Immaginate di lavorare nel vostro paese. Non di lavorare per arrivare indenni alla fine del mese, ma di “fare quello che mi piace”, come si sente spesso in giro. Comprate casa e macchina. Poi preparate la valigia e andate dall’altra parte del mondo, a studiare. Con borsa di studio, ovvio (follia sì, ma fino a un certo punto). L’ipotesi è tratta da una storia vera. È quella di Ada Pango (Ada Carolina Pango Madariaga, se consideriamo il doppio cognome di mamma e papà). È nata il 19 luglio 1982 ad Arica, un paese di 200mila abitanti al nord del Cile e a duemila chilometri di distanza da Santiago, capitale cilena che ospita l’Università dove Ada è stata professoressa di ‘Periodoncia Clínica’ (oggi è in aspettativa). Nel 2014 la prima volta a Napoli. Oggi è a metà del suo percorso di Dottorato di ricerca in Medicina Clinica e sperimentale. Studia “il rapporto tra spessore della gengiva e la tipologia facciale”. Tifa Napoli. Va allo stadio col papà calciatore. Alla pizza preferisce il riso e da Roma in su le fanno notare un marcato accento napoletano.
È vero che segue il calcio e che tifa Napoli?
“Sì. Sono qui da tanto tempo, mi sono appassionata”.
Calciatore preferito?
“Koulibaly. In Cile il mio papà è stato calciatore professionista ed era difensore. Quando viene a trovarmi, andiamo allo stadio”.
Quando comincia la sua avventura a Napoli?
“La prima volta sono venuta nel 2014 per un corso di un mese. Ero professoressa all’Università del Cile. La città mi è piaciuta tantissimo. Ho deciso di tornare. Ho partecipato al bando e sono stata ammessa ad un Master in Ortodonzia, per il quale sono tornata nel 2015 per un anno. Poi il prof. Vincenzo D’Antò (docente di Malattie odontostomatologiche) mi propose di restare per il dottorato. A ottobre 2016 ho superato il test. A febbraio 2017 ho iniziato”.
Come sono stati i quattro anni qui?
“Belli e impegnativi. Vedo pazienti e tengo lezioni di igiene dentale e ortodonzia”.
Come sono gli studenti napoletani?
“In generale mi piacciono perché sanno molto, ma la pratica è poca. In Cile arrivi all’università alle 8 e fino alle 13 vedi solo pazienti. Poi c’è lezione per un’ora e si torna in reparto fino a sera. C’è sempre una correlazione tra studio e approccio clinico”.
Clinica a Napoli. Cosa ha imparato?
“La parte di ortodonzia invisibile che in Cile non è frequente perché costosa. Il mio tutor, Vincenzo d’Antò, se ne occupa. Abbiamo avuto nel tempo risultati incredibili”.
Un caso disperato andato a buon fine?
“Un paziente di quarant’anni. Diversi studi gli avevano detto di dover togliere tutti i denti. Con terapia parodontale e trattamento ortodontico glieli abbiamo salvati”.
Suoi colleghi sostengono: “tra poco parla pure napoletano”…
“Qualche volta, in altre città me lo hanno fatto notare. Mi capita di usare espressioni del tipo ‘che amma fa’,’mmo mmo’, ma non lo parlo veramente. Però lo capisco”.
Cosa le è piaciuto di più finora?
“La città. Penso di essere nata qui in un’altra vita”.
Ci sarà un posto preferito…
“La chiesa del Gesù Nuovo. La prima volta mi sono commossa. Ancora oggi quando ci entro provo sensazioni forti”.
Cibo: scontato parlare di pizza?
“Non mi sono ancora abituata al cibo napoletano. Giuro, mi piace la pizza, ma non la mangio tutte le settimane. Pure la pasta è buona, ma non concepisco l’abitudine di mangiarla tutti i giorni”.
Del Cile cosa le manca invece?
“Il riso. Poi mi manca casa mia, che comprai prima di partire”.
Andarsene con un lavoro e una casa appena acquistata. Ci vuole coraggio.
“Oggi penso di sì. Però ero così abituata a vivere da sola che non ho avvertito tanto la distanza. Sono nata ad Arica, a duemila chilometri da Santiago. Quindi già lo studio mi ha portato lontano dalla famiglia. Mi sono sentita più parte di Napoli che di Santiago. Questi quattro anni sono passati in fretta”.
Futuro: restare, tornare o andare altrove?
“Al momento non lo so. Cerco di non pianificare molto la mia vita perché quando l’ho fatto, poi è avvenuto il contrario. Penso a finire il dottorato nel 2020”.
Ciro Baldini
È vero che segue il calcio e che tifa Napoli?
“Sì. Sono qui da tanto tempo, mi sono appassionata”.
Calciatore preferito?
“Koulibaly. In Cile il mio papà è stato calciatore professionista ed era difensore. Quando viene a trovarmi, andiamo allo stadio”.
Quando comincia la sua avventura a Napoli?
“La prima volta sono venuta nel 2014 per un corso di un mese. Ero professoressa all’Università del Cile. La città mi è piaciuta tantissimo. Ho deciso di tornare. Ho partecipato al bando e sono stata ammessa ad un Master in Ortodonzia, per il quale sono tornata nel 2015 per un anno. Poi il prof. Vincenzo D’Antò (docente di Malattie odontostomatologiche) mi propose di restare per il dottorato. A ottobre 2016 ho superato il test. A febbraio 2017 ho iniziato”.
Come sono stati i quattro anni qui?
“Belli e impegnativi. Vedo pazienti e tengo lezioni di igiene dentale e ortodonzia”.
Come sono gli studenti napoletani?
“In generale mi piacciono perché sanno molto, ma la pratica è poca. In Cile arrivi all’università alle 8 e fino alle 13 vedi solo pazienti. Poi c’è lezione per un’ora e si torna in reparto fino a sera. C’è sempre una correlazione tra studio e approccio clinico”.
Clinica a Napoli. Cosa ha imparato?
“La parte di ortodonzia invisibile che in Cile non è frequente perché costosa. Il mio tutor, Vincenzo d’Antò, se ne occupa. Abbiamo avuto nel tempo risultati incredibili”.
Un caso disperato andato a buon fine?
“Un paziente di quarant’anni. Diversi studi gli avevano detto di dover togliere tutti i denti. Con terapia parodontale e trattamento ortodontico glieli abbiamo salvati”.
Suoi colleghi sostengono: “tra poco parla pure napoletano”…
“Qualche volta, in altre città me lo hanno fatto notare. Mi capita di usare espressioni del tipo ‘che amma fa’,’mmo mmo’, ma non lo parlo veramente. Però lo capisco”.
Cosa le è piaciuto di più finora?
“La città. Penso di essere nata qui in un’altra vita”.
Ci sarà un posto preferito…
“La chiesa del Gesù Nuovo. La prima volta mi sono commossa. Ancora oggi quando ci entro provo sensazioni forti”.
Cibo: scontato parlare di pizza?
“Non mi sono ancora abituata al cibo napoletano. Giuro, mi piace la pizza, ma non la mangio tutte le settimane. Pure la pasta è buona, ma non concepisco l’abitudine di mangiarla tutti i giorni”.
Del Cile cosa le manca invece?
“Il riso. Poi mi manca casa mia, che comprai prima di partire”.
Andarsene con un lavoro e una casa appena acquistata. Ci vuole coraggio.
“Oggi penso di sì. Però ero così abituata a vivere da sola che non ho avvertito tanto la distanza. Sono nata ad Arica, a duemila chilometri da Santiago. Quindi già lo studio mi ha portato lontano dalla famiglia. Mi sono sentita più parte di Napoli che di Santiago. Questi quattro anni sono passati in fretta”.
Futuro: restare, tornare o andare altrove?
“Al momento non lo so. Cerco di non pianificare molto la mia vita perché quando l’ho fatto, poi è avvenuto il contrario. Penso a finire il dottorato nel 2020”.
Ciro Baldini







