‘Religioni e identità’: è partita lo scorso 14 marzo la quarta edizione de I Saperi dell’Orientale. Fino al 23 maggio dieci docenti si succederanno in interventi volti a decifrare in una prospettiva storica la diversità multireligiosa del panorama attuale, in Italia e in Europa. L’appuntamento con cadenza settimanale si terrà di mercoledì alle ore 19 nella sede del Rettorato presso Palazzo Du Mesnil in via Chiatamone. Obiettivo cardine del ciclo di conferenze, a cura del prof. Roberto Tottoli, è: “sviluppare una serie di conoscenze di base sulla complessità della società in cui viviamo”. In particolare, “questo ciclo sulle religioni toccherà le identità di vari popoli, ma approfondirà anche aspetti come il laicismo e il futuro di certe confessioni come, per esempio, quella dell’Islam. Uscita ultimamente dal dibattito, rimane ancora per molti un universo misterioso e poco comprensibile”, afferma il docente di Islamistica. Come ogni anno, “anche in questa occasione abbiamo voluto rendere quanto più aperte e pubbliche le competenze che caratterizzano da sempre il nostro Ateneo”, commenta la Rettrice Elda Morlicchio. Dopo una prima edizione sul mondo islamico nel 2015, la seconda sul tema del Gender e quella dell’anno scorso sul rapporto tra Italia e America Latina, la questione dell’identità religiosa rientra a suo agio nell’alveo delle tematiche culturali che trovano terreno fertile in un’Università a forte vocazione internazionalista. Del resto, “la spiritualità fa parte della nostra vita quotidiana, perciò porteremo avanti discorsi con lo scopo di instaurare un vivace dialogo tra le religioni per conoscere gli altri e se stessi”, continua la Rettrice.
La parola alla Rettrice
In base a quale criterio si sceglie il tema di riflessione comune per i Saperi?
“La condizione deve essere una sola: l’interdisciplinarità, perché ciò consente la partecipazione di un maggior numero di docenti. Inoltre, bisogna che le tematiche non siano troppo specialistiche così che possano incontrare l’interesse anche di chi non frequenta l’Università nel quotidiano. Difatti, gli incontri non prevedono ospiti esterni. Di solito, faccio una call in autunno e i vari suggerimenti in merito alle tematiche provengono dai colleghi dei tre Dipartimenti. Per noi rappresenta un appuntamento fisso per spiegare alla città cosa accade nelle mura de L’Orientale, quali ricerche vengono portate avanti e quali sono i nostri interessi culturali”.
In che modo l’insegnamento delle Religioni, all’interno dell’orizzonte di studi de L’Orientale, dialoga con gli altri a carattere linguistico, letterario, filologico, storico-artistico?
“L’apprendimento delle lingue – percepito come la caratteristica principale del nostro Ateneo – non può prescindere dall’apprendimento delle culture di cui queste lingue sono espressione. La religione è un aspetto importante della cultura. Chi studia una lingua deve imprescindibilmente conoscere anche la storia e la cultura legate a questa lingua. Inoltre, i testi sacri in quanto testi di parola, radicati profondamente nei significati della lingua, richiedono un’appropriata analisi di tipo linguistico-filologico anzitutto e in altri casi addirittura di tipo letterario. Dunque, occuparsi di testi religiosi non è un’attività disgiunta da quella che si fa a proposito di altri documenti. Peraltro, la religione trova espressione nell’arte. Si pensi all’importanza dell’iconografia e della sua storia, o al rapporto di totale negazione che alcune religioni hanno nei confronti dell’immagine, o all’aniconismo nell’Islam”.
Sullo sfondo dello scenario socio-politico contemporaneo, qual è il ruolo che la religione riveste nella costruzione di un’identità, personale e collettiva?
“La questione in realtà è anche più ampia: in molti casi, lo scenario acuisce fenomeni critici preesistenti che ci sono sempre stati. Spesso la religione è divenuta il solo elemento caratterizzante per distinguere una comunità dall’altra. Penso alle comunità di emigranti italiani, che da cattolici, abituati a frequentare la chiesa come luogo di incontro e scambio, trapiantati altrove durante l’immigrazione – a cavallo tra Ottocento e Novecento – hanno sentito il bisogno di ricostruire e aggrapparsi a questi rituali collettivi di fede per non perdere la propria identità originaria e rafforzare un senso di coesione sociale”.
In che modo, l’Italia e l’Europa sono protagoniste di questa temperie multi-religiosa?
“Siamo in un’epoca in cui le popolazioni, i gruppi e le etnie sono profondamente interconnessi. Negli anni Sessanta giovani avventurosi viaggiavano nei paesi dell’Estremo Oriente confrontandosi con le realtà di induismo, buddhismo, yoga, mossi dal piacere e dalla curiosità di scoprire l’altro da sé. A differenza di 50 anni fa, queste realtà religiose adesso sono vive in mezzo a noi e tutti possono approfondirle e conoscerle meglio, perché la globalizzazione e le migrazioni hanno facilitato la possibilità di comunicazione e di contatti. In altri casi, come per l’ebraismo, si tratta di fenomeni che fanno parte integrante della storia dell’Italia e della nostra realtà culturale, anche se a volte ingiustamente misconosciuti”.
‘Il dialogo interreligioso come fondamento della civiltà’. In un clima di paura legato al terrorismo di matrice religiosa, un’affermazione più vera che mai?
“La conoscenza di una o più religioni costituisce un elemento indispensabile per la costruzione di una pacifica società multiculturale, che sappia cogliere il valore della tolleranza, la ricchezza delle identità e delle differenze. È un argomento di cui si parla all’Università, ma anche un principio che regola ogni aspetto della vita umana. Per esempio, se in ospedale è ricoverata una persona che professa una certa religione, la quale prevede prescrizioni particolari riguardo al rapporto col proprio corpo o con l’altro sesso, bisogna tenerne assolutamente conto, altrimenti ciò rischia di rappresentare una violazione dei diritti del soggetto. Conoscere bene i principi basilari e i valori spirituali delle religioni presenti in Italia, a mio avviso, è dovere di ogni cittadino”.
“La condizione deve essere una sola: l’interdisciplinarità, perché ciò consente la partecipazione di un maggior numero di docenti. Inoltre, bisogna che le tematiche non siano troppo specialistiche così che possano incontrare l’interesse anche di chi non frequenta l’Università nel quotidiano. Difatti, gli incontri non prevedono ospiti esterni. Di solito, faccio una call in autunno e i vari suggerimenti in merito alle tematiche provengono dai colleghi dei tre Dipartimenti. Per noi rappresenta un appuntamento fisso per spiegare alla città cosa accade nelle mura de L’Orientale, quali ricerche vengono portate avanti e quali sono i nostri interessi culturali”.
In che modo l’insegnamento delle Religioni, all’interno dell’orizzonte di studi de L’Orientale, dialoga con gli altri a carattere linguistico, letterario, filologico, storico-artistico?
“L’apprendimento delle lingue – percepito come la caratteristica principale del nostro Ateneo – non può prescindere dall’apprendimento delle culture di cui queste lingue sono espressione. La religione è un aspetto importante della cultura. Chi studia una lingua deve imprescindibilmente conoscere anche la storia e la cultura legate a questa lingua. Inoltre, i testi sacri in quanto testi di parola, radicati profondamente nei significati della lingua, richiedono un’appropriata analisi di tipo linguistico-filologico anzitutto e in altri casi addirittura di tipo letterario. Dunque, occuparsi di testi religiosi non è un’attività disgiunta da quella che si fa a proposito di altri documenti. Peraltro, la religione trova espressione nell’arte. Si pensi all’importanza dell’iconografia e della sua storia, o al rapporto di totale negazione che alcune religioni hanno nei confronti dell’immagine, o all’aniconismo nell’Islam”.
Sullo sfondo dello scenario socio-politico contemporaneo, qual è il ruolo che la religione riveste nella costruzione di un’identità, personale e collettiva?
“La questione in realtà è anche più ampia: in molti casi, lo scenario acuisce fenomeni critici preesistenti che ci sono sempre stati. Spesso la religione è divenuta il solo elemento caratterizzante per distinguere una comunità dall’altra. Penso alle comunità di emigranti italiani, che da cattolici, abituati a frequentare la chiesa come luogo di incontro e scambio, trapiantati altrove durante l’immigrazione – a cavallo tra Ottocento e Novecento – hanno sentito il bisogno di ricostruire e aggrapparsi a questi rituali collettivi di fede per non perdere la propria identità originaria e rafforzare un senso di coesione sociale”.
In che modo, l’Italia e l’Europa sono protagoniste di questa temperie multi-religiosa?
“Siamo in un’epoca in cui le popolazioni, i gruppi e le etnie sono profondamente interconnessi. Negli anni Sessanta giovani avventurosi viaggiavano nei paesi dell’Estremo Oriente confrontandosi con le realtà di induismo, buddhismo, yoga, mossi dal piacere e dalla curiosità di scoprire l’altro da sé. A differenza di 50 anni fa, queste realtà religiose adesso sono vive in mezzo a noi e tutti possono approfondirle e conoscerle meglio, perché la globalizzazione e le migrazioni hanno facilitato la possibilità di comunicazione e di contatti. In altri casi, come per l’ebraismo, si tratta di fenomeni che fanno parte integrante della storia dell’Italia e della nostra realtà culturale, anche se a volte ingiustamente misconosciuti”.
‘Il dialogo interreligioso come fondamento della civiltà’. In un clima di paura legato al terrorismo di matrice religiosa, un’affermazione più vera che mai?
“La conoscenza di una o più religioni costituisce un elemento indispensabile per la costruzione di una pacifica società multiculturale, che sappia cogliere il valore della tolleranza, la ricchezza delle identità e delle differenze. È un argomento di cui si parla all’Università, ma anche un principio che regola ogni aspetto della vita umana. Per esempio, se in ospedale è ricoverata una persona che professa una certa religione, la quale prevede prescrizioni particolari riguardo al rapporto col proprio corpo o con l’altro sesso, bisogna tenerne assolutamente conto, altrimenti ciò rischia di rappresentare una violazione dei diritti del soggetto. Conoscere bene i principi basilari e i valori spirituali delle religioni presenti in Italia, a mio avviso, è dovere di ogni cittadino”.
Le novità del
prossimo anno
prossimo anno
S’intende promuovere in futuro ulteriori cicli di seminari volti a incentivare la terza missione?
“Il mio auspicio è quello di continuare con questa iniziativa per tutta la durata del mio mandato, non per dovere istituzionale, bensì per il piacere di comunicare agli altri i nostri interessi di studio e ricerca personale. Pertanto, prevedo che ci saranno almeno altri due cicli de ‘I Saperi’. Ci piace farlo per tutta la città, ma è anche un’occasione per noi docenti per vedere, sentire e toccare con mano come procede il lavoro all’interno dell’Ateneo, anche perché non sempre si ha l’opportunità di seguire tutti i convegni in programma. Resta un po’ d’amarezza però nel constatare ciononostante la scarsa presenza dei giovani in generale e dei nostri studenti in platea. Sicuramente l’orario serale non aiuta, molti sono fuorisede, altri non possono trattenersi fino a tarda ora, per cui c’è difficoltà a coinvolgerli”.
Intanto, quali novità didattiche si prospettano per il prossimo anno?
“L’offerta didattica non subirà cambiamenti radicali, soltanto una riorganizzazione a livello di Laurea Magistrale. Per esempio, si accorperanno i due Corsi di secondo livello che afferiscono al Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo. Abbiamo previsto inoltre l’inserimento nei percorsi di studio di discipline che – alla luce delle recenti normative – riguardano l’accesso ai percorsi di formazione per insegnanti nella scuola secondaria. Il percorso delle Lauree Triennali non subirà scossoni. D’altronde, i dati relativi alle immatricolazioni ci confortano. E quest’anno abbiamo registrato con molta soddisfazione un notevole incremento anche sul Corso di Laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Introdurre modifiche che vadano a puntare su un ampliamento potrebbe, alla luce dei tagli che abbiamo avuto negli ultimi anni, danneggiare la qualità di alcuni percorsi. Per adesso il nostro obiettivo è consolidare e migliorare in qualità l’offerta formativa già presente”.
Sabrina Sabatino
“Il mio auspicio è quello di continuare con questa iniziativa per tutta la durata del mio mandato, non per dovere istituzionale, bensì per il piacere di comunicare agli altri i nostri interessi di studio e ricerca personale. Pertanto, prevedo che ci saranno almeno altri due cicli de ‘I Saperi’. Ci piace farlo per tutta la città, ma è anche un’occasione per noi docenti per vedere, sentire e toccare con mano come procede il lavoro all’interno dell’Ateneo, anche perché non sempre si ha l’opportunità di seguire tutti i convegni in programma. Resta un po’ d’amarezza però nel constatare ciononostante la scarsa presenza dei giovani in generale e dei nostri studenti in platea. Sicuramente l’orario serale non aiuta, molti sono fuorisede, altri non possono trattenersi fino a tarda ora, per cui c’è difficoltà a coinvolgerli”.
Intanto, quali novità didattiche si prospettano per il prossimo anno?
“L’offerta didattica non subirà cambiamenti radicali, soltanto una riorganizzazione a livello di Laurea Magistrale. Per esempio, si accorperanno i due Corsi di secondo livello che afferiscono al Dipartimento di Asia, Africa e Mediterraneo. Abbiamo previsto inoltre l’inserimento nei percorsi di studio di discipline che – alla luce delle recenti normative – riguardano l’accesso ai percorsi di formazione per insegnanti nella scuola secondaria. Il percorso delle Lauree Triennali non subirà scossoni. D’altronde, i dati relativi alle immatricolazioni ci confortano. E quest’anno abbiamo registrato con molta soddisfazione un notevole incremento anche sul Corso di Laurea in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali. Introdurre modifiche che vadano a puntare su un ampliamento potrebbe, alla luce dei tagli che abbiamo avuto negli ultimi anni, danneggiare la qualità di alcuni percorsi. Per adesso il nostro obiettivo è consolidare e migliorare in qualità l’offerta formativa già presente”.
Sabrina Sabatino







