Dallo scavo in Sudan al Laboratorio di Restauro

Si fa sempre più solido il rapporto tra le ricerche realizzate nell’ambito delle campagne di scavo all’estero e le attività svolte al rientro sul suolo napoletano. È il caso dei cantieri scuola archeologici diretti in Sudan e in Etiopia dal prof. Andrea Manzo, docente di Archeologia della Valle del Nilo alla Triennale e dei corsi di Antichità nubiane e Archeologia e Antichità etiopiche per la Magistrale. Una continuità di lavoro che ha dato vita dopo le missioni tenutesi nei mesi di gennaio e febbraio all’organizzazione di un Laboratorio di restauro dei reperti rinvenuti sul sito di Mahal Teglinos, presso Kassala, nel Sudan Orientale. In particolare, “quest’anno siamo stati autorizzati dalle autorità sudanesi a portare con noi due vasi frammentati, databili a 4500 anni fa, che adesso si trovano nel Museo di Ateneo Umberto Scerrato presso Palazzo Du Mesnil”, racconta il docente. Volendo approfi ttare dell’occasione è stato pertanto organizzato un Laboratorio, che continuerà per tutto il mese di maggio, coordinato da Pasquale Musella, restauratore del Museo Archeologico Nazionale, “un’istituzione con cui l’Ateneo ha un consolidato rapporto di collaborazione”. Obiettivo primario è “fornire agli studenti di Archeologia ulteriori competenze che vadano a integrare quelle acquisite nei corsi curriculari”. E in questo caso, “la possibilità di familiarizzare con le problematiche della pulizia e del restauro di oggetti mobili”. Ma anche “far scoprire possibili vocazioni. Magari qualcuno tra loro potrà appassionarsi al restauro e decidere di proseguire su questa diffi cile ma affascinante strada”. Al termine delle attività di restauro, i vasi saranno esposti per due anni nel Museo Scerrato prima di tornare in Sudan. Questa possibilità “ben rappresenta la profi cua collaborazione che l’Ateneo coltiva con le autorità dei numerosi Paesi in cui opera. La nostra rete di rapporti internazionali è ampissima e fi nalizzata non solo alla ricerca, ma anche ad offrire ai nostri studenti opportunità di formazione nei contesti che studiano”. Nel caso del Sudan, “la collaborazione è ormai pluridecennale, e il cantiere scuola che vi si svolge annualmente vede operare fi anco a fi anco studenti dell’Ateneo (ai quali l’attività è riconosciuta come tirocinio) con studenti delle Università di Khartoum, Addis Abeba, Aksum e funzionari neoassunti della National Corporation for Antiquites and Museums del Sudan e del Governo Regionale dello Stato di Kassala”. Grazie a iniziative del genere, inoltre, “riusciamo ad aprire fi nestre sulla storia di regioni e culture lontane per tutta la cittadinanza”. In tal modo, “non solo si cerca di saldare armonicamente didattica e ricerca, ma anche di contribuire alla crescita culturale del territorio”. Nello specifi co, gli studenti contribuiranno fattivamente alla ricostruzione dei vasi per poi procedere in una seconda fase verso l’apprendimento delle “tecniche di restauro di manufatti lapidei, operando su una macina in frammenti, sempre di provenienza sudanese, e di pulizia di manufatti in metallo, usando per la pratica alcune monete etiopiche aksumite del III-VII sec. d.C., in bronzo e argento, recentemente donate al Museo dagli eredi del prof. Lanfranco Ricci e che saranno in seguito esposte qui”. Attività che, dunque, costituiscono una parte importante del bagaglio culturale di ogni aspirante archeologo. Cosa apprezzano maggiormente gli studenti di tutto ciò? Senza dubbio, “la possibilità di potersi confrontare con i materiali e con attività pratiche”. A partire dalla fi ne di maggio si terrà inoltre un secondo laboratorio “sui reperti ceramici della valle del Nilo, sempre partendo dai materiali rinvenuti nella regione del Sudan Orientale, che per la sua particolare storia vede la presenza anche di importazioni da Egitto, dall’Alta e Bassa Nubia e dal Deserto Orientale, e avvalendosi inoltre di materiali ceramici etiopici ed eritrei della donazione Ricci”. I laboratori e i tirocini presso i cantieri di scavo, offerti dai Corsi di Studio de L’Orientale sia in Italia come nei siti di Paestum e Cuma che all’estero, “sono in generale molto applicativi e professionalizzanti”. Ed è grazie ad essi che “gli studenti acquisiscono delle capacità tecnico-operative nell’ambito dello scavo, di rilievo, della ricognizione, della descrizione e studio di monumenti e materiali, della documentazione ed elaborazione dei dati anche con mezzi digitali, che applicheranno poi nei più diversi contesti in cui opereranno nel loro percorso professionale”.
Sabrina Sabatino
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