Didattica innovativa che procede “per problemi e non per malattie” per alcuni insegnamenti

Il compattamento di corsi ed esami funziona. E qualcuno, da un po’, sta provando anche a introdurre novità nell’impostazione delle lezioni. Una didattica “per problemi, invece che per malattie”. Questo emerge in sintesi da quanto riferito dai docenti di Medicina intervenuti sulle pagine di Ateneapoli che, nel corso di questo approfondimento, ha raccolto le opinioni di alcuni coordinatori del primo semestre di varie annualità per comprendere come la didattica stia evolvendo e quali siano oggi le principali priorità (o difficoltà) del percorso.

Il primo è il prof. Antonio Feliciello, a capo del semestre del terzo anno. “La situazione è abbastanza lineare – ha riferito – i corsi del primo blocco sono terminati – parliamo dell’insegnamento di Igiene e Medicina del territorio – i ragazzi sosterranno gli esami a breve, nel periodo di pausa di due settimane. Poi si riprenderà con Metodologia e Patologia generale. Non vedo grosse criticità. C’è partecipazione da parte degli studenti, anche se mai del tutto esaustiva”.

Dunque questa impostazione votata al compattamento ha dato i suoi frutti: “Come patologi abbiamo concentrato le lezioni in cinque settimane più una di attività interattiva e devo dire che il corso è ben focalizzato. L’esperienza dell’anno scorso è stata molto gratificante grazie ad aule piene.

I relativi esami della sessione invernale sono stati abbastanza proficui, incidendo anche sul numero di coloro che si sono presentati in estate, molti meno rispetto all’anno precedente”. Passando avanti, del quinto anno ha parlato il prof. Alberto Cuocolo: “Le lezioni sono slittate nella fascia pomeridiana per lasciare spazio alle attività professionalizzanti nei reparti al mattino. Abbiamo notato che la risposta è molto più puntuale in questo caso, rispetto alla didattica frontale in aula”.

Diversi i motivi di questa ‘preferenza’: avvicinandosi sempre di più alla fine del percorso “si avvicinano alle attività pratiche” e anche perché gli ultimi anni risentono di “alcuni problemi” relativi al triennio preclinico che “rallentano il percorso”. Alcune problematiche di carattere generale e strutturale sono, però, “gli spazi per gli studenti, alcune aule sono state ristrutturate mentre altre sono ancora coinvolte da lavori e poi con il semestre filtro questo tipo di situazioni si sono amplificate perché abbiamo dovuto accogliere un numero decisamente più elevato di ragazzi”.

Ha chiuso, infine, il prof. Raffaele Iorio, coordinatore del primo semestre del sesto anno, quello conclusivo del Corso. “Soprattutto in Pediatria generale e specialistica (il docente è il titolare, ndr) stiamo erogando una didattica innovativa da circa tre anni”. Che procede “per problemi e non per malattie”. Il professore è entrato nel dettaglio: “ogni lezione viene tenuta da due docenti, per promuovere un approccio più interattivo con gli studenti, per stimolare maggiormente il loro spirito critico, per dar loro modo di intervenire, porre quesiti; li educhiamo a consultare la letteratura e le migliori evidenze disponibili. E devo dire che il corso è frequentato con assiduità e entusiasmo”.

La diversa metodologia ha uno scopo preciso: “i nostri sono studenti che da qui a un anno – anche meno – conseguiranno la laurea e l’abilitazione, cioè saranno medici chirurghi. E nella realtà, al medico non si presenta il paziente con l’artrite reumatoide o con il diabete, ma un paziente che ha dei sintomi. Cefalea, dispnea, compromissione di un’articolazione. E i ragazzi devono abituarsi a questo: al ragionamento. Personalmente sono entusiasta, credo sia un’impostazione innovativa e stimolante anche se c’è bisogno che anche il sistema vada a regime, perché per anni siamo stati abituati a tutt’altro”.

E in vista proprio della fine del percorso – quantomeno della Magistrale a ciclo unico – l’occasione è buona anche per ragionare sulla Specializzazione. Che fare: seguire le ambizioni o guardare alle necessità contingenti? Iorio ha detto: “capita spesso che sia questione di opportunità, perché dipende anche dalla posizione in graduatoria. La mia idea è che gli studenti sono abituati a fare scelte sulla base di emozioni, sensazioni che non sempre derivano dalla frequenza dei reparti.

Per questo dico loro che tutte le discipline sono belle e interessanti e che dipende anche da come le si svolge; bisogna essere possibilisti e aperti. In più, credo bisogni tener conto delle occasioni che il mondo del lavoro offre in certi momenti”.
Claudio Tranchino

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Ateneapoli – n.18 – 2025 – Pagina 32

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