STAFF MOBILITY ERASMUS+. Lucia Malafronte: cerimoniale ed eventi, tanti spunti dal soggiorno all’Università di Saragozza

Un confronto tra modelli organizzativi, nuove idee da riportare a casa e un arricchimento umano oltre che professionale: è questo il bilancio della dott.ssa Lucia Malafronte, Capo Ufficio della Prorettrice della Federico II, al termine della sua esperienza di staff mobility Erasmus+ a Saragozza.

L’iniziativa rientra nel programma di mobilità internazionale per il personale tecnico-amministrativo, promosso dall’Ateneo e finanziato con borse di studio destinate a favorire la formazione e lo scambio di buone pratiche tra università europee. Prima della partenza, i partecipanti hanno la possibilità di frequentare corsi linguistici per agevolare l’inserimento nel Paese ospitante.

Cinque giorni intensi, dal 27 al 31 ottobre, durante i quali la dott.ssa Malafronte ha potuto osservare da vicino l’organizzazione dell’Università spagnola. “Solennità, rispetto e organizzazione”, sono le tre parole con cui sintetizza l’esperienza. Dalla quale è tornata con tante idee da realizzare. “Ho potuto assistere a come si organizzano attività culturali aperte alla città, questo mi ha dato spunti concreti da riportare a Napoli”, racconta.

Ad esempio, la mostra ‘Le pioniere della scienza’, parallela al progetto napoletano ‘Le giganti della scienza’, dedicato alle donne che hanno fatto la differenza nel mondo scientifico. “Mi ha colpito la cura con cui hanno documentato le pioniere della scienza con il materiale raccolto negli archivi universitari, le foto delle docenti in bianco e nero sono state affidate ad artisti che ne hanno attualizzato i ritratti in stile pop art.

Ho alcuni spunti che voglio riproporre qui”. Durante il soggiorno, ha conosciuto da vicino la struttura dell’ufficio eventi dell’Ateneo spagnolo, formato da professionisti con competenze specifiche – storici dell’arte, archeologi, esperti di social media e cerimoniale. Ognuno si dedica a un settore preciso. “Questa specializzazione consente una pianificazione annuale estremamente efficace. In Italia, il nostro lavoro spesso richiede di apprendere sul campo, mentre lì ogni ruolo è definito”. Un modello che Malafronte definisce “moderno e dinamico”.

Tra gli eventi vissuti in prima persona, anche la presentazione del libro di Julio Llamazares, scrittore tra i più importanti del panorama spagnolo contemporaneo. “Mi colpito l’aula gremita, con persone in fila fuori. Ma soprattutto assistere a come i colleghi affrontavano le nostre stesse difficoltà: in assenza di un social media manager, la collega scattava foto, registrava video e li caricava sui social dell’università”.

Su sua richiesta, Malafronte ha trascorso anche due giorni al Rettorato, nel magnifico edificio Paraninfo, per approfondire le pratiche di cerimoniale e osservare la differenza tra atti solenni ed eventi. “Il Rettorato dell’Università ospitante è chiamato Segreteria Generale, perché accoglie sia il personale del Rettore sia quello del Direttore Generale”, spiega.

Le differenze rispetto al modello italiano: “Durante le cerimonie di conferimento di lauree o dottorati honoris causa, è prevista la figura dei padrini che accompagnano il laureato al pulpito”. Si organizzano anche eventi dedicati al personale tecnico-amministrativo, con un piccolo omaggio di benvenuto (“come una shopper che hanno regalato anche a me”), e cerimonie per i docenti che diventano ordinari, “con il giuramento sullo statuto e la consegna del tocco. Si nota una solennità che in Italia potremmo prendere come ispirazione”.

Presso il Campus de San Francisco, una delle tre sedi dell’Ateneo, ha potuto approfondire temi legati alla comunicazione istituzionale, alla gestione dei protocolli ufficiali e all’organizzazione di eventi accademici e culturali: “Queste competenze sono molto utili per le attività che svolgo per il mio Ateneo, in particolare per gli eventi del Rettorato e le iniziative del gruppo di lavoro F2Cultura”.

L’esperienza ha avuto anche un forte valore umano: “Confrontarsi con colleghi di altri Paesi ti rassicura: tutti hanno problemi simili, urgenze, eventi complessi”. Per questo, Malafronte sottolinea l’importanza di internazionalizzare il personale tecnico-amministrativo, spesso meno coinvolto nei programmi di mobilità rispetto a studenti e docenti: “Lo staff mobility dà visibilità al personale e offre una formazione concreta e applicabile, portando l’ufficio a un livello di competenza internazionale”.

Tra gli scambi più apprezzati, anche la possibilità di mostrare ai colleghi spagnoli i progetti realizzati a Napoli, come il conferimento del dottorato honoris causa a Re Felipe VI di Spagna: “Sono rimasti colpiti dal lavoro organizzativo che c’è stato dietro, perché erano presenti quattro cerimoniali. Da loro tutto è più semplice, perché esiste un ufficio interamente dedicato al cerimoniale”.
Il momento più significativo? “Incontrare la mia omonima a Saragozza. Mi sono resa conto che ogni mondo è paese: anche lei viveva le stesse urgenze e difficoltà. Questo mi ha rasserenata, perché ho capito che ovunque ci sono emergenze da gestire con rapidità e dedizione”.

La parte più difficile, invece, è stata il ritorno: “Lì hanno un sistema così civico che tornare è stato complesso, anche per la vivibilità. L’università, per esempio, mette a disposizione biciclette con banchi studio, microonde e giornali per gli studenti: un vero progetto di benessere, che noi ora stiamo realizzando con ProBen, ma che loro hanno già di default. Sicuramente per loro è più semplice da attuare perché si tratta di una piccola università con 17mila studenti, a differenza degli 80mila federiciani”.

Accoglienza e partecipazione sono state le parole chiave dell’esperienza. “Mi presentavano a tutti, e gli studenti che avevano svolto l’Erasmus in Italia erano entusiasti di parlare con me. Mi hanno mostrato il campus, la loro storia e la sala con i ritratti di tutti i Rettori: oggi è in carica la prima Rettrice donna dell’università di Saragozza”.

Un’esperienza, quella dello staff mobility, che Malafronte consiglia senza esitazioni: “Non solo a livello professionale, ma anche umano. A volte, chiusi in ufficio, pensiamo di essere soli nei nostri problemi. Uscire, confrontarsi, scoprire che anche altrove affrontano le stesse sfide, ti fa tornare più carico”. La conclusione è una riflessione sul ruolo del personale che “è parte fondamentale dell’università. Darvi luce significa valorizzare davvero l’Ateneo”.
Annamaria Biancardi

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Ateneapoli – n.18 – 2025 – Pagina 18-19

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