Da Napoli alla Cina, dove hanno vissuto in un campus a contatto con i loro coetanei universitari di quel paese, hanno ascoltato lezioni tenute dai docenti federiciani – c’era anche il prof. Gennaro Miele, Direttore del Dipartimento intitolato ad Ettore Pancini – e da quelli del posto, hanno visitato alcune città. È l’esperienza vissuta dal 14 al 30 luglio da 14 ragazze e ragazzi del Dipartimento di Fisica federiciano e uno studente dell’Università di Trieste, i quali hanno partecipato alla prima edizione della PAI Summer School, acronimo di Physics, Astronomy and AI.
Due settimane di lezioni, seminari e laboratori, ospitati dal campus della Sun Yat-sen University (SYSU) di Zhuhai, nel Guangdong. La Scuola si inserisce nell’accordo bilaterale siglato tra la Federico II e la SYSU, con l’obiettivo di formare giovani ricercatori nei campi della fisica delle particelle, dell’astrofisica e dell’intelligenza artificiale. “Abbiamo seguito le lezioni in inglese dei professori che erano partiti con noi da Napoli e dei docenti cinesi e lavorato in gruppi misti ad un progetto”, racconta Christian Ascione, ventunenne che sta per tagliare il traguardo della Laurea Triennale e frequenta la Scuola Superiore Meridionale. Ma c’è stato anche il tempo “di visitare Shenzhen, Hong Kong, Macao”.
I primi giorni sono stati un po’ complicati a causa della barriera linguistica e del cibo molto diverso. “I colleghi cinesi non parlavano bene l’inglese, ma alla fine siamo riusciti comunque a capirci, a discutere, a confrontare le nostre esperienze. Abbiamo scoperto che, nonostante le differenze – lì c’è un test nazionale che determina il percorso di laurea e gli esami sono tutti scritti -, le problematiche degli universitari sono comuni sotto ogni latitudine. Dei ragazzi cinesi mi ha sorpreso il grande senso di disciplina e la grande responsabilità con la quale affrontano il percorso universitario”.
Quanto al cibo: “Ho mangiato cose molto esotiche. Zampe di galline – una specialità del sud -, intestini di anatra e molte carni sconosciute, perché era tutto scritto in cinese. Mi sono comunque adattato. Stesso discorso per gli orari dei pasti: colazione alle 7.30, e fin lì non cambiava molto, ma pranzo alle 11.30 e cena alle 17.30”. Buono il soggiorno nel campus che è “immerso in un bel contesto naturale. Abbiamo visto tanti alberi, verde, rane, uccelli, stagni.
Interessanti dal punto di vista paesaggistico anche alcuni dei posti che abbiamo visitato all’esterno dell’Ateneo”. Così la sistemazione: “Le nostre stanze erano doppie. Più grandi e spaziose, ho avuto poi occasione di scoprire, rispetto a quelle dei cinesi che frequentavano il campus. L’Università provvedeva a dotarci del necessario, dai prodotti di igiene all’acqua da bere. Noi italiani potevamo rientrare all’orario che volevamo la sera diversamente dai colleghi cinesi che avevano un orario rigido di rientro”.
Esperienza formativa dal punto di vista umano (“lo scambio con gli studenti cinesi mi ha arricchito”) e scientifico per la qualità delle lezioni (“specialmente quelle tenute dai nostri docenti, i professori cinesi non parlavano tutti molto bene l’inglese e per questo talvolta seguirli era un po’ complicato”). Christian, poi, segnala “una bellissima conferenza di Anthony Zee, fisico di spicco”. Zee insegna Fisica al Kavli Institute for Theoretical Physics presso l’Università della California a Santa Barbara. Autore di un’influente trilogia di manuali universitari, ha firmato oltre 200 pubblicazioni scientifiche su riviste internazionali.
Cinese di nascita, si è formato tra Princeton e Harvard. “Dopo la conferenza – ricorda lo studente – si è trattenuto a chiacchierare con noi italiani. Per me è stata un’esperienza interessante perché ho avuto uno scambio illuminante riguardo le traiettorie che un giovane studente di Fisica deve perseguire, qualora voglia proseguire nell’ambito della ricerca”.
Unica nota negativa: “ci siamo sentiti un poco controllati lì. Abbiamo dovuto passare la frontiera sei volte, perché l’ingresso a Macao ed Hong-Kong (sono zone speciali dal punto di vista amministrativo, n.d.r.) richiede procedure molto minuziose. E quindi fornire tanti dati, comprese le impronte digitali e della retina. Siamo sempre stati accompagnati da qualcuno dell’Università cinese ovunque andassimo, non siamo mai stati soli”.
Fabrizio Geremicca
Scarica gratis il nuovo numero di Ateneapoli
Ateneapoli – n. 13-14 – 2025 – Pagina 16