Pierluigi Reveglia, laurea in Chimica, oggi è dottorando in co-tutela in Australia

“Dopo la Laurea Magistrale in Scienze Chimiche avevo voglia di cambiare. Volevo conoscere il sistema educativo di un altro continente. L’aver scelto l’Australia è stato il mio shock culturale più grande”, racconta Pierluigi Reveglia, 25 anni, con già un’esperienza all’estero alla Triennale (è stato in Spagna con Erasmus). Oggi è dottorando da 110/110 in Australia. “La co-tutela fra la Charles Sturt University australiana e la Federico II mi consente di trascorrere otto mesi in Italia e quattro nell’altro continente. Vivo in una cittadina a 400 chilometri da Sidney dove lavoro nel Centro di Ricerca   ‘National Grape & Wine Industry Center’. Ho una casa accanto all’Università perché devo spostarmi con i mezzi pubblici”. Ha coronato il suo sogno – studiare in un Paese che amava già da piccolo – grazie alla sua mentore, nonché relatrice della tesi di laurea, la prof.ssa Maria Rosaria Iesce che lo ha messo in contatto con un collega australiano, e da lì è partito tutto. Oggi si occupa “di una branca della chimica che in Australia è poco sviluppata: l’isolamento e la caratterizzazione delle fitotossine prodotte da funghi che coinvolgono con malattie il tronco della vite. In questo laboratorio mancava questa figura professionale ed hanno scelto me”. Un’esperienza altamente formativa: “che mi ha permesso di conoscere ambiti non solo chimici ma anche, ad esempio, delle patologie vegetali. La preparazione che mi ha fornito la Federico II è stata ottima, mi ha aiutato ad essere flessibile. Noi federiciani siamo bravi in molteplici condizioni e non ci fermiamo mai, portiamo avanti il progetto in qualsiasi modo”. Al contrario dei colleghi australiani: “che non sono abituati a risolvere i problemi da soli, senza l’intervento di tecnici specializzati. Questo mi da la consapevolezza di essere un chimico preparato ad affrontare il futuro con successo”. 
Come si arriva a livelli così alti di preparazione? “Io ho sempre studiato molto, anche da solo per non perdere tempo. Insomma, posso definirmi un secchione”. Il segreto, però, sta nella passione per la materia: “C’è bisogno di dedicare ore a capire cosa si studia. Ho sempre preferito gli esami orali perché permettono di prepararsi al meglio”. Le occasioni di incontro non sono però mancate: “Ho sempre vissuto appieno la vita universitaria e, quando c’è stata la possibilità di andare all’estero, non me la sono fatta scappare. Studiare in un altro Paese non è una perdita di tempo ma un arricchimento culturale e personale”. Inoltre: “Non mi sono mai fossilizzato sul singolo esame ma ho sempre cercato di ampliare gli orizzonti e ho mantenuto contatti che all’Università sono utili non solo ai fini della formazione”. 
Fra qualche mese si chiude la parentesi australiana: “Non credo di restare a vivere qui, è come vivere a Fuorigrotta ma non avere un supermercato vicino per fare la spesa. La mia cittadina conta 55 mila abitanti eppure per spostarsi  occorre l’auto. Il fare la spesa diventa un evento settimanale. Nel quotidiano è stato uno shock il cambiamento di nazione”. Conclude: “Mi sento europeo e non vorrei uscire da questi confini. Se non dovessi restare a Napoli, spero, in futuro, di poter fare ricerca almeno in Europa”. 
Susy Lubrano
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