Ilenia, quinto anno di Veterinaria, racconta… la prima volta in sala settoria: “un impatto traumatico”

La prima esercitazione in sala settoria? “Non tutti abbiamo lo stesso stomaco. Lì odori, temperature e situazioni sono particolari. La prima volta mi sentivo svenire e trascorsi la maggior parte del tempo a sbirciare da fuori. Fu un impatto traumatico, ma poi è andata in discesa”. Ilenia Izzo, 25 anni, iscritta al quinto anno di Veterinaria, ripercorre alcuni dei momenti salienti della sua esperienza universitaria che volge al termine.

“Le visite nelle aziende – ricorda – sono state tra i momenti più belli. Nel quarto anno in particolare iniziammo il percorso della Clinica mobile. Si andava negli allevamenti per il pronto intervento in emergenza o per le visite programmate. Accompagnavamo il professore, ci spostavamo in tutto il territorio campano. È stata l’esperienza più formativa, lì ho visto ed intuito tante cose. È un mondo completamente diverso da quello dell’ospedale e non si sa mai cosa si trova”.

La Clinica mobile

Ne cita una in particolare: “C’era da operare una ernia ombelicale ad un vitello di bufalo. Eravamo un bel gruppo, c’era empatia e affinità. Abbiamo riso e scherzato, nonché lavorato duramente per assistere il veterinario che eseguiva l’intervento. Fu una Clinica mobile leggera, sebbene faticosa ed impegnativa”.
Il primo anno a Veterinaria non fu facile.

“Non fu e basta – precisa la studentessa – perché non superai il test di ammissione. O meglio, raggiunsi la soglia minima, ero idonea, ma fuori dai posti messi a concorso. Era il 2019 e mi immatricolai a Tecnologie delle produzioni animali per sostenere esami che avrei potuto convalidare qualora, l’anno successivo, fossi entrata a Veterinaria. Superai Fisica, Biochimica, Zoologia. Nel 2020 ritentai il test. Feci una scorpacciata di quiz e mi concentrai sullo studio della Biologia.

In Chimica ero ferrata perché avevo conseguito a scuola il diploma di perito chimico. Lasciai perdere Cultura generale e logica perché mi sembrava che fossero ambiti troppo vasti da preparare. Lì o la va o la spacca, c’è poco da ripetere. Studiai anche qualcosa di fisica e matematica, dove non ero una cima. Ricordo i dubbi, le paure, le incertezze, la preoccupazione di non farcela e dover rimanere ancora un anno in un Corso di Laurea che non sentivo mio. Passai con 50, ottenni proprio la sede di Napoli e per l’emozione ricordo che rovesciai tutto il caffè sul computer”.

Ilenia iniziò dunque a frequentare Veterinaria nel 2020, l’anno del Covid. “Seguivamo in modalità mista. Non fu facile ritrovarsi in un ambiente nuovo e stringere nuove amicizie senza poter frequentare pienamente. Mi sono rifatta negli anni, però, perché con i compagni e le compagne di corso si sono creati ottimi rapporti. Per me che sono di Potenza e che venni a Napoli da fuorisede e dovetti adattarmi ad una città bella ed accogliente, ma anche caotica e difficile, le amicizie e le conoscenze universitarie sono state essenziali.

Noi a Veterinaria, d’altronde, sotto questo aspetto siamo aiutati dalla circostanza che proprio per il numero chiuso siamo relativamente pochi. Sessanta in aula a seguire. Ci si vede a lezione, in ospedale, nelle cliniche mobili, nei laboratori. Naturalmente si stringono amicizie e ci si conosce anche dal punto di vista umano. Accade, per esempio, durante le notti in ospedale, quando si parla e ci si racconta gli uni agli altri, si affrontano argomenti che vanno ben oltre l’Università”.

Grippe, “il nostro cavallo”

L’esame più impegnativo? “Per me è stato Biochimica perché è molto mnemonico. Va studiato bene, perché costruisce le basi necessarie al prosieguo del percorso universitario. Anche Anatomia è molto impegnativo, ma è una materia intuitiva. Noi studiamo più specie e immaginare il profilo dell’animale aiuta certamente a ricordare”.

Tra gli aspetti positivi, la studentessa indica anche l’opportunità che ha avuto di iniziare a maneggiare e a prendere contatto con gli animali sin dal secondo anno, quello dopo il Covid. “È il cosiddetto handling – racconta – e abbiamo modo di praticarlo per esempio sui cavalli della Polizia, che il Corso di Laurea cura in base ad una intesa di qualche tempo fa. Ora, poi, c’è un nostro cavallo – nostro intendo del Dipartimento – che è nella nuova sede del Frullone e si chiama Grippe”.

Prospettive e sogni dopo la laurea? “Vorrei lavorare nella cura dei cavalli, possibilmente occuparmi di riproduzione. Non ho intenzione di chiudermi in ospedale, non è nelle mie corde.
Vorrei lavorare sul territorio della mia regione, la Basilicata, girando per stalle, scuderie ed allevamenti, proprio come facevo con le Cliniche mobili del Corso di Laurea”.

Da studentessa, non ha ancora avuto modo di frequentare la nuova sede, quella inaugurata alcuni mesi fa al Frullone, nei pressi del Centro di recupero della fauna selvatica gestito dall’Asl.

“Dicono che è bella e funzionale e non ho dubbi che lo sia. Con il cuore, però, io resterò sempre legata alla sede storica, quella di via Delpino, dove mi sono immatricolata e dove ho seguito tutto il mio percorso universitario. Capisco benissimo che per le esigenze di Veterinaria servivano nuovi spazi e che anche l’Ospedale che sarà utilizzato al Frullone garantirà opportunità che sarebbe stato impossibile realizzare in via Delpino. Devo anche dire, però, che siamo stati tutti molto bravi – docenti e studenti – ad adattarci e a fare in modo che gli spazi della vecchia sede fossero utilizzati nel migliore dei modi possibili. Quando raggiungerò la laurea, tra alcuni mesi, spero che la discussione sarà in via Delpino”.

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Ateneapoli – n. 11-12 GUIDA UNIVERSITARIA – 2025 – Pagina 49

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