Il racconto di due studentesse partecipanti ad una simulazione processuale. Avvocato e Pubblico Ministero per un giorno

Che emozione si prova a vestire per un giorno i panni dell’avvocato e del Pubblico Ministero? Immaginare di svolgere il lavoro dei propri sogni, quello per cui con fatica e dedizione si trascorrono le tante ore tra i manuali e i codici, o magari scoprire di essere portati per un ruolo che non si era mai preso in considerazione? Lo hanno raccontato Claudia Strazzulli e Francesca Pagano, studentesse al quinto anno che si sono messe in gioco con l’attività di simulazione processuale organizzata dal prof. Andrea Alberico, docente di Diritto Penale della Criminalità Organizzata, per i suoi corsisti.

Partendo dal caso di un uomo accusato di associazione mafiosa ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, le squadre di accusa e difesa si sono sfidate a colpi di arringhe davanti ad un collegio giudicante composto da un professore, un procuratore generale e un magistrato. “Tutti hanno il diritto ad essere difesi e il nostro lavoro è stato andare al di là delle valutazioni sulla personalità del soggetto, definito ‘noto camorrista’, su cui invece si basava la tesi dell’accusa, e analizzare in maniera critica tutti gli elementi dimostrando che, in realtà, non c’erano prove che il nostro assistito fosse associato”, spiega Francesca, inizialmente nella squadra della difesa. Poi, all’improvviso, è stato chiesto agli studenti di scambiarsi i ruoli: l’accusa è diventata difesa e la difesa accusa.

Dopo un iniziale momento di panico, rivela Francesca, passare dall’altro lato è stato divertente e “un ottimo esercizio di ragionamento. Abbiamo dovuto ripercorrere un po’ al contrario quanto avevamo fatto per sostenere la nostra tesi, servendoci del bagaglio culturale che abbiamo acquisito in questi anni di studio. Anche se ambisco da sempre alla magistratura, mettersi in discussione e vestire i panni anche di chi è dall’altra parte aiuta a rendersi conto dell’impatto che può avere il tuo lavoro e capire cosa significa difendere una persona imputata di un reato così grave”.

Claudia, invece, è rimasta incantata dall’incontro con il magistrato che componeva la corte: “Nel suo modo di porsi rispetto al caso c’era un equilibrio dettato dall’esigenza di arrivare ad un risultato che fosse il più aderente al fatto storico, il più giusto possibile, il più vicino alla verità”, racconta. Un atteggiamento che l’ha un po’ riportata ‘con i piedi per terra’: “Il rischio durante queste attività, viste in modo molto agonistico, è quello di polarizzarsi e invece bisogna ricordare che si tratta sempre della vita delle persone e che le nostre argomentazioni, da giuristi, hanno conseguenze sugli altri”, rivela.

“Tutti i professionisti del settore giuridico sono chiamati ad operare in un ambito che tocca i diritti, i doveri, la vita quotidiana delle persone e questo comporta un’enorme responsabilità sociale – commenta Claudia – Nell’approccio a questo Corso di Laurea e nello studio bisogna sempre tenerlo presente, perché altrimenti diventa un’università vuota, e non lo è”.

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Ateneapoli – n. 11-12 GUIDA UNIVERSITARIA – 2025 – Pagina 63

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