Elezioni

 
 

Polo Scientifico e Ingegneria: 
si vota
l’11 giugno
Chiamata alle urne al Polo delle Scienze e delle Tecnologie del Federico II. Sono circa 1450 i votanti (professori ordinari 445, professori associati 403, ricercatori ed assistenti 459, personale tecnico amministrativo 108, dottori di ricerca 34) che l’11 (ore 9.00-18.00) e 12 (ore 9.00-14.00) giugno –date individuate dal decano prof. Giorgio Franceschetti- diranno la loro sulla ricandidatura alla Presidenza del prof. Massimo D’Apuzzo, 61 anni, professore ordinario di Misure Elettriche ed Elettroniche ad Ingegneria. 725: il quorum perché la fumata bianca si abbia in prima battuta (18 e 19 giugno, le date, ipotesi del tutto remota, di una eventuale seconda tornata). 
Semplificazione amministrativa; rinforzamento della ricerca; qualità della manutenzione: le tre priorità individuate da D’Apuzzo per il prossimo mandato. Obiettivi evidenziati nella lettera programmatica inviata agli elettori (ricordiamo che sono tre le Facoltà Ingegneria, Scienze e Architettura che afferiscono al Polo) che è servita da base per il dibattito negli incontri con i dipartimenti e le categorie. “Sono emerse proposte molto interessanti di integrazione al programma, anche critiche su cosa non ha funzionato. C’è chi mi chiede maggiore controllo sui servizi. Positivo su questo aspetto, il mutuo sottoscritto dall’Ateneo che consente di spostare fondi su manutenzione straordinaria e ricerca  nel 2008, così da uscire dall’impasse”, dice. Tra i suggerimenti “mettere in rete tutte le maggiori iniziative scientifiche dei nostri ricercatori”. E aggiunge “ho riscontrato un generale, ampio ed affettuoso consenso, in molte sedi. Anche da docenti prossimi alla pensione. Mi ha fatto molto piacere e spero si possa fare molto di più”.     
Ma ci sono anche ricercatori che chiedono sogni. Come Ulderico Dardano, che è anche membro del Senato Accademico. Il quale scrive: “dobbiamo ringraziarti per il lavoro che hai già fatto nel primo mandato con miracolosa efficienza a dispetto delle veramente esigue risorse che ti sei trovato a poter gestire. Però… I quattrini sono pochi, e i secondi mandati difficili. Come ci dici tu stesso non dobbiamo smettere di sognare. E allora ti racconto il mio sogno. Una volta sognavo che l’insediamento in periferia, a Monte S. Angelo, sarebbe stato il punto di partenza per spiccare un volo che ci avrebbe avvicinati all’Europa. Invece dopo 15 anni ci ritroviamo in una struttura priva di una vera mensa, di impianti sportivi anche i  più semplici, priva persino di panche/tavoli su cui studiare all’aperto o solo prendere un caffè. Una struttura che è forse sempre più utile per infilarci dentro al mattino quanti più studenti. Un aulario di periferia che continua ad aspettare un treno che sembra non arrivare mai. Nella mia stanzetta di 7.8 mq, con maniglia della finestra rotta, continuo invece a sognare un “campus” con un asilo nido, come nel resto del mondo. Troviamo la forza per avverare il sogno. Mio figlio del nido non ne ha più bisogno, ma noi dei sogni sì. Buon lavoro”. 
Ingegneria, verso il Cosenza bis
Il Politecnico della Campania e la nuova sede  nell’area orientale della città (ex Cirio): i due più grandi progetti – il primo ancora in fase embrionale-  con cui si confronterà colui che guiderà la Facoltà di Ingegneria del Federico II per il prossimo triennio: Edoardo Cosenza, 50 anni, Professore ordinario di Tecnica delle Costruzioni, studioso di livello internazionale, vice di Bertolaso nella Commissione Nazionale sul rischio sismico. Scontata la sua rielezione alla Presidenza della Facoltà che ha retto negli ultimi tre anni. La data fissata per la consultazione è l’11 giugno: dalle 9.00 alle 14.00. 464 gli aventi diritto di voto: 191 professori ordinari, 144 associati, 114 rappresentanti dei ricercatori, 9 studenti e 4 del personale tecnico-amministrativo.
Medicina, il 26 
vota il Preside
“Mi ricandido in un momento difficile per la Facoltà che è in attesa di un nuovo Protocollo d’Intesa con la Regione Campania ormai da 5 mesi. Non mi piace lasciare il campo nel momento in cui ci sono tante difficoltà”, afferma il  prof. Giovanni Persico, Preside uscente della Facoltà federiciana di Medicina. 65 anni, dal 1988 professore ordinario di Chirurgia Generale, a Persico le sfide danno ancora maggiore carica, sostengono i suoi estimatori. Tant’è che in un periodo di magra per le Università e in un clima di incertezze normative, nel triennio di mandato “la Facoltà è riuscita a crescere, con la chiamata di 15 professori di I fascia, 20 professori di II fascia e 12 ricercatori”, come ha sottolineato in una lettera inviata all’intero corpo elettorale. Su ricerca -“in molti settori possiamo affermare, senza tema di smentite, di essere a livelli di eccellenza”- e didattica -“all’avanguardia”, primo posto in Italia nell’indagine CENSIS -, i due temi su cui, garantisce Persico, “il mio impegno continuerà ad essere intenso e tenace, sperando anche in tempi migliori”. 
I problemi. Fondamentalmente a creare disagi è il rinnovo della convenzione con la Regione Campania ed il mancato pagamento di milioni di euro promessi. Pessimi i rapporti con Palazzo S.Lucia come anche con il manager dell’Azienda Ospedaliera Policlinico, prof. Giovanni Canfora, di nomina politica (Bassolino–Montemarano) che, a sentire gli accademici, tende pericolosamente a limitare “l’autonomia assistenziale” dei professori, “che significa anche condizionare la didattica e la ricerca universitaria”. Medicina sul piede di guerra va dunque alle urne il 26 giugno, dalle 9.30 alle 17.00, come deciso dal decano, prof. Salvatore Auricchio (pediatra). Al voto sono chiamati in 397: 143 professori ordinari, 145 associati, 98 ricercatori, 7 rappresentanti degli studenti, 4 del personale tecnico-amministrativo. 
 

Insomma ogni età ha la sua ragion d’essere.
E mentre una studentessa resta in attesa nel salone per un colloquio con il professore, De Giovanni ricorda come, da giovane studente, scelse la Facoltà di Giurisprudenza alla Federico II dietro consiglio del padre. “Mi ero iscritto a Filosofia perché ero attratto dalla materia, poi mio padre, avvocato, mi disse che con la laurea in filosofia avrei avuto davanti solo la carriera come professore di liceo (cosa che, tra l’altro, mi ha sempre stuzzicato), mentre con Giurisprudenza avrei potuto scegliere. Se fosse cresciuto in me l’amore per la filosofia avevo la strada aperta con la filosofia del diritto, in caso contrario avrei potuto fare l’avvocato. Lo ascoltai e già ad ottobre chiesi il passaggio di Facoltà”.
Erano i primi anni ’50 e la Facoltà di Giurisprudenza napoletana contava nomi d’eccellenza tra cui “Pietro Piovani, allora giovane professore, Mario Lauria, Antonio Guarino, che ancora pensa e scrive e non smette di studiare nonostante i suoi novant’anni. Poi venne il prof. Angelo Cammarata, siciliano”. Del prof. Cammarata ricorda, oltre la sua grande mente, la pigrizia che lo portò in maniera inaspettata ad essere il suo assistente per un lungo periodo. “Mi sono laureato nel ’53 con una tesi su Gian Battista Vico con Cammarata. Ricordo che lui lasciava fare sempre gli esami agli assistenti (quelli erano i veri baroni! – aggiunge ridendo), così lo stesso giorno in cui avevo discusso la mia tesi, Cammarata mi chiese di andare a seguire gli esami della sua cattedra che si tenevano dopo due o tre giorni. Ero terrorizzato. Ricordo ancora il nome del primo studente che chiamai”.
Da allora sono passati diversi esami e numerosi studenti e la passione del prof. De Giovanni resta la didattica. Docente prima all’Università di Bari, poi all’Università di Salerno fino al 1975, da quell’anno a L’Orientale dove ha insegnato Dottrine Politiche ed ha ricoperto la carica di Rettore fino alla sua nomina come parlamentare europeo nel 1989.
Università e
impegno civile
E’ strettissimo il rapporto tra università, insegnamento e vita sociale, impegno civile nella carriera di un uomo che ha saputo unire e far convergere le sue due principali attività: la politica che lo ha tenuto lontano dall’insegnamento per circa dieci anni per poi ridare nuova linfa proprio ai suoi studi e al suo impegno didattico.
L’uomo politico, che ormai ha abbandonato la ‘militanza’, ricorda con un po’ di malinconia gli anni del ’68, quando già docente, entrò tra le fila del PCI; passato attraverso le bufere che hanno investito il comunismo e i grandi ideologismi del ’900, arrivando fino ai PDS e ai DS, per poi aderire, formalmente, alla Rosa nel Pugno. Oggi rinuncia facilmente agli incarichi che gli vengono offerti, ma sono stati diversi i ruoli di prestigio e di importanza politica assunti nel corso degli ultimi trent’anni di vita politica italiana ed europea. Parlamentare europeo nell’89 e poi riconfermato nel ’94, è stato Presidente della Commissione per gli affari istituzionali, membro della Commissione per la gioventù, la cultura, l’istruzione, i mezzi di comunicazione e lo sport, della Delegazione per le relazioni con l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, della Commissione giuridica e per i diritti dei cittadini, della Delegazione per le relazioni con la Repubblica popolare cinese, della Delegazione per le relazioni con i paesi del Mashrek e gli Stati del Golfo. Ma il momento della sua vita politica che sembra ricordare con più entusiasmo riguarda “quelle trenta righe apparse sull’Unità, che scatenarono un putiferio”: un articolo apparso nel 1989 di aspra critica a Palmiro Togliatti che “segnò l’inizio di qualcosa all’interno del Partito. Ho conservato un fascicolo con oltre 200 articoli pubblicati su diversi giornali che seguirono le mie poche righe”.
Della sua attività politica il prof. De Giovanni ha portato qualcosa anche nella sua attività didattica, non solo per la concezione dell’insegnamento in sé, ma anche per l’innovazione che è seguita al suo lavoro come parlamentare europeo. “Nel ’99 il prof. Franco Mazzei, allora Preside di Scienze Politiche,  mi invitò a tornare in Facoltà dopo la mia esperienza al Parlamento Europeo, sostenendo che, da quell’incarico, avrei potuto portare qualcosa di buono anche per l’Università. Così è nato questo Corso Laurea (Politiche ed Istituzioni dell’Europa) che sta raccogliendo sempre più consensi tra i giovani. Io credo di aver portato il mio contributo a L’Orientale legato ai temi dell’Integrazione Europea”.
Il lavoro svolto con impegno e dedizione al Parlamento di Bruxelles ha quindi spostato gli interessi di De Giovanni verso nuovi lidi. “Ho lavorato su terreni molti diversi della filosofia, dalla filosofia del diritto alla filosofia morale,  dalla filosofia pura alla storia delle idee, avendo sempre nuovi temi su cui concentrarmi. Il mandato di parlamentare europeo ha allargato ancora il mio interesse verso temi nuovi come quello dell’Europa e dell’integrazione. Quella del Parlamento europeo è stata un’esperienza difficile perché si può finire a non far niente o a lavorare moltissimo. Io ho scelto di lavorare ed è servito molto, sembra strano dirlo, alla mia formazione. Io sono convinto che si cresca sempre, se si intende la vita come un fare non si smette mai d’imparare e io ho cercato di portare quello che ho appreso di nuovo nell’insegnamento”.
Il rapporto 
con gli studenti
Tutto nella vita di De Giovanni, allora, sembra davvero tornare sempre al ‘professore’ più che ‘all’uomo politico’ o al ‘filosofo’ e non ci si meraviglia quando egli stesso afferma senza rimorsi né rimpianti: “ho dato tutto quello che ero in grado di dare all’Università. Negli scorsi anni sono arrivato a rifiutare anche delle nomine politiche perché volevo dedicarmi completamente all’insegnamento”.
Ed un legame inscindibile sembra esserci anche tra l’insegnamento e la ricerca per un professore che ricorda con soddisfazione come “in tanti anni d’insegnamento non ho mai avuto un incidente con uno studente”. 
Il rapporto con gli studenti è stato sempre un punto di riferimento centrale, anche come indicatore della qualità del proprio lavoro: “gli studenti sono necessari per la propria crescita, ti obbligano ad aggiornarti, ti danno sempre nuovi stimoli e non c’è niente di più fondato del giudizio degli studenti. Ho apprezzato molto l’introduzione dei questionari valutazione”, aggiunge ricordando anche Federico Chabò a cui si è ispirato per il grande esempio di altissima didattica.  
“Ho sempre avuto un grande interesse per la didattica e l’ho considerata strettamente connessa alla ricerca. Gli ultimi due libri sono nati proprio in maniera diretta dai miei corsi universitari”. E sono davvero numerose le pubblicazioni del prof. De Giovanni – le prime del ’58-. Attraversando cinque decadi, raccolgono pensieri che vanno da Hegel all’Europa Moderna, dal pensiero marxista ai cambiamenti della sinistra italiana. Anche se confessa che la sua unica pecca è quella di “non aver scritto libri più belli”, De Giovanni ricorda con particolare amore il suo primo libro su ‘Filosofia e Diritto’ e il suo ultimo ‘La filosofia e l’Europa Moderna’.
Terminato il suo incarico con la cattedra Jean Monnet, il professore, però, non ha nessuna intenzione di lasciare l’Università. Dall’aspetto giovanile e attivo come il primo giorno, promette collaborazioni, lezioni e ancora ricerca per un Ateneo che lo preoccupa per i suoi conflitti interni. “Il conflitto è positivo quando aiuta a crescere, ma se diventa corporativo  non produce niente di buono soprattutto in un’istituzione scientifica. La mia preoccupazione è su questa conflittualità che impedisce di capire come lo sviluppo di un settore scientifico sia immancabilmente collegato allo sviluppo dell’altro. Il Rettore dovrà avere un ruolo politico, perché queste conflittualità vanno risolte. Se tutte le competenze de L’Orientale si mettessero davvero in moto in un’ottica civile, questo Ateneo potrebbe avere un grande ruolo nella vita cittadina”.
Valentina Orellana
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