouagadougou, parla a nome dei partecipanti ai corsi, e lo fa soffermandosi sul contesto in cui un’iniziativa del genere sta avendo luogo: “La città di Napoli è bellissima”, racconta sorridendo, in un inglese di ottimo livello. “Certo, stiamo lavorando molto e non abbiamo avuto tantissimo tempo per visitarla. Però, per quello che abbiamo visto, siamo contenti di lavorare in una situazione del genere”. Quando al termine dell’incontro scambiamo qualche parola, Urbain sembra perdere la timidezza che era forse causata dal microfono e dalla platea: “La cosa che mi piace di più è il tempo, c’è un bel sole. E si mangia splendidamente. Scherzi a parte, stiamo notando tutti che il livello delle lezioni è davvero alto, e se da un lato dobbiamo essere sempre concentrati per tenere il passo, dall’altro stiamo imparando molto. Insomma, meglio di così non poteva andare: si tratta dell’ennesima esperienza importante nell’ambito di questo progetto”. Dopo l’incontro, i ragazzi approfittano di un po’ di tempo libero per un caffè, oltre che per riprendere fiato, anche perché già dopo qualche ora torneranno a lavoro, con una lunga lezione alla Facoltà di Ingegneria in via Nuova Agnano.
L’impegno della Federico II nei confronti delle realtà del sud del mondo non si esaurisce nel progetto Cluva. Proprio qualche giorno prima dell’incontro, ad esempio, l’Ateneo aveva firmato un accordo di cooperazione con la North West University che prevede una collaborazione tra la Facoltà di Agraria dell’Ateneo federiciano e quella dell’Università Sudafricana. L’obiettivo: uno sviluppo culturale e tecnologico, per quanto riguarda il settore agro alimentare locale, a partire dalle enormi risorse tanto agricole quanto industriali del paese. Stesso discorso per Gulunap, un progetto attraverso il quale già nel 2004 la Federico II ha contribuito a realizzare – insieme alla Gulu University of Uganda, con la collaborazione del Comune e della Provincia di Napoli – la Facoltà di Medicina di Gulu, seconda città del paese. Una Facoltà che ha visto, proprio tra il 2010 e il 2011, più di cento giovani ugandesi laurearsi in Medicina. L’Ateneo ha così recentemente deciso di rinnovare gli accordi per portare avanti il progetto, con l’obiettivo di realizzare anche le Facoltà di Agraria e di Scienze.
Riccardo Rosa







