Politica edilizia al centro dell’attenzione, in occasione del Consiglio di Amministrazione dell’Orientale che si è riunito mercoledì 9 febbraio. Ai consiglieri è stato comunicato il definitivo acquisto di Palazzo Du Mesnil, la sede del Rettorato di via Partenope. L’edificio apparteneva, come noto, al gruppo Ambrosio, a carico del quale, in autunno, il Tribunale ha emesso sentenza di fallimento. Costo dell’operazione: 23 miliardi. Venti dovrebbero essere di provenienza ministeriale; altri tre l’ateneo conta di realizzarli dalla vendita delle sue proprietà agrarie. Da mesi, peraltro, rettorato ed uffici vari avevano già traslocato da palazzo Melisurgo in via Partenope, perché il palazzo era stato ottenuto in comodato. Critiche circa la gestione dell’intera operazione e circa l’opportunità di acquistare quel palazzo sono state espresse nel corso dei mesi da vari consiglieri. In Consiglio si è discusso anche dell’eventuale acquisto di un altro edificio, Palazzo Penne, che è nei pressi di palazzo Giusso. “E’ un discorso, quest’ultimo, ancora prematuro”, sottolinea il dottor Aldo Accurso, responsabile dell’ufficio patrimonio dell’Ateneo e battagliero consigliere di amministrazione. “E’ anche balenata l’ipotesi di un acquisto congiunto con la Federico II”. Accurso ha espresso con passione alcune critiche circa la politica edilizia dell’Ateneo. “Manca completamente un piano edilizio che si possa definire tale. Piano non vuol dire correre ora dietro a questo, ora dietro a quell’edificio che si voglia acquistare. Significa, invece, valutare e mettere su carta le esigenze delle singole facoltà, dei corsi di laurea, dei docenti, dei professori e del personale”. Invece, secondo quanto sostiene Accurso, “si procede alla come viene. Non vorrei che la resistenza espressa da taluni all’elaborazione di un piano edilizio sia legata a giochi di potere interni alle facoltà ed ai dipartimenti. Lettere, per esempio, in una distribuzione di spazi fatta in base a numeri certi, a cominciare da quello degli studenti, potrebbe prendere meno di altri. Ecco, in questi conflitti si allontana l’ipotesi di una razionalizzazione della politica edilizia e degli spazi”. In Consiglio il responsabile dell’Ufficio Patrimonio dell’ex Collegio dei Cinesi ha posto anche la questione dell’utilizzazione del personale. “Vanno anche bene le guardie giurate, ma con tutto il rispetto ci sarebbe personale dell’ateneo che potrebbe essere utilizzato benissimo con compiti di portineria. Attualmente lavorano solo tre ore e mezzo al giorno, con uno stipendio di ottocentomila lire al mese. Almeno, se devono lavorare part time, si facciano osservare loro orari mattutini, compatibili con una seconda attività. Sono padri di famiglia, persone con figli a carico”. Perplessità circa la politica dell’ateneo di impiegare i vigilantes privati al posto dei dipendenti in organico anche da parte della studentessa Giulia Velotti, subentrata da qualche mese in Consiglio di Amministrazione a Fabrizio Sebastiano, il quale si è laureato. “Senza nulla togliere alle guardie giurate, sarebbe utile che ci fosse qualcuno in grado di fornire qualche informazione agli studenti”. Accurso va giù duro: “si risparmia? Ma l’Università è una pubblica istituzione e dovrebbe sempre chiedersi cosa ci sia dietro, quali condizioni imposte ai dipendenti consentono di garantire al cliente, cioè a noi, tali risparmi”.







