Le mani sull’arte: così si diventa restauratori

Con la pubblicazione della graduatoria degli ammessi, prende il via il nuovo anno del Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali. Il Corso, abilitante alla professione di restauratore, si conferma uno dei pochi a livello nazionale in grado di coniugare formazione teorica, esperienza pratica e inserimento professionale.

Quest’anno sono state attribuite quattro borse di studio, riservate alle candidate con i punteggi più alti. Il sostegno arriva da soggetti privati – l’Associazione dei Restauratori Napoletani, l’Augustissima Compagnia della Disciplina della Santa Croce e la San Martino Alberghi – che si sono fatti carico di parte dei costi di immatricolazione. Non si tratta di un intervento risolutivo, ma è comunque un segnale di riconoscimento verso un percorso che richiede un investimento notevole in termini di tempo e di risorse.

Del resto, il Corso di Laurea garantisce un supporto concreto sul piano tecnico: “l’equipaggiamento per i giovani restauratori è fornito dall’università”, sottolinea il prof. Pasquale Rossi, Coordinatore del Corso, il quale evidenzia un’attenzione alla formazione pratica che rappresenta una delle colonne portanti del Corso. Non si tratta solo di “laboratori universitari”, ma di vere e proprie esperienze di cantiere su opere autentiche. Gli studenti lavorano, fin dal primo ciclo formativo, su manufatti conservati in contesti cittadini significativi, come il chiostro di Santa Maria La Nova o la chiesa della Compagnia della Disciplina della Santa Croce.

È proprio in questa integrazione tra attività didattica e intervento diretto che si manifesta la cosiddetta “terza missione”, quella cioè di un dialogo concreto con il territorio attraverso il patrimonio culturale. “Offriamo ai nostri studenti e alle nostre studentesse la possibilità di lavorare su opere d’arte originali”, afferma il prof. Rossi e ribadisce come questa impostazione sia parte fondante del percorso formativo. Questa dimensione operativa si collega direttamente alla programmazione didattica prevista, che si avvale di cinque laboratori attivi e della possibilità di intervenire anche sulle opere conservate nel museo storico della stessa Università e nel museo della Fondazione Pagliara, solo per citarne alcuni.

Ma ciò che più colpisce è come questa impostazione favorisca un avvicinamento graduale e concreto al mondo del lavoro. “Verso la fine degli studi, quando sono al quarto o quinto anno, i nostri studenti riescono a svolgere tirocini extracurriculari retribuiti presso i cantieri della città, grazie al nostro ufficio di job placement”. Un collegamento diretto tra università e realtà professionali che, in molti casi, si traduce in inserimenti stabili all’interno di studi e imprese di restauro. Alla base di questi risultati non vi è tanto l’innovazione continua quanto la stabilità di un impianto didattico che ha saputo mantenere una sua coerenza nel tempo.

“Tendenzialmente non ci sono novità, anche perché è un sistema molto ben collaudato che ci ha portato ottimi risultati”, commenta il prof. Rossi con un tono che non nasconde l’intenzione di difendere un modello formativo che funziona. A dimostrarlo, anche i numeri: nell’ultima tornata di concorsi pubblici del Ministero della Cultura, cinque laureati del Corso sono stati selezionati come funzionari restauratori. Questo non significa rinunciare all’aggiornamento, semmai adottare un approccio misurato. Il possibile avvio, nel secondo semestre, di un corso per operatore laser dedicato al restauro rappresenta un esempio di innovazione inserita in modo consapevole.

“Il restauro con il laser è poco invasivo, ma ha bisogno di tutta una serie di aspetti tecnologici e di sicurezza che noi offriamo ai nostri ragazzi”, spiega il prof. Rossi, sottolineando come non si punti sull’effetto novità, ma su competenze che abbiano un impatto reale nella pratica. A chi si accinge a cominciare questo percorso, il messaggio del prof. Rossi è diretto: “Farsi governare sempre dalla passione e fare il lavoro che più piace”.

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Ateneapoli – n.16 – 2025 – Pagina 38

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