Workshop internazionale sulle ricerche nel campo dell’idraulica fluviale

Dal 15 al 17 settembre si è svolto presso i Dipartimenti di Ingegneria Civile, Edile e Ambientale (Dicea) e di Scienze della Terra, dell’Ambiente e delle Risorse (Distar) un workshop internazionale dedicato sulle ultime ricerche nel campo dell’idraulica fluviale e nello specifico sullo studio del trasporto solido in fiumi effimeri ramificati con letto in ghiaia.

A coordinare l’evento sono stati i professori Giuseppe Del Giudice per il Dicea e Diego Di Martire per il Distar, con la partecipazione di ricercatori provenienti da università italiane e internazionali, tra cui Stati Uniti e Francia. Tra i presenti anche il prof. Angelo Leopardi (Università di Cassino), esperto di sistemi fluviali complessi, e la prof.ssa Enrica Viparelli. In particolare, la dott.ssa Valeria Guadagno, addottorata dell’Università di Cassino in collaborazione con la Federico II, ha presentato i risultati della sua ricerca, che si basa su un utilizzo innovativo della tecnologia satellitare SAR (Synthetic Aperture Radar).

“Il progetto ha alla base un modo completamente nuovo di utilizzare i dati SAR – spiega la dott.ssa Guadagno – Si tratta di una tecnologia normalmente impiegata per monitorare il movimento del suolo in caso di frane. Noi invece la stiamo applicando ai fiumi effimeri, per identificare le zone morfologicamente attive, ossia le aree in cui si sono verificati spostamenti significativi dopo eventi piovosi”.

Il fiume protagonista di questo studio è il Trionto, situato in provincia di Cosenza, il cui delta sfocia nel Mar Ionio. È su questo corso d’acqua che, nei due giorni successivi ai seminari iniziali, i partecipanti al workshop hanno effettuato rilievi e misurazioni sul campo. “Un fiume effimero, sembra del tutto asciutto – prosegue Guadagno – Ma, attraverso il confronto di immagini satellitari prima e dopo un evento piovoso, il satellite può dirci dove il letto del fiume è cambiato. Dove c’è stato movimento. Questo ci permette di ricostruire il comportamento del fiume anche senza vederlo direttamente”.

Il trasporto solido è infatti uno dei fenomeni chiave per comprendere la dinamica di un corso d’acqua: la quantità di materiale solido che un fiume riesce a trasportare può avere forti implicazioni anche in termini di rischio idrogeologico. “Una potenziale applicazione – aggiunge – è fornire un sistema di supporto alle decisioni, utile anche alla pianificazione territoriale. Capire quanto materiale può muovere un fiume aiuta a valutare la pericolosità di certe aree e quindi a supportare chi deve decidere dove costruire, dove intervenire o dove evitare insediamenti”.

La vocazione internazionale dell’evento è stata uno dei suoi punti di forza. “Non ci siamo limitati al contesto italiano, ma abbiamo avuto modo di confrontarci con ricercatori che lavorano in Europa e negli Stati Uniti – racconta la dott.ssa Guadagno – Per me, che ero la più giovane tra i partecipanti, è stato estremamente formativo: ho potuto ascoltare e imparare direttamente da studiosi con esperienze molto diverse dalla mia”.

Ogni partecipante ha presentato il proprio caso studio: “e illustrato i risultati della propria ricerca mettendo a disposizione del gruppo dati, metodi e approcci applicati a contesti differenti. Questo ha permesso a tutti di riflettere su come adattare certe soluzioni anche al proprio ambito di studio”.

Il filone di ricerca continuerà: “Siamo sulla buona strada per comprendere l’evoluzione di alcune tipologie di corsi d’acqua, e adesso abbiamo anche vinto un progetto bandito dall’Agenzia Spaziale Italiana – conclude il prof. Del Giudice – per procedere sul campo, validare i dati che noi acquisiamo dal satellite e studiare il rischio geologico”.
Eleonora Mele
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Ateneapoli – n.15 – 2025 – Pagina 14

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