Il Federico II pensiona i professori 70enni

Il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione del Federico II, nella seduta del 28 maggio, ha  valutato le richieste avanzate da professori, ricercatori e assistenti ordinari per la proroga del servizio di docenza per un ulteriore biennio oltre i limiti dell’età pensionabile. Una richiesta che fino a poco fa costituiva una formalità, portando ad una proroga quasi automatica. I tempi sembrano essere cambiati, però, in maniera inequivocabile. Stavolta tutte le trentuno richieste pervenute sono state respinte, non sussistendo i criteri di “irreparabilità del danno” che il Senato Accademico e il Consiglio di Amministrazione avevano posto come unico limite. Un parametro piuttosto discusso: è difficile valutare come e perché l’allontanamento di un docente dal suo incarico possa creare un danno “irreparabile” all’istituzione universitaria. Eppure, la votazione ha registrato un solo contrario per tutti i trentuno casi esaminati ed un astenuto per un solo caso esaminato.
“Una decisione
dolorosa
ma necessaria”
“E’ stata una decisione molto dolorosa, ma necessaria- spiega il Preside di Ingegneria, Edoardo Cosenza- Dispiace ma non c’era nessuna altra possibilità. Il problema è puramente economico, non si tratta di stabilire chi è indispensabile o meno, neanche il Preside lo è. Anche i colleghi con cui ho parlato lo hanno capito: non c’era alternativa”.
“Sono cose che dispiacciono sempre perché si tratta di colleghi”, ammette il Preside della Facoltà di Scienze, Roberto Pettorino, “ma nell’attuale situazione critica dell’università è stata una decisione indispensabile. Siamo in un contesto in cui non sappiamo ancora quale sarà il fondo di finanziamento ordinario per il 2009, e dobbiamo ancora capire se abbiamo la possibilità di confermare, in base alla disponibilità economica, diversi posti di ricercatore. In questo senso, pensando alla necessità di fare spazio ai giovani e di ottenere nuovi finanziamenti, nonostante pesi la perdita dell’esperienza e del lavoro di ricerca dei colleghi, è stata una decisione che seppure a malincuore doveva essere presa”. Una decisione quindi sicuramente difficile, spiega il prof. Pettorino “passata anche attraverso la riunione del Consiglio di Facoltà che, come si sa, non ha raggiunto il numero legale, dopo aver cercato di sentire tutte le diverse opinioni. Ma la Finanziaria dell’anno scorso ha stabilito dei tagli rilevanti per l’anno prossimo, e mentre prima il rinnovo dei due anni di servizio dopo il raggiungimento dell’età pensionabile avveniva quasi in automatico, si è stabilito ora che debba essere a discrezione degli atenei: anche in molte altre università italiane si è dovuto decidere di non accogliere queste richieste. L’allontanamento di questi docenti creerà sicuramente delle carenze, ma speriamo di poter rimediare almeno in parte con le forze già a disposizione all’interno della Facoltà”.
Dichiara il prof. Mario Varcamonti, ricercatore e componente del Senato Accademico: “se le politiche ministeriali riversano sull’Università tagli indiscriminati, la funzione degli organi di governo dell’Ateneo deve essere anche quella di prendere iniziative come questa. La concessione del biennio di prosecuzione a docenti che hanno già raggiunto il limite di età pensionabile è un lusso di cui oggi non ci è possibile godere”. “Un fatto che considero molto importante”, aggiunge, “è stato il rigore con cui il Senato Accademico ed il Consiglio di Amministrazione hanno operato. Erano in molti ad avere retropensieri sulla concessione di eccezionalità a qualche docente. L’assenza di eccezioni e la quasi unanimità del voto (un solo contrario in Senato Accademico) rappresentano dei segnali fortissimi per sperare che in futuro non perverranno ulteriori richieste di proroga”.
Balletta: “siamo
stati buttati
 fuori a calci”
E’ difficile, però, accettare questa decisione per alcuni dei docenti che alla Federico II hanno speso una vita intera. “Siamo stati buttati fuori a calci dall’università”, dice senza mezzi termini il prof. Francesco Balletta, docente di Storia Economica e Direttore del Dipartimento di Analisi dei processi economico-sociali, linguistici, produttivi e territoriali alla Facoltà di Economia. “Con la nostra uscita ci sarà un calo della produttività del 60%, perché se ne stanno andando quelli che producono di più”, sostiene il prof. Balletta. “Personalmente nell’ultimo biennio ho prodotto due libri l’anno e una ventina di saggi. Esco da Direttore di Dipartimento, ma è un incarico che ho ricoperto per soli due anni. Al momento sto seguendo 120 tesi di laurea e 8 dottorandi. I fondi di ricerca che ho ottenuto andranno perduti. E la didattica finirà in mano a persone scadenti”. Una decisione che secondo il docente creerebbe quindi “un danno elevatissimo all’università. Chi ha creato il dissesto è l’attuale amministrazione che non è stata capace di gestire la situazione. C’era una selezione da fare, distinguendo tra chi ha sempre prodotto e chi non ha mai fatto niente, ma così non ha senso. Per me si devono solo dimettere. Non c’è logica: per salvare il bilancio creano un danno dieci volte maggiore. C’erano in corso programmi di ricerca quinquennali, le 120 tesi da seguire che non si possono concludere in un anno. Invierò il ricorso, insieme a diversi altri colleghi; in tutta Italia li stanno accogliendo. Anche se per uno che ha dato la sua vita, 50 anni, all’università, denunziare l’istituzione a cui appartiene non è certo una bella cosa. Eppure, nonostante la colpa risieda a livello centrale, il tutto poteva essere gestito nella nostra università in maniera completamente diversa, per lo meno gradualmente”.
C’è chi dichiara di prenderla invece “filosoficamente”, come il prof. Alberto Colasanti, docente di Fisica alla Facoltà di Medicina: “come dice il Rettore, bisogna cercare di risparmiare al massimo, nonostante con l’allontanamento dei professori anziani rimanga sguarnita l’attività sia didattica che scientifica, e venga a mancare quell’esperienza acquisita che potrebbe essere utile. Ma non è un problema. Se non avessimo affrontato la questione adesso, si sarebbe riproposta a breve. Basta prenderla filosoficamente e avere qualcosa da fare dopo”, sostiene il professore. Eppure, “i professori di Fisica a Medicina sono pochi, l’incarico verrà riversato su altri. Questa scelta dovrebbe essere utile per questioni di budget e per favorire un ricambio generazionale. Quest’ultimo punto mi sembra molto giusto, ma non lo vedo nell’immediato: i concorsi rimangono infatti bloccati e si dovrà necessariamente ricorrere ad incarichi di insegnamento temporanei per ricoprire la parte didattica più pesante”.
 
Nazzaro, 5 mesi di attesa: “una vergognosa
condizione di mortificazione e di frustrazione”
 
A prescindere dalle valutazioni di utilità economica, probabilmente per alcuni di questi docenti che hanno fatto la storia dell’università è stato più difficile accettare il periodo di incertezza che ha preceduto la decisione finale (non è sicuramente il modo in cui auspicavano di concludere una lunga carriera), che la decisione in sé; tanto da far dire al prof. Antonio V. Nazzaro, Direttore del Dipartimento di Discipline Storiche e già Preside della Facoltà di Lettere, “ho accolto con un senso di sollievo la lettera con la quale il Magnifico Rettore mi ha comunicato che il Senato Accademico ha respinto la mia istanza di permanenza in servizio per un ulteriore biennio”. A rendere amara questa decisione è però soprattutto la considerazione che “il Senato Accademico ha mandato a casa trentuno docenti non individuando per nessuno di essi le eccezioni previste nella delibera del 29 dicembre scorso. Concordo sul fatto che nessuna perdita accademica produca danni irreparabili, ma allora perché nella precitata delibera il Senato Accademico ha ipotizzato quell’irreparabilità, che è richiamata nella lettera di congedo? Una domanda destinata a non avere una risposta, se non paradossalmente quella che i docenti dell’Ateneo fridericiano in oggetto raggiungano tutti una stentata sufficienza. Spero che in futuro il livello si innalzi!”, osserva ironicamente il prof. Nazzaro. Il quale precisa di non avere, però, alcuna intenzione di ricorrere al Tar, “per almeno due buoni motivi: per non prolungare artificiosamente fino ad ottobre questo clima d’incertezza e per non mettermi contro l’Ateneo nel quale vivo da cinquant’anni (compresi naturalmente gli anni di studentato), dal quale ho avuto tanto e al quale credo di aver pur dato qualcosa nei miei sei anni di permanenza al CUN, sette anni di Presidenza del Corso di Laurea in Lettere, sei anni di Presidenza della Facoltà di Lettere e Filosofia e due anni come Direttore del Dipartimento di Discipline Storiche”. Volendo, invece, guardare al futuro, “cosa farò da grande? Intanto, l’annunciato pensionamento ha posto fine a una vergognosa condizione personale di mortificazione e di frustrazione, protrattasi per ben cinque mesi attraverso adunanze dei Consigli di Corso di Laurea, di Dipartimento e di Facoltà e varie riunioni”, sottolinea il professore. “Ha fatto poi d’incanto risalire la mia autostima precipitata a livelli molto bassi, facendomi apprezzare il dono che il Signore mi ha dato con il compimento dei settant’anni. E, poi, non mi debbo più vergognare di avere settant’anni, non mi debbo più vergognare di godere di una buona salute mentale e di avere ancora un’eccezionale capacità (quantitativa e spero anche qualitativa) di lavoro. E da buon  napoletano è d’obbligo un ‘arrasso sia!’”.
Bracale,
 le modalità
 “un calo di stile”
Simili le considerazioni del prof. Marcello Bracale, decano del settore della Bioingegneria a livello nazionale, fondatore del Corso di Laurea in Ingegneria Biomedica e Direttore dell’omonima Unità di Ricerca nel Dipartimento di Ingegneria Biomedica, Elettronica e delle Telecomunicazioni. “Per chi ha lavorato una vita per un’istituzione universitaria, raggiungendo anche traguardi importanti, dopo essere salito in cattedra molto giovane ed essersi dedicato per decenni sia alla parte didattica che alla ricerca scientifica, è molto difficile pensare di opporsi a questa stessa istituzione. Opporsi poi a che cosa? Personalmente non ho nessun interesse a rimanere fuori ruolo, perché il mio unico interesse, nel rispetto delle istituzioni e dei giovani, è continuare ad insegnare, cosa che da fuori ruolo non è consentito”. Anche per il prof. Bracale ad essere “mortificante” è stata soprattutto “la modalità con cui è stata presentata la questione nell’ultimo Consiglio di Facoltà, al quale non ho ritenuto corretto partecipare, dato che si sarebbe parlato anche del mio caso. La cosa più mortificante, a mio avviso, è che si è proceduto ad una votazione per la quale, come mi è stato riferito, sarei stato coronato dal  maggior numero di voti a sostegno della mia domanda di proroga. Ciò mentre la stessa votazione rappresentava solo una conferma a posteriori di una decisione già assunta dagli organi universitari. A questo si aggiunge il modo in cui è stato presentato il parametro di irreparabilità del danno creato o meno dall’allontanamento dal servizio da parte dei docenti che avevano inoltrato domanda per la proroga. Lo ritengo un calo di stile nei riguardi sia delle persone coinvolte che dell’istituzione”. Soprattutto nel momento in cui “la questione viene sempre presentata come un’opportunità di lasciare spazio ai più giovani: questa costituisce una motivazione completamente fuorviante e non veritiera”.
Viola Sarnelli
- Advertisement -




Articoli Correlati