Nisida ritorna isola nel progetto di Nicola Pagliara per Bagnoli che sarà presentato il 15 dicembre al Pan, il Palazzo delle Arti di Napoli, in via dei Mille 60. “È un lavoro che è durato due anni e che non esito a definire una pazzia – dice lo storico docente di Architettura della Federico II – per la fatica e per le risorse che ho impiegato”. Ventiquattro mesi di sopralluoghi, schizzi, giornate a tavolino hanno prodotto 40 tavole. Parte dei disegni sono geometrici, realizzati al computer, e nascono dall’impegno di una collaboratrice di Pagliara. Il resto, tutti quelli del docente, sono a mano libera.
Il recupero dell’insularità di Nisida è appunto una delle proposte più interessanti ed innovative del progettista per l’area dell’ex Italsider e per i suoi dintorni. “Il promontorio che unisce l’isola alla terraferma – spiega il prof. Pagliara – fu realizzato all’epoca in cui nacque lo stabilimento industriale. È una creazione artificiale. Lo trovo completamente inutile. Ha tradito la vocazione originaria di Nisida ed ha combinato un disastro, perché ha offerto l’occasione di realizzare un porto completamente abusivo gestito da un signore, che molti conoscono come Manomozza, nell’assoluto disprezzo delle regole. Via il promontorio, dunque, anche per rendere più agevole la circumnavigazione dell’isola”. Eliminato il porto abusivo, sostiene il docente, “si potrebbe realizzare un piccolo imbarcadero all’interno di Porto Paone, insenatura meravigliosa di Nisida”. Il progetto non elude il tema del carcere minorile: “Per quella struttura vedrei bene un futuro come scuola di artigianato, centro nel quale imparare mestieri, compresi quelli che rischiano di scomparire, ma che possono rappresentare una buona occasione di lavoro per i giovani napoletani. In fondo, si tratterebbe di sviluppare e migliorare quelle attività di addestramento e formazione che, mi dicono, si svolgono già ora, nei limiti consentiti dalle risorse e da altri fattori, per i minori reclusi”.
Il lavoro di Pagliara, ovviamente, entra anche nel merito della diatriba tra coloro i quali insistono per l’eliminazione della colmata a mare, quella che fu realizzata negli anni Sessanta del secolo scorso con l’accumulo della loppa di fonderia e di altri prodotti di scarto della lavorazione dell’acciaio, e coloro i quali riterrebbero preferibile mettere in sicurezza quella propaggine artificiale sul mare della terraferma, senza avventurarsi nella rimozione della stessa. Dibattito tutt’altro che recente, a proposito del quale giova ricordare che, allo stato, la rimozione della colmata è prevista da una legge e che, secondo analisi effettuate alcuni anni fa, essa rilascia a mare sostanze inquinanti. Ebbene, nel dibattito Pagliara si schiera con i fautori del ripristino della linea di costa. “Il mio progetto – anticipa – prevede la rimozione della colmata. Lungo la costa vanno realizzati stabilimenti balneari che, in aggiunta ad una bella spiaggia libera attrezzata, possano in qualche modo facilitare il recupero dell’antico rapporto di Bagnoli col mare. Quello era un posto dove tanti napoletani sono andati per anni a nuotare, a prendere il sole, a trascorrere i giorni festivi sull’arenile. Naturalmente, affinché questo avvenga, occorre che sia finalmente realizzata la bonifica delle aree contaminate”. Prosegue il docente: “La Bagnoli che ho progettato ha un’area a verde estremamente ampia. I volumi edificatori previsti dal piano regolatore andrebbero, proprio per questo, concentrati in un numero limitato di edifici”.
La stesura del progetto che sarà in mostra al Pan, per realizzare il quale Pagliara ha fruito di un minimo finanziamento da parte dell’istituto di credito del quale è cliente, ha offerto al docente l’opportunità di rinsaldare un legame con Bagnoli che risale negli anni. “A differenza di tanti miei concittadini”, premette – non frequentavo Coroglio e dintorni per andare a mare. Nuotavo a Posillipo, ospite di amici che avevano una villa con accesso a mare. Bagnoli era piuttosto, per me, il luogo delle lunghe passeggiate con Argo, il cane pastore che ha accompagnato un tratto della mia esistenza. Andavamo sulla spiaggia e trascorrevamo lì intere mattinate. Poi, dopo la morte di Argo, ho continuato a frequentare Bagnoli per lunghe camminate sul pontile che si protende verso il mare e che resta, ad oggi, una delle poche promesse mantenute riguardo alla trasformazione dell’ex area industriale. Ottocento metri d’incanto, terminati i quali a volte mi stendevo a prendere il sole sulle panchine, devo dire scomodissime, che sono state realizzate lungo quel percorso”.
Fabrizio Geremicca
Il recupero dell’insularità di Nisida è appunto una delle proposte più interessanti ed innovative del progettista per l’area dell’ex Italsider e per i suoi dintorni. “Il promontorio che unisce l’isola alla terraferma – spiega il prof. Pagliara – fu realizzato all’epoca in cui nacque lo stabilimento industriale. È una creazione artificiale. Lo trovo completamente inutile. Ha tradito la vocazione originaria di Nisida ed ha combinato un disastro, perché ha offerto l’occasione di realizzare un porto completamente abusivo gestito da un signore, che molti conoscono come Manomozza, nell’assoluto disprezzo delle regole. Via il promontorio, dunque, anche per rendere più agevole la circumnavigazione dell’isola”. Eliminato il porto abusivo, sostiene il docente, “si potrebbe realizzare un piccolo imbarcadero all’interno di Porto Paone, insenatura meravigliosa di Nisida”. Il progetto non elude il tema del carcere minorile: “Per quella struttura vedrei bene un futuro come scuola di artigianato, centro nel quale imparare mestieri, compresi quelli che rischiano di scomparire, ma che possono rappresentare una buona occasione di lavoro per i giovani napoletani. In fondo, si tratterebbe di sviluppare e migliorare quelle attività di addestramento e formazione che, mi dicono, si svolgono già ora, nei limiti consentiti dalle risorse e da altri fattori, per i minori reclusi”.
Il lavoro di Pagliara, ovviamente, entra anche nel merito della diatriba tra coloro i quali insistono per l’eliminazione della colmata a mare, quella che fu realizzata negli anni Sessanta del secolo scorso con l’accumulo della loppa di fonderia e di altri prodotti di scarto della lavorazione dell’acciaio, e coloro i quali riterrebbero preferibile mettere in sicurezza quella propaggine artificiale sul mare della terraferma, senza avventurarsi nella rimozione della stessa. Dibattito tutt’altro che recente, a proposito del quale giova ricordare che, allo stato, la rimozione della colmata è prevista da una legge e che, secondo analisi effettuate alcuni anni fa, essa rilascia a mare sostanze inquinanti. Ebbene, nel dibattito Pagliara si schiera con i fautori del ripristino della linea di costa. “Il mio progetto – anticipa – prevede la rimozione della colmata. Lungo la costa vanno realizzati stabilimenti balneari che, in aggiunta ad una bella spiaggia libera attrezzata, possano in qualche modo facilitare il recupero dell’antico rapporto di Bagnoli col mare. Quello era un posto dove tanti napoletani sono andati per anni a nuotare, a prendere il sole, a trascorrere i giorni festivi sull’arenile. Naturalmente, affinché questo avvenga, occorre che sia finalmente realizzata la bonifica delle aree contaminate”. Prosegue il docente: “La Bagnoli che ho progettato ha un’area a verde estremamente ampia. I volumi edificatori previsti dal piano regolatore andrebbero, proprio per questo, concentrati in un numero limitato di edifici”.
La stesura del progetto che sarà in mostra al Pan, per realizzare il quale Pagliara ha fruito di un minimo finanziamento da parte dell’istituto di credito del quale è cliente, ha offerto al docente l’opportunità di rinsaldare un legame con Bagnoli che risale negli anni. “A differenza di tanti miei concittadini”, premette – non frequentavo Coroglio e dintorni per andare a mare. Nuotavo a Posillipo, ospite di amici che avevano una villa con accesso a mare. Bagnoli era piuttosto, per me, il luogo delle lunghe passeggiate con Argo, il cane pastore che ha accompagnato un tratto della mia esistenza. Andavamo sulla spiaggia e trascorrevamo lì intere mattinate. Poi, dopo la morte di Argo, ho continuato a frequentare Bagnoli per lunghe camminate sul pontile che si protende verso il mare e che resta, ad oggi, una delle poche promesse mantenute riguardo alla trasformazione dell’ex area industriale. Ottocento metri d’incanto, terminati i quali a volte mi stendevo a prendere il sole sulle panchine, devo dire scomodissime, che sono state realizzate lungo quel percorso”.
Fabrizio Geremicca