“Studiare per conoscere. Studiare per intervenire. Studiare per interrogarsi”: è con questa frase, potente e piena di passione, che la prof.ssa Giustina Orientale Caputo, Coordinatrice del Corso di Laurea in Sociologia, riassume l’essenza di un percorso formativo che ha un obiettivo preciso: formare menti critiche, capaci di leggere la società e intervenire su di essa. Non è un caso che il sociologo – a differenza di figure più ‘classiche’ come l’ingegnere o l’avvocato – resti per molti una figura ancora sfumata. Ma proprio qui risiede la sua forza: il sociologo non ha una forma sola, si plasma sulle trasformazioni del presente, le analizza e le affronta con metodo.
“Il Corso ha un obiettivo ambizioso: formare persone con solide conoscenze, più che competenze. Quelle si acquisiscono dopo, ma le conoscenze devono essere ben assorbite durante il percorso universitario”. La docente lo dice con convinzione. Perché le conoscenze, secondo lei, sono l’equipaggiamento che permette ai laureati in Sociologia di affacciarsi al mondo del lavoro con occhi allenati e strumenti concreti. Non è solo una questione di studio, ma di sguardo. E in un mondo dove tutto cambia rapidamente – relazioni, istituzioni, mercato del lavoro – chi sa leggere il cambiamento ha un potere: quello di capire dove e come intervenire.
L’interdisciplinarità è la colonna portante del Corso: nei primi due anni si studiano esami come Metodologia, Statistica, Psicologia sociale. “È fondamentale che i nostri studenti sappiano usare questi strumenti al momento opportuno. Il vero sociologo osserva ogni fenomeno da più angolazioni”. Una formazione che abbraccia molteplici campi del sapere, con l’obiettivo di creare figure capaci di andare oltre la propria storia personale, oltre i pregiudizi, per affrontare i problemi con uno sguardo scientifico, metodologico, statistico.
Il terzo anno è il momento della scelta, della direzione. Due i curricula proposti: ‘Metodi e tecniche per la ricerca sociale’, pensato per chi vuole concentrarsi sugli strumenti e le tecniche di indagine, e ‘Coesione territoriale e inclusione sociale’, dove l’attenzione si sposta sui temi, sulle aree in cui il sociologo può e deve intervenire. Una formazione che, come sottolinea la professoressa, non è mai passiva. “Da noi non c’è il docente che spiega e lo studente che prende appunti in silenzio. L’insegnamento sociologico stimola, crea dubbi, apre interrogativi. È nel confronto che si cresce”.
E per chi si chiede se davvero la sociologia porti lavoro, la risposta arriva diretta e senza esitazione. “Il sociologo serve, oggi più che mai”. Basta guardarsi intorno: nella pubblica amministrazione, quando si deve pensare un piano regolatore, serve chi sa leggere i dati demografici, le dinamiche migratorie, i bisogni della popolazione. Nelle aziende, piccole e grandi, i sociologi sono sempre più richiesti per la loro capacità di analisi e di lettura della realtà.
“Ogni volta che parlo con imprenditori mi sento dire che i sociologi sono troppo pochi.
Sono quelli più attenti, più svegli. Quelli che sanno dove guardare”. E poi ci sono le ASL, il terzo settore, i servizi sociali, le carceri, i contesti difficili con minori a rischio o adulti disagiati. Ovunque ci sia una trasformazione in atto, lì il sociologo ha qualcosa da dire e da fare.
Guardando al futuro, la docente sogna un Corso ancora più vicino alla realtà del lavoro. “Immagino un terzo anno in cui gli studenti possano vivere esperienze dirette, fare tirocini, partecipare a laboratori ancor più intensamente. Il contatto con il mondo esterno deve iniziare già dentro l’università”. L’obiettivo è chiaro: far crescere giovani consapevoli, pronti a spendere ciò che hanno appreso non solo in teoria, ma nella pratica quotidiana.
Eppure, non è un percorso facile. “Fare sociologia, essere giovani e meridionali, sperare di lavorare in questo campo: è una sfida”. Una sfida che spesso porta i migliori talenti a migrare verso il Nord o l’estero. Anche questo, però, diventa materia di studio: Perché ce ne andiamo? Perché qui non si creano le condizioni per restare? Una domanda amara, ma necessaria. E proprio per questo, conclude la professoressa, servono ancora più sociologi. Per interrogarsi, per capire, per cambiare. “Perché sì, questo è il Corso più bello del mondo”.
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Ateneapoli – n. 11-12 GUIDA UNIVERSITARIA – 2025 – Pagina 81