“Innamoratevi di ciò che fate e raggiungerete traguardi che vi daranno la sensazione gratificante di star contribuendo al progresso”. La dott.ssa Ilenia Calcaterra è l’esempio del medico non convenzionale che dimostra cosa si possa fare ben oltre le corsie di pronto soccorso, le stanze di reparto e gli ambulatori. Fare il medico può significare anche dedicarsi anima e corpo alla ricerca, nel tentativo di far progredire il sistema di cura della persona.
E Calcaterra, dirigente medico, ma parallelamente anche docente e ricercatrice, nonché membro del Consiglio di Scuola di specializzazione di Medicina interna e tutor di diversi specializzandi, ha provato a trasmettere la propria testimonianza a chi, domani, potrebbe ripercorrere le sue orme. Partendo dal presupposto che il medico, per antonomasia, è chiamato a “curare persone quotidianamente, considerandole nella loro globalità”, esistono anche quei professionisti che, dietro le quinte, nei laboratori e sui libri, partecipano attivamente nel processo di studio e sviluppo dei farmaci.
Come la dott.ssa Calcaterra, che ha spiegato: “collaboro con biotecnologi, farmacologi allo sviluppo di nuovi target molecolari e alla sperimentazione di nuove terapie dalle fasi iniziali a quelle di commercializzazione. Il progresso è un continuo e senza queste figure che ci si dedicano saremmo ancora nel Medioevo”. Il racconto, che è oscillato costantemente tra esperienza personale e tappe oggettive del percorso, ha fatto compiere alla docente un passo indietro nel tempo, a come sia nata la scelta della carriera accademica.
“Devo tornare alla mia infanzia. Avevo una mia cara zia, docente di Biologia, che in modo giocoso mi ha fatto avvicinare al corpo umano. Nel tempo ho capito di voler diventare un medico. La dedizione e la passione per lo studio e la ricerca hanno la propria radice in famiglia”. Laureatasi poi all’Università di Palermo – è siciliana – ha portato avanti un “percorso lineare, senza pause”. Non sono mancati i momenti complicati: “Medicina è intensa e impegnativa, dura sei anni, i carichi sono importanti, certi scogli accademici hanno fatto tribolare tutti quelli che ci sono passati. Succede spesso di studiare giorno e notte.
Penso ad Anatomia, a Farmacologia, che richiedono un impegno davvero intenso. Può capitare di scoraggiarsi: si supera tutto, ce la farete. Ci vuole determinazione. A Medicina bisogna sentire il dovere di acquisire informazioni perché sarete responsabili della vita delle persone. Andate oltre l’esame”. Sull’accesso al Corso, ora regolato da semestre filtro, dà un consiglio: “iniziate ad approfondire i programmi ministeriali già adesso, così che possiate superarlo più agevolmente”.
Raccogliendo le domande che provengono dalla platea – numerose – Calcaterra ha aperto una lunga parentesi sull’impostazione del Corso: “C’è tanta teoria. Ed è fondamentale. Al contempo, oggi, anche la parte pratica è altrettanto importante. Il tirocinio viene valorizzato secondo standard europei ed è professionalizzante. Il mio suggerimento è di svolgere anche periodi di tirocinio aggiuntivo, personalmente l’ho fatto per formarmi in ambito ecografico e clinico, al tempo. Si può pensare anche a farlo all’estero tramite l’Erasmus.
È vero, serve sacrificarsi, ma questo mi ha fatto acquisire in modo rapido una maturità tale da andare spedita e potermi assumere in fretta delle responsabilità”. Prima di arrivare a questo, però, ci sono altre scelte da portare avanti. Come la Specializzazione: “è forse una delle cose più difficili perché lì si decide cosa farete. La prima direzione da prendere è se optare per la branca clinica, quella chirurgica o per la medicina per i servizi”.
C’è anche un’altra possibilità, più di nicchia e scelta da chi vuole accedere all’ambito accademico: “ho effettuato un dottorato in terapia avanzate biomediche e chirurgiche, che mi ha formato in sviluppo e studio di nuovi farmaci”. Al netto di tutto, la docente ha ammesso che “cambiare idea è frequente, spesso si capisce in itinere quale direzione prendere”.
La chiosa finale si sostanzia in un consiglio, che sottintende anche una riflessione sulla professione scelta: “studiare sempre cose nuove, progettare studi per capire i target farmacologici e curare meglio i pazienti è sempre stata la mia vocazione. Il percorso accademico in Italia è duro, prevede lunghi periodi di precariato. Ma girerete il mondo, conoscerete persone ovunque. Certamente per arrivare presto a certi traguardi si devono fare dei compromessi con la vita personale. Ma le soddisfazioni sono tante”.
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