Avete mai pensato che uno sport elegante e senza tempo come il tennis si potesse ‘ingegnerizzare’? Lo sogna Francesco Saverio Pepe, maestro di tennis al Cus Napoli che, poche settimane fa, ha conseguito la Laurea Triennale in Scienza e Ingegneria dei Materiali alla Federico II, indossando la corona d’alloro con il nastro rosso tra gli applausi di amici e parenti, e sommerso da messaggi affettuosi da parte dei suoi atleti, grandi e piccini.
Dopo aver preso in mano la racchetta per la prima volta a soli sei anni, una volta maggiorenne Francesco si è subito messo a studiare per diventare istruttore federale di primo grado e da tre anni, ormai, è al CUS ad insegnare lo sport che ama a bambini e universitari. Contemporaneamente, si è iscritto alla Federico II sicuro al 100% di voler diventare ingegnere, anche se proveniva dal liceo classico. Una parola per descrivere il primo impatto con l’Università? “Traumatico”, risponde secco.
“Ma non ho messo in dubbio la mia scelta neanche un istante”, aggiunge subito, “e senza perdere tempo sono arrivato al mio obiettivo”. Due percorsi apparentemente destinati a non incontrarsi se non in quelle poche ore in cui, dopo una lunga giornata, lo zaino con i libri e il borsone con le racchette riposano vicini in attesa di una nuova alba di studio e lavoro. Invece, Francesco ha trovato la quadra per non rinunciare né all’una né all’altra strada: “Vorrei applicare le mie conoscenze nel campo dei materiali e creare tecnologie innovative per migliorare l’attrezzatura per il tennis, dalle racchette alle scarpe, alle superfici di gioco”, racconta.
Un modo per restituire qualcosa ad uno sport che, per lui, è stata una vera e propria scuola di vita: “Ho capito quanto mi avesse formato quando mi sono reso conto che prima di un esame ripetevo le stesse frasi che mi dicevo in campo – rivela – È uno sport in cui sei da solo davanti ai tuoi problemi e sono stato abituato a questo fin da piccolo.
Quando hai di fronte un avversario difficile devi cercare di trovare una soluzione per adattarti al suo stile di gioco e questa stessa mentalità la applico anche quando ho un esame molto difficile oppure ho poco tempo per prepararlo: non mi do mai per vinto, cerco sempre di riuscire a organizzarmi”.
L’arte di gestire il proprio tempo, soprattutto nel lungo periodo, è una sfida con cui Francesco ha dovuto fare i conti già da prima dell’Università, quando ancora abitava a Meta di Sorrento e il tempo trascorso sui mezzi, per raggiungere scuola e allenamenti, imponeva di non perdere neanche un secondo. Paradossalmente, ad avere troppo tempo per le mani a volte si finisce per sprecarlo.
“Oggi programmo lo studio nel lungo periodo e cerco di sfruttare al massimo ogni ritaglio di tempo”: questa è la lezione che cerca di trasmettere ai suoi piccoli atleti al CUS. Con i più grandi, invece, la dimensione è quella del confronto e dello scambio reciproco. Quando qualcuno salta gli allenamenti perché è sotto esame, cerca di spronarlo a non mollare lo sport: “L’errore classico è tagliare fuori tutto e studiare solamente.
Invece, è proprio quando il carico di stress aumenta che bisogna cercare di ampliare le cose da fare per non finire oppressi e trovare una valvola di sfogo. Un’ora di allenamento di certo non compromette la preparazione per un esame. Può solamente fare bene e aiutare a migliorare un po’ l’umore in vista di una sfida così importante”, suggerisce.
Certo, non è sempre facile conciliare i due impegni: “Ci tengo ad andare a lezione, perché credo che ad Ingegneria non si possa fare a meno di seguire, ma ci sono giorni in cui finisco i corsi alle 15:30 e alle 16:00 devo attaccare a lavorare per poi finire alle 20:00”. Per chi guarda dall’esterno verrebbe da chiedersi: chi te lo fa fare? Francesco, invece, questa domanda non se l’è mai posta. “Mi fa sentire vivo”.
Gi.Ci.
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Ateneapoli – n.17 – 2025 – Pagina 35







