L’immagine corporea oggetto di ricerca delle scienze psicologiche

Tra i temi di ricerca più attuali nel campo delle scienze psicologiche, quello dell’immagine corporea occupa oggi uno spazio centrale. A parlarne è la prof.ssa Daniela Caso, docente di Psicologia Sociale e Coordinatrice del Corso di Laurea Magistrale in Psicologia, che da anni guida studi e tesi su questo argomento.

“L’immagine corporea si riferisce alla rappresentazione mentale che ciascuno ha del proprio corpo, della sua forma e delle sue dimensioni, ma anche ai sentimenti e ai comportamenti che derivano da questa percezione – spiega la docente – È un costrutto complesso e multidimensionale, che comprende una componente percettiva – cioè come percepiamo la taglia e la forma del nostro corpo – una componente affettiva, legata ai sentimenti che proviamo verso di esso, e una comportamentale, che riguarda il modo in cui ci comportiamo in relazione al nostro corpo, per esempio nelle scelte alimentari, nell’attività fisica o nel ricorso alla chirurgia estetica”.

Un costrutto dinamico, continuamente negoziato attraverso i processi di socializzazione e il confronto sociale, e influenzato dagli ideali estetici dominanti veicolati dai media. “Viviamo in un contesto che ci espone costantemente a modelli di bellezza irraggiungibili – osserva Caso – Tutto questo incide profondamente sul benessere psicologico, sull’autostima, sulle relazioni interpersonali e persino sui processi di costruzione dell’identità personale e sociale”.

Quando la valutazione di sé diventa negativa, si parla di insoddisfazione corporea. “Nasce dal confronto con standard estetici interiorizzati e dalla discrepanza tra il corpo reale e quello ideale – prosegue – Questa distanza può portare a una distorsione dell’immagine corporea, che può essere di tipo percettivo, quando, ad esempio, si sovrastimano o sottostimano alcune parti del corpo, o affettivo, quando prevalgono emozioni di disagio e rifiuto”.

Il gruppo di ricerca della prof.ssa Caso fa riferimento al modello di influenza tripartito, che individua tre principali fonti socioculturali: famiglia, gruppo dei pari e mass media. “La famiglia può influenzare attraverso commenti o atteggiamenti sull’aspetto fisico, i pari tramite la pressione sociale e il confronto costante, i media attraverso la diffusione di ideali di bellezza irrealistici. Tutti e tre questi fattori agiscono su due meccanismi psicologici: l’interiorizzazione degli ideali estetici e il confronto basato sull’aspetto”.

L’interiorizzazione si manifesta quando una persona accetta gli ideali di bellezza dominanti e si impegna a ridurre lo scarto tra il proprio corpo e quello ideale. “È un meccanismo che oggi si riflette, ad esempio, nel crescente ricorso alla chirurgia estetica tra le giovani donne – nota la docente – Il confronto basato sull’aspetto, invece, porta a valutare se stessi e gli altri unicamente in base al corpo, alimentando un circolo vizioso di giudizio e autocritica”.

Un concetto chiave, strettamente collegato, è quello di auto-oggettivazione. “Significa interiorizzare lo sguardo dell’osservatore su di sé. È come se la persona cominciasse a vedersi attraverso occhi esterni, valutandosi solo in termini di attrattività e utilità. Questo porta ad una consapevolezza corporea ipercritica, che amplifica l’insoddisfazione e induce a concentrarsi sempre di più sull’aspetto esteriore, talvolta fino a nasconderlo per vergogna o disagio”.

Negli ultimi anni il gruppo della docente ha sviluppato diversi filoni di ricerca empirica. Tra questi, l’analisi dei video ‘What I eat in a day’, diari alimentari diffusi sui social che hanno superato miliardi di visualizzazioni. “Abbiamo raccolto circa cinquecento questionari da giovani donne italiane tra i 18 e i 25 anni – racconta – Alle partecipanti sono stati mostrati video a contenuto ipercalorico, ipocalorico o neutro.

I risultati preliminari mostrano che, dopo la visione, cambiava l’intenzione di mangiare cibi sani: chi aveva visto video ipercalorici tendeva a voler mangiare di più e in modo meno salutare, mentre chi aveva visto video ipocalorici mostrava una maggiore intenzione di scegliere cibi sani. È un segnale forte: anche brevi esposizioni a contenuti social possono influenzare le scelte alimentari quotidiane”. Un altro studio ha indagato il movimento Body Positive, nato per promuovere l’accettazione di ogni tipo di corpo.

“Abbiamo analizzato post e profili di influencer legate a questo movimento. In alcuni casi abbiamo notato che i contenuti risultano fortemente sessualizzati. Invece di ridurre l’autocritica, finiscono per favorire l’auto-oggettivazione: il corpo viene percepito come un oggetto da osservare e giudicare. Da qui l’idea di un ‘lato oscuro’ del Body Positive”.

A completare il quadro, una prospettiva più positiva: quella dell’autocompassione. “È la capacità di essere gentili e comprensivi con se stessi, anche di fronte alle difficoltà – sottolinea – I nostri studi su oltre ottocento partecipanti mostrano che l’autocompassione è un fattore protettivo: migliora la soddisfazione corporea, favorisce stili di vita più sani e aiuta a resistere alla pressione dei modelli estetici irrealistici”.

Un messaggio che guarda soprattutto ai più giovani. “È importante promuovere consapevolezza, non solo critica – conclude Caso – Lavorare su queste dimensioni significa offrire strumenti per costruire un rapporto più equilibrato e sereno con il proprio corpo”.

Si tratta dunque di filoni di ricerca vivi, che uniscono teoria psicologica e fenomeni sociali. Tutti gli studenti interessati possono contattare la docente via e-mail e richiedere il ricevimento: “c’è spazio per tesi empiriche e applicative, capaci di esplorare come la mente e la società si riflettono, letteralmente, nello specchio dell’immagine corporea”.
Gi. Fo.

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Ateneapoli – n.18 – 2025 – Pagina 23

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