“L’oncologia è un campo dove puoi fare la differenza, ogni giorno. La preparazione tecnica è fondamentale, ma non basta: bisogna essere presenti, umani, autentici”. Un manifesto programmatico del medico e ricercatore che è stato finora, e pure del docente che sarà. Paolo Antonio Ascierto sale in cattedra. E non è solo un modo di dire: il volto simbolo dell’immunoterapia applicata al melanoma è diventato Ordinario di Oncologia alla Scuola di Medicina della Federico II.
L’annuncio entusiasta l’ha dato lui stesso agli inizi di ottobre sulle proprie pagine social. Il Direttore dell’Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia e Terapie Innovative dell’Istituto Pascale non ha nascosto l’emozione e, nell’intervista rilasciata ad Ateneapoli, ha dichiarato di voler “essere vicino agli studenti”, ai quali intende portare “casi clinici reali” e spiegare “come la ricerca trasli nella pratica”. Ma non solo. Da luminare che studia ogni giorno per trovare possibili contromisure al cancro, Ascierto ha valicato le mura universitarie toccando temi di stretta attualità, esprimendosi sulle difficoltà della sanità campana e definendo “segnale preoccupante” il fatto che il Registro tumori 2025 sia in realtà fermo ai dati del 2021.
Professore, ha assunto ufficialmente la carica di Ordinario di Oncologia alla Federico II. Sui suoi profili social l’ha definito “un vero ritorno a casa di mammà”. Che effetto le ha fatto?
“Assumere il ruolo di Ordinario alla Federico II è per me un grande onore e una forte emozione. Ho iniziato qui il mio percorso, quindi si tratta davvero di un ritorno alle origini, alla casa dove ho mosso i primi passi nel mondo della medicina e della ricerca. È un ritorno carico di significato personale e professionale”.
“Porterò in aula casi clinici reali”
Come scienziato e tra i massimi esperti di tumori al mondo produce nuove conoscenze; ora, come docente, è chiamato anche a trasmetterle. Per lei è una sfida nuova: che professore vuole essere?
“Voglio essere un professore che stimola la curiosità, che accompagna e non impone, che mostra come la scienza sia prima di tutto passione e metodo. Cercherò di essere vicino agli studenti, condividendo non solo le nozioni, ma anche le esperienze maturate sul campo”.
Lei è conosciuto a livello internazionale per il lavoro svolto in particolare sull’immunoterapia applicata al melanoma. Come intende tradurre questa esperienza nella didattica universitaria?
“L’immunoterapia è stata una rivoluzione nel trattamento di molti tumori. Porterò in aula casi clinici reali, aggiornamenti di frontiera e riflessioni su come la ricerca trasli nella pratica. Credo che mostrare agli studenti il collegamento tra teoria e applicazione clinica sia fondamentale”.
Più in generale, ci racconta come strutturerà il corso?
“Il corso sarà modulare: una parte teorica solida, con solide basi di oncologia molecolare e clinica, affiancata da una parte interattiva, con seminari, discussioni di casi e, dove possibile, attività sul campo. Il mio obiettivo è formare studenti che sappiano ragionare, non solo memorizzare”.
Più di qualche studente ha dichiarato sulle pagine di questo giornale che a volte i programmi d’esame fanno perdere la curiosità lungo il cammino. Come si tiene vivo il desiderio di conoscenza?
“Insegnerò sia a studenti che a specializzandi, e credo che la chiave sia far percepire il senso e l’impatto di ciò che si studia. Quando gli studenti capiscono che ciò che imparano può cambiare la vita di una persona, la motivazione cresce. Cercherò di mantenere sempre vivo questo collegamento con la realtà”.
Ha già dichiarato che proseguirà con l’attività ospedaliera e quella di ricerca. Come le coordinerà con l’insegnamento?
“Con molta organizzazione, certo, ma anche con entusiasmo. L’insegnamento è una naturale estensione del lavoro clinico e scientifico. E poi, tutto è connesso: la clinica alimenta la ricerca, la ricerca nutre la didattica. È un equilibrio dinamico, ma stimolante”.
La Federico II ospita una delle più grandi scuole di Medicina d’Italia e di recente è stato introdotto il semestre filtro. Le grandi dimensioni possono essere un ostacolo per la qualità della formazione?
“La sfida è reale, ma non insormontabile. Serve innovazione didattica, uso intelligente delle tecnologie e attenzione all’individuo. Il semestre filtro può essere uno strumento utile, ma va accompagnato da un percorso di orientamento e supporto che aiuti gli studenti a trovare la propria strada”.
Il messaggio agli studenti “Bisogna essere presenti, umani, autentici”
Nella nostra regione il Registro tumori 2025 è aggiornato in realtà al 2021. Che segnale lanciano le istituzioni ai cittadini campani e a chi come lei contribuisce al progresso da una vita?
“È un segnale preoccupante. I dati aggiornati sono fondamentali per programmare interventi efficaci. La mancanza di tempestività indebolisce la capacità di risposta del sistema sanitario. È necessario investire in questo strumento essenziale, perché dietro ogni numero c’è una persona”.
Spesso sottolinea che la migliore arma contro i tumori è la prevenzione. Come si vince questa sfida in Campania, che ha una sanità commissariata, afflitta da tempi di attesa prolungati e difficoltà nell’accesso a trattamenti specialistici?
“Con una strategia forte, integrata e continua. Serve informazione, serve accesso, serve fiducia. Non si può combattere il cancro se le persone non fanno prevenzione perché non sanno, non possono o non si fidano. In Campania abbiamo professionisti eccellenti, ma bisogna sostenerli con risorse e visione”.
C’è un episodio della sua vita di medico che fatica a dimenticare?
“Ce ne sono tanti. Ma uno in particolare riguarda un giovane paziente con melanoma avanzato che, grazie all’immunoterapia, è riuscito a superare la malattia. Oggi è padre di due bambini. In quei momenti, capisci che il tuo lavoro ha davvero un senso profondo”.
Un messaggio agli studenti di Medicina che si avvicinano all’oncologia: cosa serve oggi, oltre alla preparazione scientifica, per affrontare questa disciplina in modo consapevole?
“Serve empatia, resilienza, capacità di ascolto. L’oncologia è una disciplina che mette alla prova, che ti cambia. Ma è anche un campo dove puoi fare la differenza, ogni giorno. La preparazione tecnica è fondamentale, ma non basta: bisogna essere presenti, umani, autentici”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n.16 – 2025 – Pagina 7