Quattro ricercatrici, uno scantinato buio e il respiro della terra

In uno scantinato buio, sotto il cortile di San Marcellino, dove si trovano le rocce di tufo giallo famose nella Napoli Sotterranea, c’è il cuore pulsante della ricerca, per il gruppo della prof.ssa Concettina Nunziata, docente di Geofisica. Si tratta di una stazione accelerometrica a 21 metri di profondità, che le intrepide ricercatrici Maria Rosaria Costanzo, Roberta Strollo e Rosa Mandara, insieme alla docente, controllano spesso, incuranti delle scale pericolanti e dell’umidità che genera muffe. Al quarto piano, con la sola forza della passione, le stesse hanno costruito un Osservatorio Geofisico dove: “facciamo tutti giorni analisi su segnali sismici”, spiega la dottoranda Mandara. Si è creata quindi una seconda famiglia, composta da tre sorelle e una mamma. All’occorrenza s’improvvisano tecnici o operaie addette al trasporto materiali, tutto pur di portare avanti la loro ricerca! “Arriviamo qui intorno alle 9.30 e pranziamo ad orari variabili, a seconda di quello che c’è da fare, comunque ci aspettiamo per mangiare insieme nel Chiostro. Per prima cosa diamo uno sguardo alla stazione in sotterraneo, se rileviamo un evento lo pubblichiamo sul bollettino nel sito dell’Osservatorio”, illustra la dott.ssa Strollo. Lavorano sul rumore: “che è un’oscillazione naturale del terreno, il respiro della terra, come lo definisce la professoressa. Ci consente di rilevare microtremori a basse frequenze, prodotti da sorgenti naturali, quali ad esempio il movimento delle onde del mare o le perturbazioni atmosferiche”, continua. “Verifichiamo come risponde il terreno alle sollecitazioni, specialmente in area vulcanica. I nostri studi sono utili a simulare lo scuotimento del suolo ipotizzando una sorgente. Per cui possiamo indicare quando un sito non è adatto ad ospitare case, perché potrebbero verificarsi crolli o danni gravi”, chiarisce l’assegnista Costanzo. L’idea dell’Osservatorio è partita da un progetto PON 2002-2006, che riguardava “Piattaforme Evolute di Telecomunicazioni e di Information Technology per l’Offerta di Servizi al settore Ambiente”, ovvero un sistema di comunicazione tra centri di ricerca per il monitoraggio ambientale, il controllo, la prevenzione e la gestione delle emergenze collegate all’ambiente. “La regione Campania fu scelta come riferimento per lo sviluppo del progetto. Il monitoraggio riguardava le deformazioni sul costruito, gli incendi, come simularne e gestirne la propagazione, la qualità dell’aria con la previsione dei livelli degli inquinanti fino a 72 ore di anticipo nella città”, racconta la prof.ssa Nunziata. Dal progetto nasce la stazione accelerometrica per il monitoraggio del Centro di Napoli: “l’Osservatorio possiede anche stazioni a Bacoli, Ischia, Marigliano, Torre Annunziata. Il nostro monitoraggio consiste nella registrazione del rumore sismico, da cui si rileva la velocità delle onde di taglio. Facciamo un lavoro che ci permette di definire il modello di terra con cui abbiamo a che fare, per stimarne la pericolosità sismica”, prosegue. La docente ha da sempre la passione per gli effetti di sito: “lavoro sulle onde superficiali, vivo di vibrazioni e cerco di trasmetterle. Gli studenti mi seguono con interesse e controllano il bollettino quando sanno che c’è stato un terremoto potente nel mondo”. In particolare, quello dell’80 è stato di notevole importanza: “perché primo forte sisma registrato nella stazione accelerometrica di Torre del Greco, che ha consentito di testare con successo il metodo di calcolo, basato sulla tecnica della somma dei modi ed il mezzo di propagazione dall’Appennino fino a Napoli”. Tenendo conto delle stratigrafie, l’area urbana della nostra città è stata suddivisa dalla docente in sei zone, geologicamente omogenee: “di cui le ultime due comprendono il centro storico, caratterizzato da una copertura di terreni di riporto spessa 20 metri e uno strato di pozzolana poggiati sul tufo giallo, e il Centro Direzionale, che era una palude prosciugata per lo sviluppo urbano, di conseguenza il sottosuolo è costituito principalmente da terreni alluvionali”. L’indagine sul suolo non serve a prevedere terremoti: “impossibile per chiunque, ma a lavorare sulla prevenzione. C’è un problema di responsabilità da affrontare, che riguarda la costruzione degli edifici. Se rilevo un input sismico, l’ingegnere può rendere più robusto un palazzo, in modo che il nostro patrimonio culturale, di gran lunga più importante di quello economico, venga preservato. La terra è l’oggetto più importante e più complicato che abbiamo. Dobbiamo prendercene cura”.
 
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