Nel cuore di Napoli, tra l’innovazione e la tradizione, si sviluppa un percorso che guarda al futuro con consapevolezza e progettualità: è il Corso di Laurea in Culture Digitali e della Comunicazione. A guidare alla scoperta del Corso è il prof. Stefano Bory, che ne è il Coordinatore e sostenitore di un approccio formativo che, racconta, “non è il classico Scienze della Comunicazione”.
Questo Corso, sottolinea, nasce nel contesto delle Scienze Sociali, con un’impronta fortemente comunicativa, ma lontana dalle cornici più letterarie dei percorsi tradizionali. “Qui cambia l’approccio. Il nostro è un Corso con un impianto sociologico, antropologico e politologico. Le grandi assi disciplinari sono la sociologia della cultura, dei media e della comunicazione, la scienza politica e l’antropologia, tutte applicate al mondo digitale e alla vita in rete, in tutte le sue sfaccettature: culturali, sociali, politiche ed economiche”.
La didattica a spirale
Una delle caratteristiche più innovative è la didattica a spirale: una metafora potente che rappresenta l’evoluzione progressiva dello studente lungo il triennio. Si parte con i fondamenti – media digitali, sociologia di base, cultura e comunicazione – e si arriva a un terzo anno densissimo di progettualità e applicazione concreta. “Il terzo anno è il momento della sintesi – spiega Bory – dove le competenze acquisite nei primi due anni tornano in gioco in forma progettuale.
I ragazzi lavorano in laboratori con esperti esterni su veri progetti nel mondo dell’economia e della cultura digitale”. E non si parla solo di teoria: fotografia, videomaking, social media, marketing digitale, user experience, web design – qui si impara davvero a maneggiare gli strumenti, a conoscere i linguaggi e soprattutto a riflettere sul loro uso. Un aspetto cruciale che il docente tiene a sottolineare è la presenza di professionisti del settore: “Non vedono solo i professori universitari, ma anche tanti attori del mercato del lavoro”.
Un’altra novità interessante è l’apertura totale: niente più numero chiuso. L’accesso è libero, previo un test di autovalutazione non selettivo. “Vogliamo che gli studenti si sentano liberi di mettersi alla prova, senza barriere all’ingresso”. Ma allora, cosa offre realmente questo Corso a una generazione che già vive online? “I nostri studenti sono nativi digitali, certo. Sono molto pratici nell’uso degli strumenti, ma non sanno davvero cosa stanno facendo, né con chi.
Usano, ma non comprendono. Comunicano, ma non riflettono su cosa comunicano, a chi lo comunicano, e perché”. Qui entra in gioco il vero cuore del Corso: la consapevolezza. “Quando si abita uno spazio digitale, bisogna capire le dinamiche sociali che vi stanno dietro. Bisogna saper leggere la società per poi intervenire in modo professionale, progettuale, responsabile”. Ed è proprio questa consapevolezza che fa la differenza tra un utente qualunque e un professionista della comunicazione.
Grande importanza viene data anche alla dimensione collettiva dell’apprendimento: “Uno dei rischi dell’università è quello dell’isolamento. Qui invece puntiamo sul lavoro di gruppo, sulla partecipazione attiva, sull’incontro costante con docenti e colleghi. È difficile fare questo Corso da soli. Si può, certo. Ma non è lo stesso”. E gli sbocchi occupazionali? Sono vari e molto attuali: comunicazione digitale, gestione dei social media, marketing, progettazione culturale, comunicazione istituzionale e d’impresa.
“I nostri studenti imparano a lavorare per enti pubblici, aziende, associazioni culturali. Non solo imparano ad usare i social, ma capiscono come e perché farlo”. Il Corso, insomma, forma “buoni attori della comunicazione”, capaci di osservare, analizzare e intervenire nei processi sociali contemporanei.
Un ultimo consiglio per chi sta per scegliere? “Lo studente deve stare all’università. Non basta iscriversi: bisogna esserci. Qui è necessaria la presenza. Bisogna partecipare, incontrare, lavorare. Chi cerca un percorso ‘da remoto’ magari ce la fa, ma si perde il meglio”.
E, guardando al futuro, il prof. Bory non esclude aperture verso forme ibride di didattica per chi lavora, ma sottolinea con orgoglio i punti di forza dell’esperienza napoletana: la sede di San Giovanni, con le collaborazioni con la Apple Academy e l’Università di Scienze dell’Informazione, e la storica sede di San Biagio dei Librai, immersa nel tessuto culturale vivo del centro di Napoli.
In un mondo sempre più digitale, il Corso di Laurea si propone quindi come una bussola per orientarsi con intelligenza, spirito critico e competenza. Non basta saper usare i mezzi: bisogna sapere perché li si usa, come li si usa e per chi. E questa è una rivoluzione che parte dalle aule dell’università.
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Ateneapoli – n. 11-12 GUIDA UNIVERSITARIA – 2025 – Pagina 82