“Visualizzare, conservare, valorizzare e comunicare” il bene culturale

“Sensibilizzare studentesse e studenti su come si possa definire in senso antropologico un bene culturale e fornire loro gli strumenti teorici e metodologici per riconoscerlo e comprenderlo in tutta la sua complessità”. Sarà questo l’orizzonte di riferimento del Laboratorio Antropologia dei beni culturali e tecnologie digitali, coordinato e diretto dalla prof.ssa Marzia Mauriello, Ricercatrice in discipline demoetnoantropologiche, destinato agli studenti della Magistrale in Saperi umanistici e tecnologie digitali. A partire dall’8 aprile, per un totale di 18 ore (tre a settimana) spalmate su 6 settimane, la docente farà riferimento ai beni materiali e, in particolare a quelli immateriali, essendo “oggetto d’indagine privilegiato dell’antropologia”.
Innanzitutto, per patrimonio culturale immateriale, stando alla definizione presente sul sito del Ministero dell’Ambiente, s’intendono “le pratiche, rappresentazioni, espressioni, sapere e capacità, come pure gli strumenti, artefatti, oggetti, e spazi culturali associati, che le comunità, i gruppi e, in alcuni casi anche i singoli individui, riconoscono come parte integrante del loro patrimonio”. Alcuni esempi riportati dalla docente: “penso a tutta una serie di manufatti come l’arte del pizzaiolo napoletano, la dieta mediterranea, entrambi vicini alla tradizione locale e campana”, ma si potrebbero citare anche le danze, feste popolari. Un tema assolutamente centrale, data anche l’importanza che riveste il patrimonio culturale in un Paese come l’Italia, tenendo presenti anche i riconoscimenti Unesco – “sono già 16 i beni immateriali riconosciuti tra il 2008 e il 2023 (ne fanno parte anche i due citati dalla stessa ricercatrice, ndr)”.
In tutto questo diventa centrale il ruolo – e l’impatto – del digitale: strumento e allo stesso tempo oggetto d’indagine. “Ha cambiato il modo di osservare la realtà in generale e, di conseguenza, anche quella culturale – riprendere qualcosa in un video muta la modalità di fruizione”. Non solo, il digitale impatta positivamente anche sulla conservazione: “esistono tanti musei e archivi digitali, sul sito dell’Unesco si trovano piattaforme interattive molto interessanti”. Ma conservare e valorizzare digitalmente significa pure rendere l’accesso più fruibile. Anzi, con un’espressione felice Mauriello parla di democratizzazione culturale”. Detto altrimenti: “il digitale non solo ha prodotto nuove forme di espressione e comunicazione ma anche ridefinito le modalità di accesso e fruizione del patrimonio culturale, materiale e immateriale”.
Infine, la docente spiega come intende coinvolgere i partecipanti, mettendo da parte la dimensione frontale in favore di una decisamente più attiva: “Alla parte teorica sarà affiancata una parte pratica, con ricerche sul campo (da svolgersi in gruppo) nel corso delle quali agli studenti e alle studentesse sarà chiesto di documentare con foto, video e interviste l’evento culturale cui prenderanno parte. Visualizzare, conservare, valorizzare e comunicare”.
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Ateneapoli – n. 3 – 2025 – Pagina 38

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