“Quand’è che un oratore si può ritenere veramente efficace?”, la prima domanda lanciata da Lino Guanciale alla folta platea di giovani presenti in aula. Quando è chiaro nell’esposizione, sicuro di sé, procede per esempi, è in grado di variare il tono di voce, mantiene sempre il contatto visivo con l’audience, va dritto al punto: le prime risposte elencate in ordine sparso dagli studenti di Ingegneria. Ebbene, dice Guanciale, “sono tutte vere”. Esistono, però, delle buone norme e criteri ineludibili per imparare a destreggiarsi nella grammatica di gestione della comunicazione frontale. “In qualsiasi contesto professionale, che sia afferente all’ambito dell’economia o del business, vi capiterà un giorno di dover prendere parte a una company presentation, un discorso cioè di pochi minuti in cui dovrete dimostrare di essere convincenti, persuasivi e sintetici”. Non c’è bisogno di andare in panico. Come per gli esami, anche per imparare a parlare in pubblico c’è da studiare. “Per me è stato interessante fin da subito cogliere l’invito degli studenti, proprio io che vengo da una famiglia di ingegneri, perché ci sono dei punti cardine del discorso ingegneristico, la sua concretezza per esempio, che dovete trasformare in un punto a vostro vantaggio”. D’altronde, l’ingegnere è uno che “individua i problemi ed enuclea le soluzioni per risolverli”. Alcuni di questi step, frutto delle esperienze teoriche e professionali nel campo della recitazione, attingono proprio alle basi del mestiere teatrale. Il primo esercizio riguarda il volume della voce e il suo livello di equalizzazione. “Parlare in pubblico significa includere e toccare tutte le persone che si trovano nello spazio dato, dalla prima all’ultima fila, essere dispendiosi nell’energia vocale profusa, così che nessuno debba percepire fatica nel seguire le parole”. La voce deve essere inclusiva, forte e solida. “Si può educarla, certo, attraverso esercizi di respirazione. Ma può rivelarsi molto più utile in uno speech stilare prima un progetto, un canovaccio delle cose da dire”. Ogni discorso deve essere settato su un timing specifico e mostrare un’abilità sintetica. Può aiutare la memoria l’impiego delle slide, ma “attenzione a saperle usare: non devono essere troppo cariche di testo, altrimenti chi ascolta è inondato da una marea di informazioni ed è disorientato nel processo di ricezione”. Il discorso, per farsi accattivante, deve avere un suo ritmo variabile: “Bisogna calibrarlo in base ai contenuti enunciati: avanzare il passo nella fase di esplicazione, porre un accento tonale sulle parole chiave e rallentare quando si consegnano le soluzioni finali”. In questo modo, anche l’uditore “può captare visivamente lo schema dell’esposizione”. Che sia pronunciato da un ingegnere o un attore, “ciò che comanda è sempre il testo”, che va opportunamente articolato. “Articolare vuol dire spiaccicare bene tutte le sillabe col massimo sforzo per ottenere il minimo risultato, diversamente da come si parla nella vita di tutti i giorni, soprattutto quando si ricorre al dialetto”. Tenere poi il pubblico nel proprio campo visivo e costruire un ponte di sguardi tra chi parla e chi ascolta. Rispettando questi pochi elementi e allenando con continuità la routine tecnica, “si possono superare i primi 10 secondi del momento suppliziale in cui si è governati dall’ansia, si rilasciano endorfine e si auto-alimenterà la fiducia in se stessi”. Recitare un testo o raccontare una storia implica anche un movimento nello spazio: “Bisogna muoversi quando il testo segnala una linea di demarcazione tra due passaggi, uno scarto del discorso che conduce a una diversa articolazione del pensiero. I movimenti, tuttavia, devono essere riconoscibili: partire da un punto per giungere in un altro. Movimenti parassitari, passettini, o una cattiva postura possono essere indice di insicurezza o disinteresse”. In un’aula non esistono posizioni canonicamente giuste dove collocarsi, “non bisogna però approfittare di appoggi o oggetti che possono costringere lo sguardo dello ‘spettatore’. Starsene dietro la cattedra, ad esempio, non risulta molto efficace, poiché può frapporre un muro al dialogo. Un’ottima strategia è, invece, disporsi al centro della sala in modo da catalizzare in un unico punto l’attenzione”. Lo studio dei rapporti nello spazio tra le cose e le persone rientra nel campo d’indagine della prossemica della scena e fa capo a regole che possono tornare utili anche in un colloquio di lavoro. “Primo errore da evitare davanti a una ‘giuria’: comunicare tensione fisicamente e verbalmente, altrimenti gli esperti di risorse umane avvertiranno subito un disagio latente”. Per passare dalla teoria alla prassi bisogna partire dalla lettura dei brani, nella quale si sono cimentati a turno gli studenti con esercizi pratici modulati su un coefficiente di difficoltà: per esempio, come gestire il microfono? (o foglio e microfono, insieme?) Innanzitutto, “ponendolo a una certa distanza, non gesticolando con la mano e utilizzandolo in modo che fornisca un rinforzo alla voce naturale senza appiattirla”. Insomma, “per addomesticare l’ansia, non bisogna far altro che distrarla e conservare le ansie giuste spinti dalla necessità di comunicare”. In fondo, “progettare una nave – chiosa Guanciale – è molto più difficile che progettare una presentazione. Ed è questa un’occasione importante per voi per imparare già nel contesto formativo a fare bene il vostro mestiere, solo con qualche trucchetto in più”.
Tecniche di comunicazione efficaci per un ingegnere: voce, timing, articolazione, movimento nello spazio e contatto visivo
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