Appassionarsi ad un percorso di studio e alle materie che lo caratterizzano; faticare per raggiungere dei traguardi importanti, inseguendo sogni e obiettivi. È la vocazione dell’Università, dovrebbe essere la ragione che spinge a scegliere e seguire un cammino, affinché questo cambi il corso della nostra vita. Quali sono le discipline che appassionano di più gli studenti, quelle più formative, in grado di far intravedere possibilità fino ad allora inimmaginabili e, risvolto della medaglia, più dure, più impegnative, che richiedono pazienza e perseveranza? Lo abbiamo chiesto ad alcuni studenti di Ingegneria per l’Ambiente e il Territorio, inaugurando un piccolo ciclo di approfondimenti culturali che vedrà impegnati ragazzi e docenti nel raccontare i nuovi orizzonti della ricerca, dell’insegnamento e le sue difficoltà. Sono tre le materie fondamentali segnalate da un gruppo di ragazzi con cui ci fermiamo a parlare in un pomeriggio un po’ cupo d’autunno, nel cortile della sede di via Claudio: Idraulica, Geotecnica e Ingegneria Sanitaria Ambientale. “L’Idraulica è alla base di tutto quello che facciamo, dal momento che il nostro indirizzo si occupa prima di ogni altra cosa di acqua”, dice Martina Bruno. Un tema complesso che abbraccia argomenti di Fisica, in particolare di Fluidodinamica, e di Analisi Matematica, ma che non si riesce subito a calare nella realtà. “Non si comprende subito il risvolto pratico delle soluzioni che si può apprezzare solo in seguito”, sottolinea Claudia Taussi. Sviluppo naturale degli studi sull’Idraulica è l’Ingegneria Sanitaria Ambientale: “studia il trattamento delle acque contaminate da sostanze inquinanti, la depurazione e la potabilizzazione e, solo in minima parte, il trattamento dei rifiuti – racconta Vincenzo Iavarone – È interessante perché finalmente si capisce cosa si intende quando si parla di ciclo dell’acqua e com’è possibile che qualcosa che è stato scartato possa essere recuperato e tornare utile, rinascendo a nuova vita”. L’acqua è un bene indispensabile, imprescindibile, che in futuro diventerà sempre più scarso e, dicono i ragazzi, salvaguardarla, recuperarla, renderla di nuovo disponibile è entusiasmante. “Si può persino raccogliere l’acqua di un fiume come il Gange, nel quale bruciano cadaveri e sottoporla ad un trattamento che la rende potabile. Non sarà buona come la nostra, ma è senza dubbio bevibile”, sottolinea entusiasta Andrea Giordano. L’ultima materia, forse la più appassionante per gli studenti, è Geotecnica. Osserva le risposte del terreno in seguito alle sollecitazioni di forze esterne. Consente una migliore comprensione delle relazioni fra infrastrutture e suolo sottostante, per prevederne il comportamento in seguito all’inserimento di fondamenta, carichi esterni di varia natura e, caso particolare, sottoposto al moto di acque. “Si tratta di una disciplina che permette di svolgere studi sia preventivi che postumi sul sottosuolo, di osservare gli errori del passato e valutare la possibilità di frane e cedimenti”, spiegano Ciro Nurcato e Francesca Niespolo. “L’aspetto per me più affascinante della Geotecnica è rappresentato dal suo impiego nel campo dei Beni Culturali e la possibilità di osservare chiese antiche, monumenti e capirne le lesioni e le deformazioni subite nel tempo, ricavando dal sottosuolo informazioni archeologiche”, interviene con voce sognante Ilaria Cascella. Immaginando il futuro, provando a proiettare queste conoscenze nel mondo lavorativo, quali sono le aspirazioni che si coltivano? Cosa si immagina di poter realizzare? “Una delle cose più affascinanti è l’idea di poter trarre profitto dagli scarti. Ho letto che, negli Stati Uniti, stanno cercando di ricavare acqua da bere dalle acque reflue – dice a questo proposito Vincenzo – Ma, in prospettiva futura, l’attenzione maggiore è riservata ai rifiuti, che anche dal punto di vista mediatico sono sempre visti come il problema principale, che suscita più attenzione e preoccupazione”. “Noi ci occupiamo essenzialmente di due aspetti: trattiamo materiali per ottenerne qualcosa di utile o depuriamo qualcosa. Penso che con questi strumenti si possano fare cose molto importanti”, aggiunge Andrea. Manca qualcosa? C’è qualcosa di cui sarebbe bello occuparsi e che ancora non viene pienamente, o affatto, affrontato? “Le energie rinnovabili. Non le abbiamo ancora quasi mai studiate, eppure sono il futuro”, afferma Claudia. “Una delle questioni che rientra nella nostra sfera di competenze è l’inquinamento dell’aria, provocato dai trasporti o dalle emissioni industriali. Misurarne la quantità, valutarne la tipologia. Per esempio, noi potremmo controllare le emissioni di un’auto e intervenire in fase di progettazione, collaborando con gli ingegneri meccanici e con i progettisti. Ecco, sarebbe bello dedicarsi ad un progetto del genere già durante gli studi, sarebbe interessante e ci farebbe crescere molto”, conclude Martina.
Simona Pasquale