Organi di governo degli Atenei. Mobilitazione contro il progetto di riforma

Ricercatori, studenti e docenti dell’Ateneo Federico II si mobilitano contro il progetto di riforma dell’assetto di governo delle Università redatto dalla Commissione presieduta da Ernesto Galli della Loggia e insediata presso il Ministero dell’Università e della Ricerca guidato da Anna Maria Bernini. Il 27 novembre si è svolta un’assemblea nell’aula Leone di Giurisprudenza. È stata promossa dalla Rete 29 aprile, dall’Unione degli universitari, da Link Napoli, da Napoli Adi, dall’assemblea dei precari e dalla Federazione dei Lavoratori della Conoscenza della Cgil.

Sotto i riflettori le novità che sono trapelate nelle ultime settimane in relazione al progetto di riforma e che non piacciono a vasti settori della realtà accademica. In particolare, si contestano la nomina da parte del Ministro di un membro del Consiglio di Amministrazione degli Atenei e l’estensione a 8 anni della durata in carica del Rettore.

I nuovi Consigli di Amministrazione delle Università dovrebbero essere composti da undici membri: il candidato Rettore che ha perso le elezioni, cinque docenti (tre nominati dal Senato e due dal Rettore), due componenti esterni nominati dal Rettore, uno studente eletto, il Rettore stesso e il consigliere di nomina governativa.

Il quale, dunque, come ha scritto nei giorni scorsi la rivista dell’associazione Roars (Return on Academic Research and School) che fu fondata nel 2013, tra gli altri, dal fisico Francesco Sylos Labini, potrebbe far pendere l’ago della bilancia in misura determinante a favore del Rettore in carica. Roars sottolinea inoltre che “vengono espulsi dal CdA i membri del personale tecnico amministrativo”.

A metà mandato del Rettore si prevede un’elezione di conferma in cui il Rettore è l’unico candidato e in quell’occasione si svolgeranno anche le elezioni per il rinnovo dei Direttori di Dipartimento, votati in concomitanza con la prima elezione del Rettore.

“Il tutto è pensato evidentemente – secondo Roars – per favorire l’armoniosa collaborazione tra Rettore e Direttori”. Laddove quell’aggettivo “armoniosa” va tradotto con succube o almeno scarsamente critica. I promotori dell’assemblea denunciano: “Il progetto di riforma dell’assetto di governo delle Università rafforza i poteri apicali, riduce gli spazi democratici ed introduce un controllo governativo diretto sugli atenei”. Il tutto, incalzano Udu, Cgil e altre associazioni che hanno lanciato la mobilitazione, “in un quadro di contrazione delle risorse che lascia poche speranze ai giovani precari”.

Staiano, riconferma del Rettore dopo 4 anni “un pasticcio”

Tra i più critici nei confronti delle ipotesi di modifica dell’assetto di governo degli Atenei contenute nella bozza Galli della Loggia è il prof. Sandro Staiano, docente di Diritto Costituzionale al Dipartimento di Giurisprudenza – che ha diretto – dell’Ateneo Federico II.

“Non so davvero – commenta – chi possa dare un giudizio positivo della bozza Galli della Loggia che sta circolando in maniera informale. Prevede una forte verticalizzazione ed una non meno forte torsione monocratica. Determinate dalla concentrazione del potere intorno al Rettore e dal collegamento di quest’ultimo e del Consiglio di Amministrazione con il Ministero dell’Università”. Staiano è preoccupato dall’ipotesi che nel CdA degli Atenei entri un membro di nomina governativa e ne spiega le ragioni: “In un Consiglio di 11 componenti il rappresentante del Ministero potrebbe essere determinante ai fini del raggiungimento della maggioranza”.

Boccia inoltre il meccanismo della conferma per il Rettore a metà mandato: “Dovrebbe essere il Senato Accademico, secondo la proposta che per semplicità definisco Galli della Loggia, a dare questa conferma. Ebbene, in alcuni sistemi esiste il recall e l’eletto si sottopone alla conferma a metà mandato. Tuttavia questo compito è attribuito al medesimo corpo elettorale che lo ha scelto. Qui invece si parla di riconferma del Rettore da parte del Senato Accademico, che però non lo ha eletto 4 anni prima ed è anch’esso un organo elettivo.

Un pasticcio”. Va avanti nella disamina: “Secondo la bozza, il Rettore sarà votato da docenti, personale amministrativo e studenti con voto ponderato. Quello dei docenti non potrà pesare meno del 75%. Quello degli studenti varrà il 5%. Quello del personale tecnico amministrativo non potrà pesare più del 20%.

Questi criteri lasciano intendere che poi negli Statuti di Ateneo si potrà ampliare il peso del voto dei docenti fino a comprimere verso il basso quello del personale tecnico ed amministrativo. Il quale, peraltro, non avrà alcun rappresentante in seno al Consiglio di Amministrazione”.

I Rettori che terminano il mandato nel 2026 andrebbero in proroga?

Secondo il prof. Staiano è insidiosa, perché non garantisce l’essenziale bilanciamento dei poteri tra gli organi di governo degli Atenei, anche la configurazione del Senato Accademico che è prevista dal documento che è circolato nelle scorse settimane.

“Sarà formato da gruppi di lavoro e ciascuno di essi si occuperà di alcune aree e materie. Il Senato Accademico così configurato diventa un organo frammentato e debole nei confronti del Rettore, aggravando quella concentrazione dei poteri nella figura apicale degli Atenei alla quale poc’anzi facevo riferimento”.

Altro aspetto critico, incalza, è che “non si capisce bene che fine farebbero i Rettori in carica che termineranno il proprio mandato nel 2026. Andrebbero in proroga fino all’entrata in vigore del nuovo sistema? Ma se si volevano prorogare, perché magari c’è la necessità di concludere il ciclo di spesa dei fondi Pnrr, si potevano trovare sistemi diversi, senza mettere in piedi uno stravolgimento degli organi di governo delle Università e con una riforma che obbedisce ad una concezione centralistica della quale non si sentiva la necessità”.

Un’altra riflessione: “Non possiamo dire quale sia la provenienza del documento. Non si capisce bene a chi attribuirne la paternità o la maternità e non so quale ruolo abbiano avuto i tecnici della Ministra nel delineare interventi così poco ragionevoli. Si diceva che si volesse farne un collegato alla legge di bilancio e questo sarebbe particolarmente grave.

Significherebbe tagliare fuori il dibattito ai fini di un’approvazione accelerata e lo si farebbe con una forzatura, perché un intervento ordinamentale, quale è una legge relativa agli Organi di governo di Ateneo, non può essere inserito in una legge di bilancio”.

Savino: il rischio con le nuove regole “un condizionamento oltre misura”

Il prof. Raffaele Savino, che è attualmente uno dei componenti del Senato Accademico federiciano ed insegna ad Ingegneria Aerospaziale, racconta che il tema della riforma degli organi accademici è tra quelli che da alcune settimane tengono banco in Ateneo.

“Diversi colleghi – dice – mi hanno chiesto notizie ed informazioni ed auspicano che siano organizzate iniziative di dibattito e discussione. C’è grande attenzione e una certa preoccupazione, è forte l’esigenza di avviare un confronto in maniera trasparente. È normale che sia così perché la bozza circolata nelle scorse settimane va a toccare temi centrali: la libertà di ricerca, la necessità che l’Università resti il luogo della formazione di un pensiero critico, la possibilità di adottare decisioni senza condizionamenti ed interferenze dall’alto”.

Prosegue Savino: “Preoccupa moltissimo tanti colleghi il rischio che con le nuove regole s’instauri un condizionamento oltre misura. Diversi professori lamentano inoltre che una riforma di tale portata possa andare avanti senza il coinvolgimento della comunità accademica e senza alcun dibattito in seno agli atenei”. Aggiunge: “Non so per quale motivo s’intende portare a otto anni la durata del mandato del Rettore. Per noi è sempre stato un primus inter pares ed egli stesso ha interpretato in questa chiave il suo ruolo”.

“Entriamo in uno spazio inesplorato e pericolosissimo”

Il prof. Alessandro Pezzella, docente a Fisica e componente del Consiglio di Amministrazione della Federico II, premette: “Dal punto di vista della concretezza, il progetto contenuto nel documento Galli della Loggia è nullo. Ci sono elementi di incoerenza con il quadro normativo generale che lo rendono velleitario ed irrealistico. Per fortuna sembra essere completamente fuori da ogni inquadrabilità nello schema normativo generale ed andrà incontro ad ostacoli tecnici”.

Non per questo, tuttavia, il docente è tranquillo: “è di una gravità infinita se lo guardiamo dal punto di vista della politica accademica perché prefigura una riduzione di quegli spazi di autonomia didattica e di ricerca che sono un caposaldo della democrazia. Entriamo in uno spazio inesplorato e pericolosissimo. Quel testo esprime una visione che è in contrasto con i principi liberali e di autonomia sanciti dalla Costituzione”.

Conclude: “Io avrei una domanda e la lascerei ai lettori di Ateneapoli. Da dove nasce questa esigenza di modificare l’articolo 2 della legge 240? Sono stato per alcuni anni al CUN e in Senato Accademico e ne ho viste di revisioni, per esempio degli articoli 16, 22 e 24. Ciascuna di esse era motivata da esigenze di funzionamento oggettive. Qui mi pare che si voglia modificare l’articolo 2 non per esigenze di funzionamento, ma per una riforma che ci riporta indietro nel tempo”.

De Caro sull’Anvur “I componenti diventano di nomina ministeriale”

Il prof. Davide De Caro, docente ad Ingegneria Elettronica e componente del Senato Accademico della Federico II, accende i riflettori anche sull’ipotesi di riforma dell’Anvur, l’Agenzia di valutazione delle Università che ha un ruolo centrale per l’erogazione dei fondi, l’attivazione di nuovi Corsi di studio e la progressione delle carriere.

“C’è grande preoccupazione e non solo da parte mia – dice – per il disegno complessivo che sta dietro questi interventi e che certamente, se realizzato, determinerà un restringimento degli spazi di autonomia ed indipendenza degli Atenei”. Parte dalla riforma dell’Anvur: “è un atto del governo già sottoposto al parere delle Camere. L’aspetto peggiore, dal mio punto di vista, è l’eliminazione della tutela che era rappresentata dalla presenza nel comitato di selezione, incaricato di proporre un elenco di papabili per il Consiglio direttivo, del Presidente dell’Ocse, del Presidente dell’Accademia dei Lincei e dello European Research Council.

I componenti diventano di nomina ministeriale e il Ministro è anche quello che poi opera la scelta finale dei membri del Consiglio direttivo e del Presidente dell’Anvur. Il timore è che la comunità accademica non sia più sentita per nulla”. Aggiunge: “Vedo anche un altro pericolo. Oggi il professore universitario che va alla presidenza dell’Anvur o nel Consiglio direttivo deve mettersi in aspettativa.

Nel progetto del governo si specifica che i componenti del Consiglio direttivo dovranno mettersi in aspettativa, ma non si dice lo stesso per il Presidente. Se non è prevista aspettativa, sfido chiunque a pretendere che un docente si dimetta per svolgere il ruolo di Presidente dell’Anvur per alcuni anni. Il risultato sarebbe che nessuno dei futuri Presidenti dell’Anvur sarebbe un docente universitario”.

Le criticità della bozza Galli della Loggia sono poi molteplici, secondo il prof. De Caro: “Ne cito una. Nell’ambito del Senato Accademico i componenti dei gruppi destinati a svolgere le istruttorie sui documenti che saranno poi portati al voto dell’assemblea plenaria saranno per metà i Direttori dei Dipartimenti e per metà saranno scelti dal Rettore tra i professori Ordinari.

Poiché anche i Direttori dei Dipartimenti sono tutti docenti Ordinari noi annulleremmo in un solo colpo nella fase istruttoria, che è la più significativa, la rappresentanza degli Associati e di tutte le altre categorie universitarie, tecnici amministrativi e studenti inclusi”. Conclude: “L’esperienza svolta finora in Senato Accademico mi insegna che proprio nelle fasi istruttorie è essenziale il coinvolgimento di tutte le componenti dell’Ateneo. Un provvedimento si costruisce insieme, non lo si propone a scatola chiusa per chiedere poi di approvarlo”.

Catalanotti “Quel che preoccupa è il disegno complessivo”

Sospende il giudizio sulla bozza Galli della Loggia il prof. Vincenzo Pedone, Ordinario nel Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali della Vanvitelli e Presidente del Consiglio Universitario Nazionale, che è l’organo di consulenza del Ministero dell’Università del quale fanno parte 58 membri: tre Rettori, un Direttore Amministrativo di Ateneo, rappresentanti dei docenti, del personale tecnico amministrativo e bibliotecario e dei docenti.

“Credo che quel testo che sta circolando – dice – non sarà necessariamente un riferimento. Io sono nel gruppo di lavoro sulla legge 240 e non l’ho ricevuto. Non ha un titolo, nulla. Non posso davvero commentarlo in questo momento”. Fa parte anch’egli del CUN, tra i promotori dell’assemblea del 27 novembre, tra i componenti del forum nazionale dei docenti e tra i portavoce della Rete 29 aprile che nacque contro la legge 240, il prof. Bruno Catalanotti, che insegna Biologia molecolare alla Federico II, il quale commenta: “Quel che preoccupa è il disegno complessivo.

C’è un tentativo di attuare un controllo governativo su ogni espressione della vita democratica del Paese. Già la legge 240 ha definito una visione troppo verticistica e ha creato una monarchia costituzionale che funziona in maniera accettabile solo se il sovrano, alias il Rettore, è illuminato. Con la bozza Galli della Loggia si va ben oltre”. Catalanotti invita peraltro a riflettere sulla circostanza che attualmente al Ministero dell’Università sono insediate due Commissioni, una è la Galli della Loggia e l’altra è sulla 240.

“Sostanzialmente si occupano – dice – degli stessi temi. Credo che esista un conflitto e può darsi che quella espressa dal documento Galli della Loggia sia solo una delle visioni del futuro degli Atenei che sono presenti in questo momento all’interno del Ministero dell’Università”.

Al netto di ciò, la riflessione è che “certamente la riforma degli organi di governo non è la priorità oggi per le Università”. Chiarisce: “Abbiamo un sottofinanziamento che non permette di espandere il mondo delle conoscenze e siamo sempre legati a progetti finalizzati. I fondi del Pnrr certamente sono stati molto importanti e ci hanno permesso di acquistare apparecchiature mai viste prima, ma hanno orientato in maniera drammatica la ricerca verso quei progetti dove c’erano i soldi, a discapito di altri settori i quali, senza il contributo straordinario del Pnrr, hanno continuato a patire ristrettezze di risorse. C’è poi l’enorme problema del precariato.

Non ci sono i soldi per tenere all’interno del sistema universitario le persone che abbiamo formato e qualificato con i fondi del Pnrr. Andranno altrove. Parte verso l’industria, altre magari all’estero. Tutto ciò in un sistema Università che ha un rapporto numerico studenti-docenti molto alto e in un Paese che continua ad avere un numero di laureati molto più basso in percentuale rispetto ad altre realtà, per esempio al nord Europa. Credo che bisognerebbe che il governo si occupasse di queste questioni e lasciasse perdere i tentativi di modificare gli organi di governo degli Atenei all’insegna del verticismo e della riduzione degli spazi di discussione e di confronto”.
Fabrizio Geremicca

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Ateneapoli – n.19-20 – 2025 – Pagina 3-4-5

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