È l’arte di bottega che forma il ricercatore

“Sono contento del riavvicinamento di Tullio Jappelli – esclama il professor Marco Pagano mostrando sincera gioia per la possibilità di tornare a lavorare fianco a fianco con il collega – Tra di noi c’è una bella amicizia oltre alla collaborazione professionale”.
Con il trasferimento di Tullio Jappelli alla Federico II, si riuniscono i due migliori allievi del Premio Nobel Franco Modigliani, a venti anni di distanza dai tempi in cui erano entrambi a Boston per conseguire il Ph.D in Economia. “A me sembrava naturale che una persona della sua qualità che vive a Napoli da venti anni e ha peregrinato tra varie università del Sud dovesse poter trovare una qualificazione alla Federico II o quantomeno in un Ateneo napoletano – afferma il professor Pagano – A prescindere dalla questione della giustizia, la sua venuta costituisce un grande arricchimento per la nostra Facoltà, anche perché lui ha delle competenze che non sono allo stato presenti ad Economia”. Il professor Jappelli si occupa di Microeconometria e Macroeconomia, un argomento di cui, secondo Pagano, si sentiva la mancanza nel curriculum di studi economico. “Sarà una buona cosa per gli studenti – sottolinea il professore – perché avranno corsi che altrimenti non avrebbero avuto”. Il professor Pagano ritiene probabile che Jappelli insegnerà Macroeconomia dal prossimo anno accademico. “Questo è un anno di transizione – spiega il professore – Io spero che gli si possa far insegnare quanto prima i temi di cui si è occupato di più ma il Consiglio di Facoltà non ha ancora preso una decisione in merito”.
Il professor Pagano, invece, è Ordinario di Politica Economica, docente di Teoria della Finanza ed il suo campo privilegiato di ricerca è l’Economia Finanziaria. “Mi piacerebbe dare più spazio all’insegnamento di Teoria della Finanza – rivela il professore – Ritengo che potrei dare un valido contributo in tal senso”.
Con Modigliani
“un apprendistato
formidabile”
Pagano individua la scintilla del suo entusiasmo per la ricerca economica nell’insegnamento del professor Modigliani. “Era una persona splendida – afferma con trasporto – Come economista era dotato di una rara intelligenza, di un intuito e una curiosità intellettuale straordinari. Aveva una grande capacità di insegnare agli altri a fare ricerca. Jappelli e io abbiamo avuto entrambi la fortuna di lavorare con lui ed è stato un apprendistato formidabile”. Pagano ricorda che Modigliani, pur essendo cittadino americano, mostrava grande interesse per i problemi economici e sociali dell’Italia: “Era emotivamente legato al nostro Paese, molto partecipe di ciò che accadeva. Leggeva i giornali italiani, spesso ne sapeva più di me e di Tullio e ci metteva in crisi chiedendoci perché succedeva questo o quell’altro”. Al suo maestro il professore fa risalire tanto la propria passione quanto il metodo di indagine e sottolinea l’importanza dell’esempio nella formazione di uno studioso: “L’amore per la ricerca nasce dall’essere esposti ad essa mentre viene svolta. Se le lezioni si appoggiano a del materiale che non è proprio recentissimo, i seminari sono più adatti a trasmettere questo entusiasmo attraverso l’esposizione di risultati appena conseguiti”. Il miglior modo per imparare è quindi lavorare assieme a qualcuno che sa fare ricerca e che con il suo operato permette allo studente di vedere cosa vuol dire farla concretamente. “È come sedersi accanto ad un artigiano che sa costruire una sedia in modo meraviglioso – spiega il professore – Si impara vedendo lui cosa fa, come inchioda, come pialla il legno. L’arte, come la ricerca, si impara lentamente collaborando con chi è più bravo di te”. Per questo è essenziale che le Facoltà prevedano attività seminariali: “È un momento emozionante partecipare ad un confronto in cui si scopre, si capisce un’importante cosa nuova. A Salerno per esempio, con il professore Jappelli, abbiamo organizzato cicli di seminari molto interessanti che hanno visto la partecipazione di esperti italiani e stranieri. Ora li stiamo attivando anche a Napoli con cadenza settimanale o al massimo quindicinale”. Seminari che hanno la prerogativa di informare sulle ricerche in atto e, pur essendo aperti a tutti, sono frequentati soprattutto da dottorandi. “Ciascuno è libero di venirli a seguire – fa notare il professor Pagano – l’unico limite è dato dalla capienza dell’aula. Solo che spesso presuppongono conoscenze che anche uno studente bravo potrebbe non avere”.
La bottega d’arte di cui parla prende corpo dunque durante le lezioni dei seminari? Chiediamo al professore. “L’attività di bottega è la collaborazione con altri studiosi che stanno producendo dei nuovi lavori scientifici. Il fatto di esserne coautore, di discutere dei lavori in corso è insostituibile nella crescita di un ricercatore”.
Indispensabile è anche la cooperazione tra ricercatori anziani che hanno una maggiore esperienza e giovani studiosi che hanno grande energia e a volte più conoscenze tecniche.  “Succede spesso che i primi capiscano al volo gli argomenti, sappiano dove indirizzare la ricerca, come svilupparla in modo utile – aggiunge il professor Pagano – La sinergia nasce dal fatto che il più esperto conosce le problematiche, sa argomentarle e spiegarle meglio; il più giovane porta le tecniche ma da solo finirebbe per applicarle al problema sbagliato o nel modo sbagliato.”
L’opinione di Pagano è che il ragazzo di bottega contribuisca con una sua competenza tecnica ed il maestro gli insegni come costruire la sedia, quali tavoli valga la pena di fabbricare, gli dia insomma indicazioni su come procedere.
Ad Economia con una
grande curiosità
Un requisito necessario per chi voglia intraprendere gli studi di Economia è, agli occhi del professore, essere animati da una grande curiosità per come funziona la società. “L’Economia è una chiave di lettura dei fenomeni sociali, è un modo per capire meglio cosa succede intorno a noi e perché accade – dichiara Pagano – Poi è molto utile una buona attitudine all’analisi logico-formale e matematica perché l’economia, come sosteneva Jappelli nel precedente numero di Ateneapoli, fa sempre più spesso uso dei fenomeni matematici e statistici”.
Insomma, per entrambi i pupilli di Modigliani, lo studente di Economia non deve temere l’approccio con la matematica. “Può sembrare strano analizzare i fenomeni sociali con modelli matematici – insiste il professore – ma sono sistemi a cui è utile ricorrere per la loro precisione”.
Pagano ha iniziato il suo percorso di studi laureandosi a Napoli in Giurisprudenza, si è trasferito a Cambridge per conseguire una seconda Laurea in Economia, proseguendo poi al MIT di Boston per ottenere il Ph.D in Economia. E’ d’uopo dunque chiedergli se consiglierebbe ad un suo studente di seguire il suo esempio andando a studiare all’estero. “Sì, ma nella fase successiva alla formazione universitaria. – risponde con decisione – Io penso che nelle migliori Università italiane siamo in grado di fornire una buona preparazione di base. Dove casca l’asino, per così dire, è nel dottorato”.
Studio e
lavoro all’estero
Il Master in Economia e Finanza della Federico II, di cui Pagano è uno dei coordinatori, in realtà funge da primo anno di dottorato per ragazzi provenienti da tutto il Sud Italia. “Però va riconosciuto che il Master di per sé non è sufficiente a formare un dottorando. – precisa il professore – Manca la fase in cui si lavora sulla tesi di dottorato. In Italia non siamo ancora al livello delle migliori Università straniere nel seguire i ragazzi nella fase della tesi”.
E consiglierebbe di cercare lavoro all’estero? “Una persona che ha una formazione avanzata nella ricerca in alcuni Paesi stranieri può trovare un mercato più vivace. Lì è relativamente più facile trovare un lavoro o nell’accademia o nelle strutture internazionali – suggerisce il professore – Per chi, invece, dopo la laurea non ha proseguito con il Master ed il dottorato, andare all’estero può essere utile solo in alcuni casi, per esempio se il ragazzo vuole lavorare nel campo della finanza. In quel settore trovare lavoro a Napoli è cosa rara, a Milano è difficile, più semplice invece, ad esempio, nella City di Londra. Lì c’è più concorrenza ma ci sono anche più occasioni”.
Il professor Pagano ritiene che, comunque, un periodo di esperienza all’estero completi il percorso formativo perché “anche semplicemente il fatto di saper esporre in inglese, di saper svolgere un’analisi in modo fluido, può aiutare a trovare lavoro, per esempio nel management.”
Manuela Pitterà
- Advertisement -




Articoli Correlati