Pandemia: salute mentale e difficoltà psicosociali

“L’epidemia da COVID-19 causerà un incremento dei disturbi mentali e delle difficoltà psicosociali durante la pandemia, ma soprattutto dopo!”. A dirlo è il prof. Andrea Fiorillo, docente di Psichiatria, dirigente medico presso la Clinica Psichiatrica dell’Università Vanvitelli, nonché Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale. È per questo che, sul sito dell’Ateneo, è stato diffuso un link ad un questionario per il monitoraggio dell’eventuale insorgenza di problemi di salute mentale. “Stiamo vivendo una fase difficile della nostra esistenza da un punto di vista sociale e psichiatrico – racconta il prof. Fiorillo – Il progetto nasce da un’idea condivisa con alcuni colleghi di altre università italiane. Ci siamo resi conto che, in seguito all’emergenza dovuta al COVID-19, la salute mentale della popolazione italiana è passata in secondo piano, proprio in un momento in cui l’allerta dovrebbe essere al massimo. È facile prevedere che i problemi psichiatrici saranno molto diversi a seconda della popolazione. Ci aspettiamo, infatti, conseguenze diverse sulle persone: quelle esposte al virus corrono il rischio di sviluppare un disturbo post-traumatico da stress o patologie legate al lutto eventualmente vissuto per la perdita di una persona cara; le persone non esposte potrebbero sviluppare paure per il futuro o l’adozione di comportamenti disfunzionali, come il ricorso a rituali ossessivi (lavaggio delle mani in maniera ripetitiva, ad esempio); gli operatori sono esposti al rischio di burn-out (condizione esasperata di esaurimento), nonché disturbi correlati a traumi e stress prolungato; infine si hanno quei pazienti che soffrono già di disturbi mentali che, purtroppo, sono soggetti a una riacutizzazione dei sintomi psichiatrici”. Ma quali possono essere, praticamente, i sintomi e gli effetti psicologici della pandemia? “Gli effetti più importanti sono sia individuali che sociali. A livello individuale, ci aspettiamo un aumento dei sintomi depressivi, ansiosi, ossessivi, legati al sonno. Inoltre, non è da trascurare l’aumentato rischio di suicidio e di comportamenti violenti all’interno delle mura domestiche, come testimoniato anche da un incremento delle richieste di aiuto da parte delle donne nel mese di marzo. A livello sociale, invece, si sta diffondendo il virus della paura, della sospettosità, dell’insicurezza per il futuro. Ci avviamo a una nuova era sociale, in cui inevitabilmente i contatti sociali verranno sostituiti – o comunque affiancati – da quelli virtuali. Ecco, Internet – che finora ha rappresentato un’ancora di salvezza per molte persone – nasconde in realtà molti rischi, soprattutto per i giovani”. Riguardo alla possibilità di prevenzione dei rischi, “innanzitutto è importante l’informazione! Ma deve essere chiara, non ambigua, e fornita solo da fonti autorizzate e accreditate. Nella realtà domestica è bene cercare di ripensare la propria vita di oggi e di domani, cercando di imparare qualcosa di positivo da questa situazione. Il virus ci ha messo di fronte alle nostre debolezze, quelle di una società liquida che basa il proprio valore sull’apparire più che sull’essere. Non modifichiamo troppo la nostra routine quotidiana. Consiglio di mantenere orari regolari per il sonno e la veglia, fare attività fisica o rilassante, evitare pasti troppo pesanti e l’utilizzo di alcolici. Anche il lavoro, seppure da casa, deve essere regolato e scandito da orari quanto più possibile precisi: il fatto di lavorare da casa non significa che l’orario vada esteso oltre quello abituale. E, infine, se tutto questo non dovesse servire e dovessimo superare la soglia di gestione dello stress, possiamo fare ricorso agli operatori della salute mentale. Stiamo mettendo a punto interventi per il sostegno psicologico delle persone affette da COVID-19 che potranno essere forniti anche a distanza”. Gli effetti si potranno manifestare nel lungo periodo? E ci sono delle fasce maggiormente colpite? “È probabile che gli effetti sulla salute mentale saranno peggiori dopo, quando la fase acuta sarà terminata e dovremo iniziare la fase della ricostruzione. Quello è il periodo che, da psichiatri, ci fa più paura. Per quanto riguarda le fasce più colpite, naturalmente parliamo di quelle più fragili: le persone anziane, a rischio di solitudine e lutti; quelle che versano in condizioni economiche precarie, che maggiormente risentiranno delle conseguenze economiche della pandemia e che non hanno accesso a fonti di informazioni adeguate. Vorrei però citare anche i bambini e gli adolescenti, per i quali lo stare in compagnia e all’aria aperta migliora le condizioni fisiche generali e la capacità di socializzazione. E nelle fasce fragili, ovviamente, dobbiamo includere le persone affette da malattie croniche invalidanti, come i disturbi mentali. Penso che molti sforzi dovranno essere loro rivolti, affinché ricevano cure e supporti adeguati”. 
Il questionario può essere compilato sul sito di Ateneo e cliccando sul link proposto, che rimanda a un sito messo a disposizione della Comunità Europea. Ma perché compilarlo? “Si è parlato molto di potenziali effetti della pandemia sulla salute mentale, ma studi rigorosi, attualmente, non ve ne sono. In poco più di dieci giorni hanno risposto all’intervista 20mila persone, il nostro obiettivo è arrivare almeno al doppio. Contiamo di mantenere il questionario attivo fino alla fine di maggio. Oltre ad aiutare noi ricercatori, rispondendo al questionario si ha la possibilità di guardare in noi stessi. Il tempo di compilazione non supera i venti minuti”.
 
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