Ci si iscriva a Medicina per la sete di sapere

“I quiz sono sicuramente un sistema obiettivo di selezione, però premiano le persone che si sono più impegnate e non quelle più idonee a fare i medici” ad affermarlo è il Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia della Federico II Giovanni Persico. “Trovo strano che non sia più valutato il percorso formativo dei diplomati, che non venga più preso in considerazione il voto della maturità – sostiene il Preside – Anche quello era un criterio sistematico che permetteva a chi si era distinto nella scuola secondaria di avere un riconoscimento”. Per valutare adeguatamente i candidati secondo il Preside Persico occorrerebbe un colloquio, ma neppure questa soluzione risulta praticabile perché più esposta a sospetti di parzialità nei confronti per esempio di ‘eventuali raccomandati’. “Io focalizzerei molto il test sulla preparazione nelle materie tecniche che sono alla base della medicina Punterei di più su chimica, fisica, biologia, matematica e abolirei la parte sulla comprensione del testo”.
Il Preside Persico ritiene che la logica sia utile in tutte le professioni, mentre la cultura generale serva un po’ meno a chi vuole iniziare a studiare medicina. “L’ideale sarebbe poter chiedere ai ragazzi perché vogliono intraprendere questa professione questa è forse la domanda più interessante.” In un ipotetico colloquio, il Preside vorrebbe poter sfatare il mito che i medici guadagnano molto: “I soldi  non possono essere la molla che spinge ad iscriversi. Le motivazioni dovrebbero essere la sete di sapere, il piacere di studiare e dunque la volontà di apprendere. Ma bisogna essere consapevoli che chi inizia questo percorso non lo terminerà mai. Non tutti sanno che in questo mestiere l’aggiornamento è continuo. Dopo pochi anni il 50% di quello che si è studiato è già obsoleto”.
Occorre, inoltre, aver ben presente che si va incontro ai 6 anni del corso di laurea più ai 4 di specializzazione, per cui si comincerà a lavorare perlomeno 10- 11 anni dopo che si è iniziato questo percorso. “Solo lo studente più assiduo e geniale può immettersi nel mondo del lavoro a 30 anni per lavorare – avverte il Preside – Senza contare che se la selezione d’ingresso è difficile,  ancor più complessa è quella per essere ammessi alla Specializzazione”.
Un medico d’altronde serve sempre… Anche se per scoraggiare la maggior parte degli aspiranti forse basterebbe farli trascorrere una mezza giornata fianco a fianco di chi lavora al Pronto Soccorso del Cardarelli?. “Certo, la situazione non è idillica come immaginano alcuni ragazzi ma ciò che più deve preoccupare è la crescita delle responsabilità medico-legali. Nel corso degli ultimi venti anni è aumentato progressivamente il contenzioso nei confront dei medici, che prima era solo episodico”.
Un ragazzo che si iscrive a Medicina spesso non pensa ad andare a lavorare nelle ASL, ma immagina di intraprendere la carriera universitaria, di divenire un libero professionista… “Non è più così, una volta c’era un grande attaccamento alla carriera di tipo ospedaliero o universitario, ora il giovane si sa guardare intorno. Sa che ci sono diversi tipi di contratto e che non sarà facile per lui ottenere il posto fisso”.
Ciò che nutre la passione dei ragazzi per la medicina è spesso il desiderio di fare qualcosa di importante per il prossimo. Non è detto, però, che questo desiderio sia garanzia di un approccio corretto col malato. “Il rapporto con il paziente dovrebbe essere materia di studio. Insegnamo le patologie ma non che dietro ogni malattia c’è sempre un essere umano con i suoi problemi. La Facoltà deve impegnarsi per far capire agli studenti che, sebbene il rapporto con il paziente non possa essere una materia scritta, è necessario imparare a gestirlo piano piano sul campo. Noi ci auguriamo che con il tirocinio sia sempre più realizzabile questa vicinanza.” 
Chirurgia significa, però, non solo  contatto con il paziente ma anche contatto con un corpo aperto… “A quello ci si abitua. Non bisogna mitizzare il chirurgo: è solo un medico con alcune precise caratteristiche. Deve essere in grado di prendere decisioni importanti rapidamente, deve rimanere sempre vigile per rispetto nei confronti dell’ammalato e mantenersi freddo e distaccato. E’ un mestiere duro. Dopo un po’ di anni ci si abitua ma è necessario conservare queste specifiche caratteristiche”.
Manuela Pitterà
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