Un progetto nato come una semplice tesi Triennale si è trasformato in un’esperienza di ricerca partecipata, capace di coinvolgere la comunità e portare la scienza fuori dai laboratori. È la storia di Rossella Farina, studentessa di Scienze Biologiche, e della sua relatrice, la prof.ssa Elena Chianese, docente di Chimica dell’Ambiente e dei Beni Culturali al Dipartimento di Scienze e Tecnologie. Insieme hanno dato vita ad un’indagine sull’accumulo di metalli nell’organismo umano attraverso l’analisi dei capelli.
“L’idea iniziale – racconta la prof.ssa Chianese – era quella di sviluppare un piccolo protocollo di raccolta dei campioni: come prelevarli, conservarli, analizzarli. Ma il progetto ha suscitato un entusiasmo tale che, nel giro di poco, siamo passati da cinquanta a oltre centocinquanta campioni”. L’attività si è presto allargata, diventando un vero e proprio progetto di Terza Missione per promuovere consapevolezza ambientale e sanitaria. “Abbiamo organizzato due giornate di raccolta nella sede del Centro Direzionale e ci siamo rese conto che la ricerca poteva diventare anche un servizio al territorio.
È così che il progetto si è trasformato in un’attività volta a mostrare come la scienza universitaria possa produrre un impatto concreto”. L’interesse del pubblico non si è fermato neanche dopo la conclusione ufficiale, lo scorso 24 ottobre. “Molte persone continuano a chiederci di partecipare. Stiamo ancora raccogliendo campioni per dare risposta a tutti”, aggiunge la docente.
Dal punto di vista scientifico, l’obiettivo del lavoro è stimare l’esposizione a più fonti contaminanti contemporaneamente, un approccio ancora poco esplorato. “Di solito si studiano separatamente le diverse matrici ambientali – aria, suolo, acqua, alimenti – ma noi volevamo capire l’effetto complessivo delle varie sorgenti sull’accumulo di metalli nell’organismo. Per farlo, abbiamo scelto di analizzare i capelli, un metodo non invasivo e facilmente gestibile”.
I metalli monitorati sono circa venti, ciascuno legato ad una possibile fonte di esposizione. “Quando troviamo valori anomali – prosegue la docente – cerchiamo di dare un riscontro ai partecipanti, indicando se la causa può derivare dall’acqua, dall’alimentazione o da determinate abitudini”.
La parte sperimentale della tesi di Rossella è già conclusa. “Ho elaborato i dati dei primi sessanta campioni – racconta la studentessa – confrontandoli con la letteratura scientifica e con alcune abitudini dichiarate nei questionari: l’uso dell’acqua del rubinetto, il fumo, i trattamenti cosmetici. In generale, i risultati sono in linea con quanto riportato in altri studi, ma emergono differenze interessanti tra i diversi gruppi”. Per lei, l’esperienza è stata formativa sotto ogni aspetto: “La prof.ssa Chianese mi ha proposto questo progetto in un momento in cui non avevo ancora le idee chiare. Mi ha conquistata subito perché mi permetteva di lavorare molto in laboratorio ma anche di confrontarmi con le persone. Questa dimensione più sociale mi è piaciuta tantissimo”.
Un progetto del genere, ammette la prof.ssa Chianese, non è frequente ma neanche insolito. “Servono spazi, fondi e strumenti, ma soprattutto studenti appassionati. Rossella è stata un incontro fortunato: sempre entusiasta, disponibile, pronta a partecipare anche alle giornate di divulgazione. È un esempio di come la motivazione personale possa far crescere un lavoro ben oltre gli obiettivi iniziali”. Il Corso di Laurea in Biologia della Parthenope, sottolinea la docente, “ha una forte impronta ambientale e punta a formare biologi consapevoli del loro ruolo nella tutela del territorio.
Le competenze che Rossella ha acquisito, gestione dei campioni, catalogazione, organizzazione dei dati, sono strumenti che potrà utilizzare in qualsiasi ambito scelga di intraprendere”.
Rossella, intanto, proseguirà il suo percorso accademico alla Magistrale in Biologia per la sostenibilità nello stesso Ateneo. “Sto già seguendo i corsi del nuovo percorso.
Mi sono trovata benissimo alla Triennale – conclude – non solo con la mia relatrice, ma con tutto l’ambiente. È un luogo in cui senti che il tuo lavoro ha davvero un valore. E questo per uno studente è necessario”.
Giovanna Forino
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Ateneapoli – n.18 – 2025 – Pagina 45







