Placche aterosclerotiche inquinate dalle plastiche, rischio di ictus e infarti raddoppiato: lo studio dei professori Paolisso e Marfella
L’Università Vanvitelli e Marevivo, l’associazione ambientalista presieduta da Rosalba Giugni che si propone di sensibilizzare sulla tutela dell’ecosistema ed incalza le istituzioni ad adottare provvedimenti utili a combattere l’inquinamento, hanno stretto l’undici ottobre, nella sede del Rettorato in via Costantinopoli, un patto contro le microplastiche. L’occasione è nata da uno studio promosso dall’Ateneo e finalizzato a verificare se la presenza di microplastiche nell’organismo possa aggravare il rischio di incappare in patologie molto serie a livello cardiovascolare: ictus ed infarto.
È stato pubblicato alcuni mesi fa sulla rivista ‘The New England Journal of Medicine’ ed evidenzia come le placche aterosclerotiche contengano spesso micro e nanoplastiche a base di polietilene (PE, rilevato nel 58.4% dei casi) o polivinilcloruro (PVC, individuato nel 12.5% dei casi), due dei composti plastici di maggiore consumo nel mondo, utilizzati per realizzare prodotti che vanno dai contenitori ai rivestimenti, dalle pellicole plastificate a materiali per l’edilizia. L’indagine è stata condotta su 257 pazienti con oltre 65 anni sottoposti a un’endoarterectomia per stenosi carotidea asintomatica (avevano la carotide ostruita), procedura chirurgica durante la quale sono state rimosse placche aterosclerotiche che poi sono state analizzate con il microscopio elettronico, così da rilevare l’eventuale presenza di micro e nanoplastiche, ovvero particelle plastiche con un diametro rispettivamente inferiore a 5 millimetri o a 1 micron (0,001 millimetri).
L’undici ottobre il prof. Giuseppe Paolisso, coordinatore dello studio, ordinario di Medicina Interna alla Vanvitelli, Ateneo di cui è stato Rettore, ha illustrato gli aspetti fondamentali della ricerca.
L’Aula Magna era affollatissima, i posti a sedere esauriti e molti i giovani presenti, segnale evidente che il tema suscita grande interesse ed altrettanta grande preoccupazione. “L’analisi che abbiamo condotto – ha detto il prof. Paolisso – ha dimostrato la presenza di particelle di PE a livelli misurabili (circa 20 microgrammi per milligrammo di placca) nel 58.4% dei pazienti e di particelle di PVC (in media 5 microgrammi per milligrammo di placca) nel 12.5%. Tutti i partecipanti sono stati seguiti per circa 34 mesi e si è osservato che in coloro che avevano placche inquinate dalle plastiche il rischio di infarti, ictus o di mortalità per tutte le cause era almeno raddoppiato rispetto a chi non aveva placche aterosclerotiche contenenti micro e nanoplastiche, indipendentemente da altri fattori di rischio cardio-cerebrovascolari come età, sesso, fumo, indice di massa corporea, valori di colesterolo, pressione e glicemia o precedenti eventi cardiovascolari”.
Ha spiegato, inoltre: “I dati mostrano un incremento locale significativo di marcatori dell’infiammazione in presenza delle micro e nanoplastiche”.
Quale è il nesso tra presenza delle microplastiche ed il maggiore rischio di ictus e infarto? Il prof. Raffaele Marfella, Direttore del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche Avanzate, Ordinario di Medicina Interna, ideatore dello studio, che l’undici ottobre non ha però potuto partecipare al convegno per altri impegni, ha ipotizzato che “l’effetto pro-infiammatorio potrebbe essere uno dei motivi per cui le micro e nanoplastiche comportano una maggiore instabilità delle placche e quindi un maggiore rischio che si rompano, dando luogo a trombi e provocando così infarti o ictus”.
Su questo aspetto, peraltro, come ha sottolineato Paolisso durante l’incontro, resta ancora da capire. “Così come – ha aggiunto – bisogna anche studiare il motivo per il quale, nell’ambito del campione di 257 persone sulle quali abbiamo portato avanti lo studio, c’è un 40% circa che non presentava inquinamento da microplastiche nell’organismo. Sono persone che vivono negli stessi posti delle altre, bevono la medesima acqua, consumano gli stessi cibi eppure non evidenziano il problema che abbiamo riscontrato in più della metà del campione. Sarebbe interessante capire perché e potrebbe aiutarci anche ad individuare e a comprendere eventuali strategie di difesa”.
Durante il convegno si è parlato anche della ricerca sulle microplastiche presenti nei campioni di latte materno condotta da Elisabetta Giorgini, del Dipartimento di Scienze della Vita e dell’Ambiente dell’Università Politecnica delle Marche. Sono state individuate più di 50 microplastiche distribuite nel 76% dei campioni analizzati. Giorgini, collegata da remoto, ha spiegato che “la ricerca è proseguita sempre in ambito umano, con l’analisi di campioni umani di urina e sperma, in collaborazione con Luigi Montano dell’ASL Salerno e Oriana Motta dell’Università degli Studi di Salerno. Anche in queste due matrici biologiche abbiamo individuato microplastiche derivanti da matrici polimeriche commerciali, quali polietilene, policarbonato, polistirene, polivinil cloruro”. Nell’ecosistema le microplastiche sono ovunque. Studi e campionamenti le hanno rilevate nei Poli, negli oceani, nelle aree apparentemente più incontaminate.
“Talvolta – ha ricordato il prof. Furio Cascetta, Prorettore alla Green Energy e alla Sostenibilità Ambientale della Vanvitelli e docente ad Ingegneria, che ha preso parte all’incontro – perfino comportamenti virtuosi finiscono col produrle. Ricicliamo la plastica, per esempio, ed è un ottimo comportamento, ma poi gli impianti di trasformazione, nel lavare i materiali, finiscono col disperdere le microplastiche nelle fogne e quindi nel mare”. Solo per citare qualche esempio, generano microplastiche le frenate delle auto nel traffico cittadino, le bottiglie in pet che contengono l’acqua, specie se mal conservate, il lavaggio dei tessuti in fibra sintetica. Michela Lucchesini, responsabile Marketing di Beko Italy, ha sostenuto durante l’incontro che l’azienda “ha progettato filtri integrati per le lavatrici in grado di catturare fino al 90% delle microfibre di plastica rilasciate dai tessuti sintetici”.
Fondazione Marevivo, dal canto suo, è da quarant’anni impegnata nella tutela del mare e degli esseri viventi che lo abitano, attraverso azioni concrete e campagne di sensibilizzazione nazionali e internazionali e dialogando con i Governi per ottenere leggi efficaci finalizzate a proteggere l’ecosistema marino. Tra i suoi obiettivi: la conservazione della biodiversità, lo sviluppo sostenibile, la valorizzazione delle aree marine protette, l’educazione ambientale, la pulizia di coste e fondali marini, la lotta alla pesca illegale e all’inquinamento da plastica.
Ha detto Raffaella Giugni, Segretario Generale di Marevivo: “Abbiamo lanciato l’allarme sui danni prodotti dalla dispersione delle microplastiche nell’ambiente già anni fa e grazie alle nostre battaglie si è arrivati a una legge che dal 2020 ha introdotto il divieto delle microplastiche nei cosmetici da risciacquo. Anche le microfibre rappresentano una seria minaccia per l’ambiente e la salute dell’uomo, per questo Marevivo ha promosso la campagna #stopmicrofibre denunciando che il lavaggio dei capi è una delle cause principali della loro presenza in mare, dove vengono ingerite dai pesci per poi entrare nella catena alimentare”.
Fabrizio Geremicca
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Ateneapoli – n.16 – 2024 – Pagina 3







