Scienze dell’Architettura, un quinto degli studenti si laurea in regola

“Uno su mille ce la fa”, cantava Gianni Morandi, in uno dei suoi successi musicali, una quindicina di anni fa. “Uno su cinque ce la fa”, si può ripetere oggi, considerando i dati e le cifre del Corso di Laurea triennale in Scienze dell’Architettura. Saranno infatti al più una cinquantina, su 250 immatricolati di tre anni fa, le ragazze ed i ragazzi che concluderanno entro marzo, quindi in perfetta regola, il percorso universitario. Qualcuno, per la verità, si è già messo in tasca, addirittura in anticipo, la laurea junior, tra ottobre e novembre. Il resto della pattuglia dei più bravi concluderà nei prossimi mesi. Un quinto in regola, dunque. Cifre non esaltanti, ma nemmeno da disprezzare, secondo il professor Antonio Lavaggi, che è il presidente del Consiglio di Corso di Laurea. “Mi pare che le cose procedano abbastanza bene, specie dopo la rivisitazione dei crediti e della distribuzione per anno dei corsi, che il Consiglio di Corso ha deliberato lo scorso anno accademico. In assoluto, considerando che una volta gli studenti di Architettura impiegavano in media il doppio degli anni previsti, per raggiungere la laurea, non mi pare che i dati di Scienze dell’Architettura siano negativi. In un’ottica relativa, poi, siamo più o meno su livelli simili a quelli di Architettura quinquennale. Il collega Spirito – ex presidente di quel Corso di laurea – mi diceva che hanno iscritto al quinto anno il 30% circa degli studenti in regola”. Ai laureati triennali in Scienze dell’Architettura si offrono adesso due alternative. La prima: cercare un lavoro legato al percorso di studi che hanno svolto. La seconda: proseguire con la laurea specialistica. Tra i primi laureati, quelli che hanno impiegato meno tempo, prevarrà certamente l’opzione del prosieguo degli studi. Lavaggi dà loro una buona notizia: “potranno iscriversi alla specialistica entro il 10 dicembre, sub conditione, anche gli studenti i quali si laureeranno nella triennale entro la fine di marzo, quindi nell’anno accademico 2004/2005. Con questo sistema evitiamo di far perdere un anno intero per pochi mesi”. Chi invece cercherà, dopo la triennale, un lavoro, sperimenterà se e come questa laurea junior in Architettura sia apprezzata, al di fuori dell’ambito universitario. Secondo Lavaggi le opportunità ci sono: “i nostri laureati hanno competenze e diritto di progettare nell’ambito della ristrutturazione d’interni, un settore dove lavorano anche molti dei quinquennali, e possono partecipare ai concorsi per gli uffici tecnici delle amministrazioni comunali e delle Soprintendenze. Hanno spazi anche nei cantieri delle imprese, con esclusione della direzione dei lavori e con limiti quantitativi rispetto alle dimensioni del progetto”. 
Novità per quanto concerne la didattica. “Da gennaio andrà a regime la divisione in due distinte aree dei diciotto crediti attribuiti alle attività a scelta dello studente. Gli iscritti dovranno equamente dividerli fra la lettera D (corsi monodisciplinari) e la lettera C (tirocini, abilità informatiche, viaggi di studio, corsi di lingua). Fino ad oggi, invece, la separazione non è stata così netta, per cui i ragazzi hanno potuto anche conseguire più di nove crediti in una delle due branche e sono stati loro riconosciuti. Naturalmente, se uno studente ha già sommato più di nove crediti nella lettera C, i prossimi, da gennaio, dovrà totalizzarli con i corsi monodisciplinari e viceversa”. Gli studenti, anche quest’anno, protestano perché ritengono che il carico didattico sia eccessivo. A torto, secondo Lavaggi: “si prevedono tra le 20 e le 25 ore di didattica a settimana, dal lunedì al giovedì. Il venerdì è destinato alle attività a scelta. Tutto questo per 28 settimane l’anno. E’ un sistema impegnativo, ma non così drammatico come sembrerebbe dalle parole degli studenti”. Venticinque ore di didattica su quattro giorni significa circa sei ore al giorno. Non è poco, in verità. Tempo per studiare da soli ne resta poco, soprattutto se, fanno notare gli studenti, gli spazi in facoltà continuano ad essere carenti. “Questo è un fatto reale- ammette Lavaggi- I lavori allo Spirito Santo ci hanno restituito una struttura bella, ma che non risolve tutti i problemi di spazio. Due aule studio da trenta posti ciascuna sono poche. E’ chiaro che di questo aspetto dovrà farsi carico l’ateneo, altrimenti la facoltà potrebbe anche chiedere una revisione del tetto massimo degli immatricolati, nei prossimi anni accademici”. 
Piccolo e bello,
nuovo ciclo
A gennaio, con il ritorno dalle vacanze, si apre la sessione di esami relativa al primo semestre. “Abbiamo sperimentato il semestre leggero – dice il Presidente del Consiglio di Corso di Laurea- Significa che abbiamo messo meno corsi. In questo modo le lezioni terminano prima di Natale e i ragazzi possono utilizzare le vacanze per rifinire meglio la preparazione degli esami. Il sistema richiederebbe che i corsi iniziassero il primo ottobre. Quest’anno siamo partiti il 10. Il prossimo mi auguro di riuscire ad anticipare”. 
Il 2 dicembre, mentre andiamo in stampa, intanto, è previsto il primo incontro, in presidenza, con i docenti e i rappresentanti degli studenti, per vagliare l’attuale offerta formativa, studiare eventuali correttivi, ragionare sui contenuti minimi. “Tengo molto a questi appuntamenti periodici – riferisce Lavaggi- Serviranno, spero, a migliorare la qualità e anche a mantenere un coordinamento tra i docenti. Bisogna combattere l’idea che ciascun corso, od anche ciascun corso di laurea, rappresenti un’isola a sé stante. Siamo in una facoltà, non dimentichiamolo, in cui tutti i corsi di laurea hanno contenuti non eterogenei. Il filo che tiene tutto è il progetto”. 
A febbraio parte un altro ciclo dell’iniziativa “Piccolo e bello”: seminari e dibattiti con alcuni architetti che si sono distinti nell’ambito della progettazione su scala dimensionale ridotta. “E’ un modo per far capire ai ragazzi che si può e si deve fare architettura di qualità anche progettando piccole cose, la casa piuttosto che il negozio, la palestra o l’ufficio. Sono d’altronde questi gli spazi dove ciascuno di noi trascorre gran parte delle ore della sua giornata. Creare ambienti accoglienti, funzionali, non deprimenti migliora la qualità dell’esistenza”.     (F. G.)
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