Quando immaginiamo il nostro futuro, spesso pensiamo ad un piano A e un piano B: un sogno da inseguire e una strada di riserva nel caso andasse male. Per Mattia Rocchino, ventenne napoletano campione alle Universiadi 2025 nella pallanuoto, invece, non esistono ripieghi: università e sport? Sono entrambi piani A.
Studente federiciano al terzo anno di Ingegneria Biomedica, Mattia è stato tra i selezionati dalla Federcusi che a Rhine-Rhur hanno difeso l’oro universitario mondiale conquistato dai colleghi precedenti per due edizioni consecutive. Una vittoria importante per gli azzurri, ma ancora più importante per Mattia, che è alla sua prima medaglia in campo internazionale.
Lo intervistiamo al termine di una giornata di esame, precisamente dopo aver dato “Fondamenti di chimica”: “è andato bene, spero. Attendo i risultati per passare all’orale”, racconta. Dopo l’esame è andato in vasca ad allenarsi: quando vivi due vite parallele nessuna delle due può mettere in pausa l’altra. I sacrifici non mancano, ma guai a parlare di peso: “è più corretto definirlo impegno – corregge Mattia – fare entrambe le cose è una scelta: chi la compie è consapevole di cosa comporta e come deve portarla avanti”.
A volte esami e gare si accavallano: “devo focalizzare tutte le mie attenzioni sullo studio, da un lato, e dall’altro vado in piscina, e allo sforzo mentale si aggiunge quello fisico, perché siamo agli sgoccioli di una partita”, racconta, ma nessuna delle due cose arriva mai a sottrarre tempo all’altra. “Lo sport lo vivo appieno e nello studio mi impegno al massimo: si tratta solo di distribuire le energie in modo corretto e così anche il tempo”, afferma.
E se poi arriva una soddisfazione, come quella di un oro universitario mondiale, tutti quegli sforzi per cui ogni tanto ci si chiede se ne valga davvero la pena ritrovano un senso. Forse proprio questa, a detta di Mattia, è stata la chiave del successo della nazionale italiana in Germania: “Il bello di rappresentare l’Italia è ritrovarsi con persone che condividono la tua stessa passione sportiva. In questo caso, le cose in comune erano due: lo sport e la carriera universitaria. Facciamo tutti gli stessi sacrifici e in acqua avevamo quella spinta in più non solo del vincere sul piano sportivo, ma dell’andarci a prendere una gratificazione per tutti i sacrifici che noi studenti-atleti facciamo quotidianamente”, commenta.
Giocare con altri universitari, rivela Mattia, non è però raro nel suo sport: “Nella pallanuoto c’è un’alta percentuale di studenti, non è uno sport ricco e la maggior parte dei miei coetanei è iscritto chi ad università pubbliche, chi ad università private, chi alle telematiche, ma comunque cercano di costruirsi anche un’altra strada”, riporta.
Non è detto, però, che le due vocazioni debbano necessariamente escludersi a vicenda: “può capitare, ad un certo punto, di ritrovarsi di fronte ad un bivio, ma la pallanuoto è piena di esempi di persone affermate nel lavoro che, al contempo, hanno mantenuto una carriera sportiva di alto livello per tanti anni”, commenta Mattia. Del resto, è un po’ ciò che spera per se stesso: “sono entrambe il mio piano A”, afferma convintamente, “sono un ragazzo che ha sempre messo sia lo sport che lo studio al primo posto: quando arrivi a vent’anni che continui a praticare sport ad alto livello è perché hai una passione talmente grande che non vorresti lasciare mai”, confessa.
A Ingegneria biomedica, indirizzo industriale, ci è arrivato assecondando un amore nato tra i banchi di scuola per la matematica, la fisica e la chimica e con il desiderio di lavorare in ambito medico, ma da un punto di vista diverso da quello del dottore o del chirurgo, come ad esempio quello di chi progetta protesi. In piscina, invece, si era tuffato per la prima volta da bambino con la scuola nuoto. Poi, quando aveva quattro anni, un allenatore gli chiese se volesse provare la pallanuoto: “ho accettato e da allora non ci siamo più lasciati”, spiega.
Chissà se immaginava che, anni dopo, avrebbe vinto un oro mondiale universitario, che sarebbe arrivato in serie A1, nella rosa del circolo Posillipo, e che sarebbe finito ad allenarsi tutti i giorni, anche più volte al giorno, destreggiandosi tra piscina e università… Una sua giornata tipo? Qualche volta si allena in serata, e allora la mattina studia e va a lezione. Altre, invece, si scende in acqua già nelle prime ore della giornata e poi si ritorna la sera; quindi, il tempo tra un allenamento e l’altro va ottimizzato al massimo. Sabato è giorno di partite, ma se c’è una trasferta si può partire già dal venerdì e, ogni tanto, qualche lezione purtroppo si perde.
La domenica? “Riposo! È sacra” – almeno questa. “Vado a seguire ogni volta che posso – racconta Mattia – mi sono reso conto che aiuta tantissimo, ma devo ottimizzare il tempo e quindi cerco di fare una selezione tra le materie che ritengo più ostiche. Se, ad esempio, so di avere a disposizione quattro ore di studio in una mattinata, magari seguo per due ore e le altre due me le riservo per studiare da solo, cercando di anticiparmi sul resto”.
Alla fine, per quanto sport e studio possano sembrare due mondi paralleli, per Mattia vanno affrontati con la stessa mentalità ed entrambi gli hanno trasmesso la stessa lezione di vita: “Seminare costantemente per raccogliere anche solo un briciolo, un giorno. A volte può sembrare di star faticando invano, ma quando le soddisfazioni iniziano ad arrivare non c’è cosa più bella. Alla fine sia nello sport che nello studio il duro lavoro e i sacrifici ripagano sempre”.
Giulia Cioffi
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Ateneapoli – n.16 – 2025 – Pagina 39