Un’esperienza totalizzante per Gaia il Festival Handai Indonesia

A Jakarta è passata la mezzanotte da circa mezz’ora quando Gaia Vitiello risponde alla telefonata di Ateneapoli. È rientrata da poco dopo essere stata in giro con degli amici e, soprattutto, dopo una settimana trascorsa all’insegna del fare rete, workshop, convegni, conoscenze di alto profilo come quella con il Ministro dell’Istruzione Abdul Mu’ti.

È l’unica italiana presente, selezionata nella categoria storytelling, per partecipare alla premiazione finale del Festival Handai (letteralmente ‘amico’) Indonesia, un evento organizzato dal 26 al 31 ottobre proprio dal dicastero dell’Istruzione rivolto agli stranieri per mostrare le proprie abilità e creatività nella lingua e nella cultura indonesiana. L’iniziativa ha previsto la partecipazione in diverse categorie: poesia, narrazione, pantun (versi in rima tradizionali), canto e public speaking.

Gaia, che all’Orientale studia Lingue e Culture dell’Asia e dell’Africa ed è venuta a conoscenza della manifestazione grazie alla prof.ssa Antonia Soriente e al Collaboratore esperto linguistico, non è salita sul podio, ma ha comunque ottenuto un premio, oltre a un attestato di partecipazione e ad aver vissuto un’esperienza totalizzante: “l’organizzazione è stata perfetta, davvero incredibile. Non hanno lasciato nulla al caso”.

La studentessa ha dovuto registrare un video in cui ha raccontato una storia popolare indonesiana. Ne ha scelta una in particolare tra quelle proposte dal Festival: “viene dalla provincia di Nusantara, che si trova nell’est, ci sono molto legata essendoci stata diversi mesi fa. La storia narra di due fratelli che, dopo aver vissuto un momento difficile per alcune differenze, capiscono che queste ultime sono una forza e una ricchezza, piuttosto che un elemento di divisione”.

Andando oltre il Festival, la studentessa racconta come e quando sia nata la passione per la lingua. Senza troppi giri di parole dice: “l’inizio è stato davvero random, lo definirei quasi un colpo di fulmine”. E spiega perché: “poco prima del primo lockdown causato dal Covid, ricordo di un orientamento universitario avvenuto nel liceo di Pompei che ho frequentato e dove ho studiato cinese.

C’era proprio la prof.ssa Soriente, che fece una presentazione sull’Indonesia che mi rapì letteralmente. Da quel momento ho iniziato a pensarci sempre di più e poi l’ho scelta come lingua all’università”. A una docente che ha avuto il merito di illuminare un percorso sconosciuto, è seguito poi un cammino che si è dipanato in autonomia, sulle proprie gambe: “In Indonesia ci sono stata per la prima volta nel 2023, precisamente nei pressi di Jakarta; poi una seconda volta non molto dopo. Una terza invece a Bali, per cambiare un po’.

In tutti i casi ho sfruttato delle borse offerte dall’Orientale”. E ciò che continua a catturare la sua attenzione è “la ricchezza culturale”. “È un paese enorme in cui ogni città ha proprie tradizioni, cibi, culture e lingue. E a me rituali, cerimonie, leggende hanno sempre interessato tantissimo. Penso pure alle danze tradizionali e ai giochi: lì hanno un peso enorme e vengono custoditi e tramandati con estrema cura. E poi sono persone veramente umili”.

E anche se da lontano, non vivendoci, Gaia porta con sé pezzetti di Indonesia sempre. Innanzitutto il motto nazionale: ‘Bhinneka Tunggal Ika’ ovvero ‘unità nella diversità’ – “significa che mantengono l’unità, ma nel pieno rispetto delle diversità locali”. Poi un simbolo, il mamuli, un gioiello cerimoniale: “è un simbolo di fertilità a forma di utero femminile, mi piace moltissimo”.
Claudio Tranchino

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Ateneapoli – n.18 – 2025 – Pagina 50

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