D’ora in avanti, in Campania, sarà obbligatoria la formazione sulla comunicazione medico – paziente in tutte le strutture sanitarie pubbliche al fine di garantire maggiore conformità alla cure, una riduzione dei contenziosi e delle aggressioni al personale stesso.
Questo dice in sintesi la legge n. 30 sul ‘rapporto medico paziente – aspetti comunicativi’ approvata dal Consiglio regionale lo scorso 16 ottobre. In ambito strettamente sanitario e non solo la patrocinatrice principale è stata la dott.ssa Rosa Ruggiero, dirigente dell’Asl Napoli 1. Che ad Ateneapoli ha detto: “è una legge di grande importanza per il futuro di tantissimi pazienti”.
Poi ha aggiunto: “saranno strutturati dei percorsi di formazione differenziati per medici ed infermieri e ci saranno dei pool di persone (medici, psicologi e altre categorie) che si occuperanno della preparazione dei programmi, che verranno poi gestiti a livello locale dalle varie strutture sanitarie”. Sugli effetti tangibili del provvedimento: “non si tratta solo di motivi etici – noi tutti sanitari abbiamo il dovere di ascoltare e di parlare con i pazienti delle loro patologie – ma anche di ragioni di carattere economico-organizzativo.
Il colloquio sereno e chiaro comporta una serie di vantaggi come una maggiore aderenza alle terapie, senza disassuefazione ai percorsi di cura, senza viaggi della speranza spesso inutili”. Così come potrebbe avere conseguenze positive anche sul fronte delle cause che si intentano verso i medici: “potrebbero ridursi notevolmente, perché spesso alla base c’è proprio un errore di comunicazione. Il paziente si rabbuia e si convince di non aver capito tutto, di non essere stato informato, e allora agisce legalmente.
Al 2019, in Italia, la media è di 36.000 cause intentate all’anno con rimborsi medi di 50.000 euro, con contenziosi che possono rivelarsi dolorosi per entrambe le parti”.
Dulcis in fundo – una questione enorme, che non sembra avere una sola soluzione – l’impatto sulle aggressioni al personale sanitario: “possono essere arginate con comportamenti più corretti, sia attraverso la prossimità, il dialogo – la scelta del luogo in questo senso ha un peso. Mi rendo conto che in alcuni ambienti è difficile, come il Pronto Soccorso: la comunicazione è complessa anche per motivi indipendenti dalla volontà dei medici, bisogna fare in fretta, bene; ciò non vuol dire che non si possano trovare dei momenti per parlare con i congiunti che sono in attesa”.
Il suggerimento: “più che a dei freddi tabelloni con i codici, molto spersonalizzanti, penso possa essere più valido avere personale addetto proprio all’informativa dei pazienti H24 nei Pronto Soccorso che periodicamente esca ogni venti minuti e comunichi con i congiunti per tenerli tranquilli.
Questi ultimi – si può pensare a un padre di un bambino – spesso restano per ore senza notizie. Si tratterebbe di una persona che parla con un’altra persona. L’umano in certi casi è fondamentale. A volte una mano su una spalla può spegnere un episodio di violenza. La comunicazione è tutto questo”.
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Ateneapoli – n.17 – 2025 – Pagina 9







