Simona Paladino, docente a Medicina, ‘numero 7’ alla Politano sui campi di calcio

Dalla mattina al pomeriggio siede dietro la cattedra insegnando Biologia applicata a schiere di studenti e trascorre tempo nei laboratori del Dipartimento federiciano di Medicina molecolare e Biotecnologie Mediche per svelare i misteri di quella stessa materia. Di sera, due volte a settimana, cambia tutto. Abbandona slides e microscopio per indossare il completo della propria squadra di calcio a 5 – “è il mio antistress da sempre, una passione che dura da quando ero bambina, l’ultima partita l’ho giocata proprio ieri sera”.

Negli ultimi anni è arretrata nel ruolo di portiere per qualche piccolo acciacco – è riuscita comunque a vincere un premio come la migliore tra i pali lo scorso anno. Ma la visione periferica e la ‘carriera’ sul rettangolo verde (anche di calcio a 11) raccontano di un ‘numero 7’ alla Politano, tanta gamba e intensità sulla fascia arricchite dalla qualità e dalla cattiveria nel saper far male davanti alla porta avversaria. Forse la prof.ssa Simona Paladino, volto noto della Federico II, è stata un’ala moderna che nel suo prime – come si dice oggi nel gergo calcistico – avrebbe fatto gola a tante squadre.

Di sé dice: “aiuto in difesa e non mollo mai, non ho paura dei contrasti, e quando posso mi spingo in avanti per fare male”. E non a caso uno dei suoi riferimenti è Edgar Davids, calciatore dotato di grande temperamento e di capacità di inserimento che spaccava le squadre, uno dei migliori centrocampisti di fine anni ’90 e inizio 2000. E pure Cristiano Ronaldo, per la disciplina quasi ossessiva nel perorare la causa di un fisico spinto al massimo delle prestazioni. Due ex juventini, penserà più di qualcuno che ha l’azzurro nel cuore. Niente paura. Solo una grande sportività nel riconoscere il talento.

“Sono tifosa del Napoli”. E come tale, non manca la scaramanzia in proiezione della stagione appena iniziata: “preferisco non esprimermi, ma vedo grande unità d’intenti tra squadra, allenatore e società. E soprattutto c’è una grande mentalità. La testa e la disciplina sono fondamentali, solo con il talento non si va da nessuna parte. Incrociamo le dita!”. Per risalire alle origini di questa passione bisogna ritornare al tempo degli amici del parco dove viveva da piccola: “una mia amica e io ci facemmo spazio in un gruppo di ragazzi, giocavamo anche per strada”. Poi, dalla scuola all’università, nulla è cambiato: “l’amore per il calcio è rimasto intatto. Con un’altra amica ho partecipato a un primo torneo di Calcio a 5 militando in una squadra che si chiamava “ER Medici in prima linea”, come la serie tv che andava forte all’epoca”.

Poi, durante il post doc, l’esperienza di Calcio a 11 in Francia da tesserata in una squadra di nome “Bon Conseil”, dove è riuscita a guadagnare la promozione alla categoria successiva: “una delle emozioni più belle legate a questo sport per me. È stato il coronamento di ciò che per scelta personale non ho potuto fare in Italia, perché il mio progetto di vita era realizzarmi nel mio attuale lavoro”. E proprio durante il soggiorno in Francia, dove la chiamavano ironicamente “l’italien”, Paladino ha realizzato uno dei suoi gol più belli: “una staffilata rasoterra dal limite dell’area, di sinistro, che non è il mio piede preferito. Che soddisfazione”.

Senza dimenticare “il colpo di tacco che ha portato la vittoria in una partita di Calcio a 5”. In questo periodo, invece, “gioco due volte a settimane e di tanto in tanto con la squadra Friends for Football partecipiamo anche ad alcuni tornei”. Nel tempo si è trovata a giocare con ex calciatrici del calibro di Barbara Nardi (ha giocato con Carolina Morace nel Milan), oggi allenatrice con patentino preso a Coverciano, e Doriana Irace. Ragazze molto talentuose che rappresentano un valore aggiunto per ogni squadra. Ad ogni modo, nonostante il più classico degli infortuni al crociato rimediato qualche anno fa e una discopatia recente che l’ha tenuta ferma per un po’, la prof.ssa Paladino non ha alcuna intenzione di relegare gli scarpini con i tacchetti a ricordo nostalgico.

E scherza: “mi ritirerò solo quando me lo imporrà il fisico, come pure dice uno dei miei mentori didattici, Lucio Nitsch (Professore Emerito di biologia applicata, ndr), con cui condivido questa passione”. D’altronde la caratteristica che riesce a portare tanto nel lavoro che sul prato verde è “la tenacia”. Che le viene riconosciuta: “tutti mi dicono che sono perseverante, credo sempre nell’obiettivo anche se è difficile”. Paladino chiude l’intervista con una riflessione sulla forte componente maschilista che attanaglia tutt’oggi il movimento calcistico e la cultura che lo accompagna. Anche se vede un po’ di luce all’orizzonte per il calcio femminile.

“Mi è capitato di vedere amiche che pur desiderando fortemente diventare professioniste hanno incontrato tante difficoltà. Personalmente ringrazio i miei genitori che non mi hanno mai detto di non poter giocare a calcio solo perché donna, cosa imposta invece ad altre ragazze che ho conosciuto, costrette a farlo di nascosto. Ahimè, oggi, al Nord Italia la situazione è migliore – tante squadre importanti stanno puntando sul settore femminile. In generale c’è ancora tanta strada da percorrere, ma stiamo facendo passi in avanti”.
Claudio Tranchino
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Ateneapoli – n. 13-14 – 2025 – Pagina 9

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