Studenti in Laboratorio per imparare il delicato mestiere di educatore

Sono numerosi e di grande interesse i laboratori in programma per gli studenti del secondo anno di Scienze dell’Educazione. In “Linguaggio del corpo”, con la prof.ssa Rossella Galletti, il corpo è simbolo d’identità che si crea con lo scambio con l’altro e strumento di comunicazione che differisce per ciascuna cultura. Lo scopo è imparare a interpretare la varietà dei messaggi comunicativi che ricadono sui modi di comportarsi, di parlare, persino di mangiare e di percepire gli odori. “Ho grandi aspettative su questo laboratorio – confessa la studentessa Concetta Di Gregorio – Spero sia molto attivo, che mi stimoli entusiasmo. La comunicazione è fondamentale, io che lavoro come baby sitter ne so qualcosa. Vorrei imparare a comprendere quanto riesco a trasferire all’altro e sicuramente migliorare le mie capacità”. Ulteriore spunto di riflessione per gli studenti è il rapporto che hanno con il proprio corpo. “Con il mio corpo non ho mai avuto problemi, mi è sempre piaciuto – dice Bruna Daniele – Vorrei approfondire determinate tematiche che mi offrano la possibilità di affacciarmi a nuove prospettive comunicative e di scoprire qualcosa in più su me stessa”. 
“Il mondo in un nido: culture, linguaggi, relazioni”, tenuto dalla prof.ssa Stefania Romeo, ha sorpreso l’intera aula che non si aspettava di affrontare il tema del nido sotto visioni diverse da quella pedagogica. “Il nido è un mondo molto importante. Quello che il bambino impara nei primi due anni di vita lascia un segno indelebile, dopo si potrà solo cercare di modificare alcuni aspetti della sua personalità – chiarisce la Romeo – Il nido è il luogo educativo per eccellenza, in cui vanno a coniugarsi vari modelli comportamentali che svelano abitudini adulte che i bambini hanno incorporato inconsapevolmente dai genitori. Il nido, quindi, ci aiuta a leggere il legame tra cultura e relazione. Per questi motivi il percorso degli educatori deve partire dai fondamenti della scienza per poi arrivare alle altre discipline”. Nonostante le difficoltà del laboratorio, gli studenti non si scoraggiano, anzi lo trovano interessante: “Il lavoro che abbiamo scelto è impegnativo e laboratori come questo possono solo prepararci all’approccio con la realtà che vige negli asili. Dobbiamo essere pronti e motivati per ottenere il massimo”, dice Lucia Di Luise. “Ho una certezza – rivela Arianna Giordano – voglio lavorare con i bambini e sfrutterò al massimo ogni occasione che mi verrà proposta per uscirne sempre più forte. Spero che l’anno prossimo ci offrano anche la possibilità di vivere esperienze più dirette, per iniziare ad accumulare un po’ di pratica e non solo teoria”. 
Un altro Laboratorio che si avvicina al mondo dei bambini e improntato sul discorso educativo è “Linguaggio creativo nel gioco infantile”. “Il docente deve essere prima di tutto osservatore se ha passione e rendersi conto quando il bambino ha qualche difficoltà rispetto ai suoi compagni – spiega la prof.ssa Adriana Imperatore – Attraverso l’arte si possono aiutare i bambini con mancanze di vario tipo. Gli autistici, ad esempio, sono molto avvantaggiati dalla musica che influenza positivamente il loro sviluppo apprenditivo e sociale. Il canto, invece, può aiutare un bambino balbuziente. Ma anche la scrittura semplice e il disegno sono ottimi mezzi educativi. Il teatro è una delle carte vincenti che un docente può mettere in campo e si basa sul gioco della finzione, che è tipico del bambino. Il bambino durante il gioco mima il suo stato che può essere felice ma anche triste, stanco, infastidito. Bisogna utilizzare un modello olistico per comprenderlo a fondo. Le diversità sono semplicemente ricchezze da sfruttare”. La prof.ssa Pina Esposito, altra docente del Laboratorio, aggiunge: “La pedagogia deve sollecitare la ricerca. L’insegnante, come un ricercatore, sviluppa ipotesi. L’ambiente scolastico deve essere capace di far emergere il talento degli alunni, per valorizzarlo ed educarlo. Spesso i bambini talentuosi rimangono nel buio, solo perché non hanno un confronto adeguato a far emergere le qualità. Bisogna sempre conoscere la classe, partire dai requisiti per progetti di lavoro più impegnativi”. Il clima durante le lezioni è proiettato alla condivisione. Le docenti raccontano le loro esperienze pregresse per arricchire il bagaglio degli studenti che intanto espongono le proprie e chiedono consigli. “Le professoresse sono molto disponibili e ci offrono testimonianze preziose – dice Angela Liberti – Con il tirocinio dell’anno prossimo conto di fare pratica per inserirmi nel mondo del lavoro che spero di conoscere al più presto”. “Ho lavorato in una casa famiglia – dice, invece, Giusi Iasevoli – Spero che alla fine di questo percorso universitario riesca ad imparare il più possibile e a far fruttare questi tre anni di studio che mi sono serviti molto per la mia crescita personale e professionale”.
Francesca Corato
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