Fujtevenne. Eduardo De Filippo ha pronunciato questa amara esortazione decenni fa rivolgendosi ai giovani del suo tempo. Interpretata nei modi più disparati, per alcuni controversa, l’espressione ha ancora una sua ragion d’essere in tutto il Sud del Paese e non solo – purtroppo. E pare proprio che quell’invito ad andarsene sia stato ascoltato, leggendo i dati sulla ‘fuga dei cervelli’, sullo spopolamento e sulla migrazione dei giovani dal Meridione.
Del fenomeno si è discusso lo scorso 17 novembre al Dipartimento di Scienze Politiche in ‘How can European Regions and Cities stop the brain drain and attract new talent?’, iniziativa che rientra nella European Week of Cities and Regions. Oltre a diversi docenti della Vanvitelli e di altri Atenei del Sud, erano presenti rappresentanti dell’Istat (tra i promotori) come la dott.ssa Simona Cafieri e il dott. Edoardo Manca del Censis, che il 12 novembre ha pubblicato un rapporto con Confcooperative sulla ‘fuga dal Mezzogiorno’.
E i dati che emergono lasciano sguarnito un buco nero pieno di domande sul Sud che stentano a trovare risposte. Nel solo 2023/2024, ben 134.207 studenti universitari residenti al Sud si sono iscritti in Atenei del Centro e del Nord – Roma la città più gettonata con 32.895 studenti provenienti dal Meridione, a seguire Milano con 19.090, Torino con 16.840, Bologna con 11.813 studenti e Pisa con 6.381. E tra la tante conseguenze negative di questa migrazione c’è la perdita in termini innanzitutto economici per le Università del Mezzogiorno, che così non vedono entrare nelle proprie casse 157,4 milioni di euro in tasse – tra l’altro al Sud queste sono più basse che al Nord, con 1.173 euro contro 2.066 euro.
E infatti, alla fine della fiera, le tasse che gli studenti del Mezzogiorno pagano al Centro-Nord arrivano a 277,2 milioni di euro e come se non bastasse il conto per le famiglie meridionali è ancora più salato perché sostenere i propri figli da lontano implica un esborso di altri 120 milioni di euro annui. Il cosiddetto controesodo – difficile pure definirlo così – è quasi irrilevante: sono solo 10.228 gli studenti che si spostano dal Centro-Nord al Sud. In soldoni, la perdita netta per le università del Mezzogiorno ammonta a 145,4 milioni di euro. Ma la questione tocca pure i laureati, che sono in 36.000 ogni anno a lasciare i territori più depressi del Paese in direzione Nord Italia o estero.
“La fuga dei nostri giovani verso il Settentrione e altri Paesi europei è costante e questo aumenta il gap tra gli introiti delle nostre Università e quelle del Nord”, ha detto ad Ateneapoli la prof.ssa Rosanna Verde del Dipartimento di Matematica e Fisica, che ha introdotto il convegno e ha coordinato il Q&A con i relatori. Su quali possano essere le soluzioni per provare a far rientrare chi è andato via o a far restare chi è ancora sul territorio, Verde ha detto: “se ci fossero offerte appetibili, sia in termini di salari che di condizioni lavorative, è chiaro che i nostri giovani resterebbero e investirebbero nel proprio futuro nei nostri territori. È importante che vadano fuori, dato che sono cittadini europei.
Ma si può anche ritornare. Il punto è che l’arresto dello spopolamento è legato alle offerte per i nostri ragazzi. Spesso vengono proposti loro salari non adeguati alla loro preparazione”. Lascia riflettere la strada intrapresa dai laureati dell’ultima sessione – tutti con 110 e lode – che “lavorano dal giorno prima della laurea a Roma e Milano. Sono investimenti persi”. Verde ha aperto anche un ulteriore fronte interno alla discussione sull’attrazione di studenti internazionali – Matematica offre due Corsi in inglese, la Triennale in Data Analytics e la Magistrale in Data Science.
“Ne abbiamo tanti da noi, ci puntiamo molto, tuttavia alla fine del percorso si presenta lo stesso problema: non riusciamo a trattenerli. Vanno via, anche se vorrebbero restare. Le imprese cercano tanti data scientist, ma c’è pure cattiva comunicazione. Noi investiamo tanto, ma alla fine manca il contatto con il mondo del lavoro per creare condizioni occupazionali idonee. La politica dovrebbe agevolare anche questi ragazzi offrendo servizi per una migliore integrazione – facilitare l’assistenza medica, asciugare la burocrazia per ottenere visti. Sono una ricchezza, bisogna capirlo”.
Il prof. Antonio Tisci, Vicedirettore del Dipartimento di Scienze Politiche, ha usato una formula molto efficace: “la nostra non è una crisi di capacità, ma di prospettive”. Su migrazione e spopolamento ha detto: “è un fenomeno strutturale, paghiamo lo scotto di una formazione di grande qualità, sia nel percorso scolastico che universitario, che si scontra poi con l’incapacità di trattenere i ragazzi nei territori attraverso condizioni di lavoro adeguate ai loro standard. Esportiamo cervelli, culture, ma perdiamo il patrimonio costruito con fatica negli anni”.
Il rischio serio è di “trasformare il Sud in un territorio troppo anziano per immaginare un futuro. Non possiamo lasciare che diventi la Disneyland del domani, cioè un luogo di accoglienza di un turismo mordi e fuggi. È importante che la politica dia vita a un nuovo processo di industrializzazione – penso al comparto della digitalizzazione, al turismo stesso. A cascata questo può rappresentare una ripresa anche per le occupazioni più tradizionali. La classe dirigente deve porsi il problema di come offrire una prospettiva di lavoro seria e sostenibile ai nostri ragazzi”.
Claudio Tranchino
Scarica gratis il nuovo numero di Ateneapoli
Ateneapoli – n.19-20 – 2025 – Pagina 33







